Consulenze linguistiche

Fideiussione o fidejussione?

  • Valeria Della Valle
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2020.3317

Licenza CC BY-NC-ND

Copyright: © 2020 Accademia della Crusca


Quesito:

Molti lettori ci chiedono quale sia la giusta grafia per fideiussione (o fideiubente ): con i o con j ?

Fideiussione o fidejussione?

Molte le domande su fideiussione: la grafia di questa parola e dei suoi derivati ha oscillato e talvolta oscilla ancora tra quella con la j e quella con la i. La j (detta tradizionalmente i lunga o i lungo o iod), introdotta nella scrittura latina medievale come variante grafica della i, è stata usata un tempo nella grafia italiana con valore di semiconsonante, in principio di parola (jeri, juta) o tra due vocali (frantojo, noja, pajo ), oppure in fine di parola come terminazione del plurale dei nomi in -io atono (varj).

Con queste funzioni l’uso della j in parole italiane è quasi del tutto scomparso tra la seconda metà del XIX e la prima metà del XX secolo. Tale uso è tuttora conservato ufficialmente nella scrittura di un certo numero di cognomi (Jemolo, Ojetti), registrati con queste forme negli uffici anagrafici, di nomi propri di luogo (Ajaccio, Jesolo, l’Aja) e dell’aggettivo juventino, mentre si hanno oscillazioni, con preferenze personali e senza criterio fisso, per la semiconsonante iniziale di nomi propri come Jacopo e Jonio. La j si trova, inoltre nelle parole straniere non adattate, nelle quali mantiene il valore consonantico della lingua d’origine (abat-jour, jogging ecc.). Potremmo aggiungere anche, tra le grafie quasi del tutto ma non completamente uscite dall’uso, fidejussione, di cui però vale la pena di raccontare l’evoluzione grafica.

La parola deriva dal latino tardo fideiussionem, ed è attestata nella lingua italiana fin dalla metà del XVI secolo: la prima attestazione risale alle Lettere dell’umanista veneziano Bernardo Cappello, del 1565. Giulio Rezasco, autore del Linguaggio italiano storico ed amministrativo (1881) cita il termine riportando proprio il passo di una lettera di Bernardo Cappello (“Haveriano convenuto deponere della pena delle fidejussioni rotte”), e riporta il lemma d’entrata nella grafia fidejussione.

Nel passato le discussioni sull’uso della lettera j sono state numerose e vivaci, come ricorda Luca Serianni nella Grammatica italiana (Serianni 1989, 1.152). Pietro Fanfani e Costantino e Arlìa nel Lessico dell’infima e corrotta italianità (1881) dedicarono alla questione più di due pagine del loro vocabolario, in cui riportavano uno scherzoso lamento della “più piccola e sparuta lettera dell’alfabeto”, lamento al quale il Fanfani in persona rispondeva che “Molti grammatici e vocabolaristi hanno del tutto bandito questa lettera, e fattone una cosa medesima con la I vocale. A me par ciò irragionevole”. Fanfani riportava il nome dei grammatici e filologi che si servivano della j “nelle voci composte tolte di peso a’ Latini”. Agli autori citati da Fanfani possiamo aggiungere il Tommaseo, che nel suo Dizionario della lingua italiana (1861-1865) registrò fidejussione, fidejussore, fidejussorìa e fidejussorio. Ma nel Novo dizionario della lingua italiana di Giorgini e Broglio (1870-1897), nel Vocabolario italiano della lingua parlata di Fanfani e Rigutini (1875), nel Dizionario Universale della lingua italiana di Policarpo Petrocchi (1887-1991) e nel Vocabolario Nomenclatore di Palmiro Premoli (1902-1912) sono registrati solo fideiussione e fideiussorio, con la i. In nessun dizionario contemporaneo sono accolte le forme con la j (con l’eccezione dello Zingarelli, che accanto a fideiussione, fideiussore e fideiussorio aggiunge anche le varianti fidejussione, fidejussore, fidejussorio), segno che ormai le parole con la i sono quelle in uso, anche se le altre non possono essere considerate non corrette, ma solo antiquate.

In aggiunta, attraverso l’interrogazione in Google si ha la conferma del prevalere della forma con la i: fideiussione ha 767.000 risultati, fidejussione 318.000. Le forme con la j sono però tuttora presenti nei moduli degli istituti bancari. Come spesso succede nei testi burocratici, si continua a privilegiare, per i termini tecnici del linguaggio del diritto, le forme considerate ancora più classiche ed eleganti, perché ininterrottamente usate con quella grafia in quel particolare settore.