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Il primo trimestre del 2020 si apre con una ricca serie di 25 risposte a quesiti posti dai frequentatori del sito dell’Accademia, a cui si aggiungono le 314 inviate personalmente tramite posta elettronica (1210 è il numero di domande giunte alla redazione nello stesso periodo).
Anche per "Italiano Digitale" questi mesi non possono non essere condizionati dalla situazione di emergenza legata al Coronavirus (o Sars-Cov-2), o meglio alla COVID-19, se ci riferiamo alla malattia. Numerose sono state le sollecitazioni arrivate alla redazione su questioni linguistiche legate a questo tema: sulle varianti del nome del virus, sulle varie (inutili?) parole inglesi utilizzate nei documenti ufficiali, nei giornali, nelle trasmissioni radiofoniche e televisive, sul web. Ad alcune questioni, che meritavano una riflessione più ampia, è stata data una risposta, come vedremo, nella rubrica dei “Temi di discussione”, ad altre nella rubrica delle “Consulenze linguistiche” (ad esempio sull’esatto significato di quarantena) o in quella delle “Parole nuove” (coronavirus), ad altre ancora si sta rispondendo proprio mentre questo numero è in uscita e troveranno posto nelle varie rubriche del prossimo.
La questione degli anglismi ai tempi del corona non è uno sterile gioco di società tra l’Accademia e chi invece predilige l’inglese per la sua presunta maggiore efficacia. In questo delicato momento la questione è, piuttosto, sociale. È in gioco l’efficacia comunicativa nei confronti di una popolazione, quella italiana al di sopra dei 6 anni, che secondo i dati ISTAT del 2011 contava soltanto l’11% di laureati, il 30% di diplomati alla scuola secondaria superiore, il 30% di diplomati alla scuola media, il 20% con licenza elementare; a cui si aggiungeva un 9% magmatico e inafferrabile che mescola analfabeti puri a persone alfabetizzate ma senza il diploma di quinta elementare (un magma che più che inafferrabile è contestabile nella sua esatta identificazione, ma che Tullio De Mauro a proposito del censimento del 2001 non esitò a definire analfabetismo tout court, tenendo conto del fatto che, nella migliore delle ipotesi, l’analfabetismo di ritorno avrebbe schiacciato decisamente in questa direzione gli alfabetizzati senza diploma elementare). È inutile dire che coloro che hanno un grado di istruzione più basso, e a maggior ragione proprio quelli che si collocano in quel 9%, sono soprattutto le persone più anziane: non è difficile indentificare in quella percentuale di alfabetizzati senza licenza elementare i superstiti della generazione che ancora nel secondo dopoguerra si caratterizzava per una forte dispersione scolastica. Insomma proprio le categorie maggiormente a rischio, le più vulnerabili a questo virus, finiscono per essere anche penalizzate nell’informazione su come evitarne le conseguenze più catastrofiche. Subissare di parole “salvavita” in inglese chi probabilmente ha un deficit di competenze linguistiche addirittura nella propria lingua madre potrebbe suonare ridicolo, se non fosse tragicamente o crudele o colpevole. Nella Repubblica italiana, fondata sulla Costituzione che conosciamo, sembra incredibile che si debba essere costretti a ricordarlo, e invece è addirittura necessario combattere una battaglia. Ma anche così si sconfigge il coronavirus.
Nella rubrica “La Crusca rispose” si è dato spazio allo sport (in particolare al calcio, in questo momento di distaccamento forzato anche da questo): le risposte, selezionate fra quelle pubblicate prima di "Italiano digitale", sono dedicate alle espressioni fare un biscotto, scendere in campo, essere della partita.
Fra le “Parole nuove”, oltre al preannunciato coronavirus, si è dato spazio a camperizzare e all’anglismo non adattato coding. E nella rubrica “Articoli” trovano posto due contributi del Presidente, Claudio Marazzini, uno dedicato al dantista e accademico Carlo Negroni e uno dedicato alla lingua come bene collettivo immateriale.
I “Temi di discussione” sono numerosi. Il primo è dedicato alla facilità con cui, nella contemporanea era della comunicazione, si attribuiscano false opinioni a persone o enti (nella fattispecie qui si parla delle stranezze più originali che vengono attribuite all’Accademia, senza che ci sia mai un controllo effettivo che, ai tempi della rete, sarebbe tra l’altro estremamente facile). Nel secondo tema ci si sofferma sulla ripresa della tradizione delle pale accademiche: da qualche anno, infatti, numerosi accademici hanno deciso di scegliere un nome, un motto e un’immagine e di far dipingere una pala secondo l’antica abitudine protattasi fino al Settecento. Nella prima tornata accademia del 2020 (il 24 gennaio) sono state presentate le pale del Presidente Claudio Marazzini (nome accademico “Boreale”), degli accademici Paolo D’Achille (“Integrale”), Silvia Morgana (“Ariosa”) e Antonio Stella (“Abscondito”); e poco meno di un anno fa, nella tornata del 15 marzo 2019, furono presentate quelle della Presidente onoraria Nicoletta Maraschio (“Leggera”) e dell’accademica Rita Librandi (“Tenace”). Il testo del tema, per cura della Redazione della rivista, è stato corredato con le foto delle quattro nuove pale e le rispettive descrizioni, fornite dagli accademici stessi in occasione della presentazione. Il terzo tema è dedicato ad alcune riflessioni linguistiche connesse all’epidemia di COVID-19. Infine l’ultimo è collegato al Dantedì, la giornata nazionale dedicata alla memoria di Dante Alighieri fissata al 25 marzo, che avrebbe dovuto coinvolgere la scuola, l’università, le istituzioni e la cittadinanza tutta con iniziative in piazze e teatri, e che invece ha visto cadere la sua prima edizione proprio nel pieno delle misure governative di quarantena. Una cattività che non ha scoraggiato i festeggiamenti, che hanno avuto luogo nelle più svariate e originali modalità virtuali in Italia e nel mondo, in un caleidoscopio di iniziative fra cui quelle dell’Accademia della Crusca, di cui si rende dettagliatamente conto nelle “Notizie dell’Accademia” che chiudono questo numero di "Italiano Digitale".