La Crusca rispose

Fa caldo!!!

  • Matilde Paoli
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2020.3207

Licenza CC BY-NC-ND

Copyright: © 2011 Accademia della Crusca


Abstract

Arianna Costantini da Pescara e Andrea Barberi da Roma ci ripropongono una domanda che molti in passato ci hanno già rivolto, ovvero quali siano le espressioni "corrette" in italiano per indicare la sensazione prodotta dall'innalzamento di temperatura. Riportiamo la risposta di Matilde Paoli pubblicata sul n. 35 (ottobre 2007) della Crusca per voi.


Sono stati presentati tre quesiti a proposito delle locuzioni usate per esprimere la sensazione di caldo/freddo. Alessandro Dagnino chiede se fa caldo e c'è caldo siano equivalenti e se la seconda espressione sia corretta in italiano quanto la prima; Tiziana Pompa chiede se la sua opinione su mi fa caldo, considerato errato rispetto a ho/sento caldo, sia esatta; infine Caterina Porcelli pone lo stesso quesito su mi fa caldo partendo però dall'espressione presente nei dizionari non mi fa né caldo né freddo.

Per quanto riguarda il primo quesito, mentre fa caldo è impersonale, come altre espressioni riguardanti fenomeni atmosferici (è caldo, è freddo) o indicazioni temporali (è tardi, è presto), tutte regolari e corrette nell'italiano, il tipo c'è caldo ha la costruzione personale (con caldo soggetto) ed è corretta in italiano per indicare che in un dato luogo si avverte un'alta temperatura. La seconda espressione quindi corrisponde a "qui c'è caldo" in opposizione a "là c'è freddo". Siamo sempre in un ambito d'uso comune e corrente della lingua.

Per ciò che riguarda il secondo quesito in merito alla sensazione avvertita da qualcuno, l'espressione normale (attestata in tutta la lessicografia italiana) nello stesso livello di lingua è del tipo avere, sentire caldo con il soggetto di chi prova la sensazione.
Invece mi fa caldo è costruzione di tipo regionale, più propriamente toscana, come dimostrano le non poche attestazioni facilmente reperibili. La LIZ (Letteratura Italiana Zanichelli in Cd-Rom ed. 2001) ne riporta di epoca rinascimentale: due del senese Pietro Fortini (1500 c.-1562) ne Le giornate delle novelle dei novizi (Novella 34.49 : " ... e te ne va' in cucina e se ti fa freddo accende del fuoco" e Novella 47.54: "Spogliatevi e intrate nel letto perché a ogni modo vi fa freddo") e una del fiorentino Anton Francesco Grazzini (1540-1584) ne L'Arzigogolo (At.1, sc.1.20: "Venite al fuoco, se e' vi fa fresco: è mala cosa patire freddo, sapete?"). In epoca più tarda sempre la LIZ testimonia l'uso di Pascoli nei Canti di Castelvecchio (17 Il ciocco, 1.211: "ch'è cicchin cicchino,/ e dorme, e gli fa freddo e gli fa caldo.").
Quest'ultimo contesto, per quanto brevissimo, dichiara in quel cicchino 'piccolo' tutta la propensione del suo autore per le parole di Toscana (e se piace approfondire l'argomento si legga il saggio di Teresa Poggi Salani Verso la lingua poetica del Pascoli nella sua raccolta Sul crinale Tra lingua e letteratura Saggi otto-novecenteschi, Verona, Cesati 2000).

Infine, il costrutto non fare né caldo né freddo (a qualcuno) ripetutamente testimoniato dalla lessicografia italiana, ha una costruzione personale e richiede anche l'indicazione del "paziente": è un modo di dire particolare, residuo dell'uso regionale del tipo mi fa caldo sopra indicato, ed è ormai limitato al senso figurato (nel significato di 'mi lascia indifferente'). La sua origine toscana pare confermata anche dalla sua presenza nel Novo vocabolario della lingua italiana secondo l'uso di Firenze".

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