DOI 10.35948/2532-9006/2020.3250
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In diversi quesiti (giunti da Faenza, da Cagliari, da Milano, da Livorno) si chiede se è “grammaticalmente corretto” o “effettivamente errato” il costrutto verbale c’è pieno di... in espressioni quali: “al mare c’è pieno di gente”, “c’è pieno di polvere” (rispetto alle corrispondenti prive della particella pronominale ci: “al mare è pieno di gente”, “è pieno di polvere”).
La particella pronominale ci, originariamente con il valore di avverbio di luogo (dal latino ecce hic), ha un uso larghissimo nel parlato colloquiale, in particolare quando è premessa, con diversi valori e funzioni, alla terza persona singolare e plurale del verbo essere (cfr. F. Sabatini, L’“italiano dell’uso medio”. Una realtà tra le varietà linguistiche italiane, in Id. L’italiano nel mondo moderno, a cura di V. Coletti et alii, tomo II, Napoli, Liguori, 2011, pp. 3-36: 10-11). È d’uso normale e obbligatorio quando il verbo essere ha il valore di esistere e non vi sono riferimenti concreti a luoghi o fatti determinati: c’era un volta un re; ci sono molti che si divertono a parlare male degli altri.
Se ci si riferisce a eventi specifici, il ci conserva una sfumatura del suo valore originario di avverbio di luogo e ha un effetto “attualizzante”, cioè di richiamo implicito a circostanze determinate e localizzabili: oggi c’è il sole; non ci sono alternative; c’è stato un incidente (con la frase è stato un incidente si intende invece dire che il fatto a cui ci si riferisce “va considerato” un incidente). In altri casi, si ha un uso “presentativo” (o “presentativo esistenziale”) di ci con il verbo essere: c’è una persona alla porta; o, anche, in strutture in cui l’enunciato è distribuito in due segmenti, il primo in cui il ci presentativo mette in evidenza (focalizza) il dato nuovo (rema), il secondo, introdotto dal che, esprime il tema (ciò che è noto): c’è Paolo che ti aspetta.
Tornando all’espressione “c’è pieno di gente” e sim. qui in esame, è evidente la sua affinità con le costruzioni con il ci attualizzante/presentativo appena illustrate. Si deve però rilevare anche la sua contiguità a un particolare uso del verbo essere e di altri pochi verbi retti da un avverbio di luogo in funzione di soggetto, come nella frasi “qui è pieno di gente”, “qui [questo documento, questo testo ecc.] parla chiaro”, “qui [questa situazione] si mette male” e simili. Si tratta di un uso sintattico corrente nell’italiano contemporaneo, presente anche in lingue romanze (per es., nello spagnolo aquí dice que), derivato dal tardo latino (in formule del tipo hic dicit ‘qui [questo testo, questo passo] dice che’) e attestato sin dai più antichi testi in volgare, in particolare nelle rubriche di opere narrative (“Qui narra che”) o nelle didascalie o cartigli di dipinti, sculture, ecc. (cfr. D. Proietti, “Qui è pieno di allievi, amici e colleghi”. Note su un uso sintattico di lunga durata, in “Acciò che il nostro dire sia ben chiaro”. Scritti per Nicoletta Maraschio, a cura di Marco Biffi, Francesca Cialdini, Raffaella Setti, Firenze, Accademia della Crusca, 2018, pp. 871-888).
Le frasi “c’è pieno di gente” e simili, quindi, vanno considerate un incrocio non appropriato tra i due costrutti del ci attualizzante/presentativo e dell’avverbio di luogo in funzione di soggetto. L’esito è una struttura sbilanciata in cui, anche quando è indicato il luogo, la forma verbale con ci + essere risulta priva del soggetto: infatti, l’aggettivo posposto al verbo (pieno e sim.) è privo dell’articolo determinativo che è indispensabile per definirne e segnalarne la funzione come aggettivo sostantivato. Pertanto, le frasi “c’è pieno di gente” e simili vanno regolarizzate/normalizzate in due modi: premettendo l’articolo determinativo all’aggettivo: “c’è il pieno di gente”; o sostituendo il ci attualizzante/presentativo con un avverbio di luogo in funzione di soggetto: “qui/lì/laggiù, ecc. è pieno di gente”.