Parole nuove

È meglio accordarsi sull’uso di fasarsi e settarsi

  • Sara Giovine
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2020.3268

Licenza CC BY-NC-ND

Copyright: © 2019 Accademia della Crusca


Nell’italiano contemporaneo, accanto ai tradizionali accordarsi, allinearsi, coordinarsi e affini, attestati già da tempo nella nostra lingua, si sono affiancati in taluni contesti, con significato analogo, altri due verbi di recente formazione: settarsi e fasarsi. Per quanto riguarda la prima voce, l’origine del verbo va ricondotta a settare, di cui settarsi rappresenta la forma riflessiva, impiegata con un significato esteso e figurato.

Settare è a sua volta un prestito adattato del verbo inglese to set (che significa ‘impostare, predisporre’), attestato in italiano a partire dal 1988 (secondo quanto riportato dall’Etimologico di Nocentini) nel significato di ‘impostare, predisporre un’apparecchiatura a funzionare secondo determinati parametri’ o, come tecnicismo dell’informatica, in quello più specifico di ‘configurare, regolare il funzionamento di un programma o di un componente hardware’. In tali significati il verbo risulta ormai del tutto acclimatato nella nostra lingua ed è registrato dalla quasi totalità dei dizionari dell’uso (oltre che dal GDLI, il principale dizionario storico della nostra lingua, che lo accoglie, marcandolo come neologismo, nel 1996).

Per estensione, a partire dagli anni Duemila settare ha iniziato a essere impiegato anche nel senso più ampio e generico di ‘impostare, regolare’, in un primo momento solo in riferimento a ciò che in senso figurato è considerabile una macchina di cui regolare il funzionamento (come la mente, il metabolismo, il corpo in generale, ecc.), ma in seguito, con un uso divenuto più frequente nell’ultimo decennio, anche in relazione a qualsiasi oggetto, situazione o comportamento soggetto a variabili modificabili. Con tale valore la costruzione del verbo prevede di norma un oggetto diretto (rappresentato da ciò che viene impostato, regolato o definito) ed eventualmente un sintagma preposizionale introdotto da su (che indica invece i parametri, le variabili in base alle quali viene impostato e regolato l’oggetto). Diverse le attestazioni riscontrate anche negli archivi dei principali quotidiani nazionali, per esempio:

Avevamo programmato la gara proprio come è andata: ci eravamo posti come obiettivo la medaglia d’oro e il record del mondo. Ho cercato di settare la sua mente sul massimo traguardo possibile perché in una gara come l’Olimpiade a volte inconsciamente c’è la paura del risultato. (Alberto Dolfin, Roberto Re, professione mental coach. “Aiuto i miei atleti a dare il massimo”, laStampa.it, sez. Sport, 8/8/2012)

Ho settato il look” per le serie Hbo Roma e Trono di spade: la fotografia gelida del Regno del Nord, quella calda di Approdo del re. Pieno di sesso e violenza. A volte divertente, a volte no. (Arianna Finos, Pontecorvo jr: “Così ho trovato la mia strada”, “la Repubblica”, sez. R2 Spettacoli & TV, p. 40, 1/5/2014)

Nato a Trento, classe ’89, papà avvocato (e jazzista), mamma ex conduttrice radiofonica e insegnante di latino, fratello maggiore…«Rain Man»: laureato in giurisprudenza a 21 anni, ha settato standard accademici altissimi per il secondogenito. (Massimo Sideri, Pietro, 27 anni, e il «piccolo pesce» che già vale un milione di ricavi, Corriere.it, sez. Economia, 8/11/2016)

In tale significato esteso, il verbo ammette anche la costruzione pronominale con valore riflessivo (settarsi), di cui si rinvengono numerose occorrenze in rete (soprattutto in periodici online, blog, forum), databili anch’esse prevalentemente al secondo decennio del Duemila:

Per qualche giorno diventa perciò più difficile settarsi sulla ‘modalità veglia’, mentre la sera viene ritardata la produzione di melatonina, ormone che favorisce il sonno e viene sintetizzato quando è buio. (s.n., Ora legale, esperto Bambino Gesù: “Piccoli a letto non oltre le 21.30”, Adnkronos.com, sez. Fatti, 28/3/2015)

Questo è anche il momento che molti genitori definiscono come “la fase dei no”, quella in cui i bambini sembrano “settarsi” su un’unica risposta (il NO per l’appunto), qualunque sia la domanda che gli si pone. (s.n., Capricci: quando iniziano e come gestirli, blog “Famideal”, 14/3/2018)

Per un processo di ulteriore estensione di significato, in forma riflessiva il verbo ha poi affiancato al significato originario di ‘impostarsi, regolarsi’ quello di ‘adeguarsi, conformarsi’, non solo in riferimento a determinati standard e parametri, ma anche a situazioni, richieste, comportamenti o altro; anche in quest’ultimo valore la sua costruzione prevede che ciò a cui ci si conferma o ci si adegua venga introdotto in maniera pressoché esclusiva dalla preposizione su.

Le occorrenze riscontrate nelle pagine italiane di Google (attraverso una ricerca condotta il 30/1/2020) ne rivelano una discreta diffusione, che pare tuttavia per il momento circoscritta alla rete (in particolare blog, forum, riviste e altre pubblicazioni online) e in generale a contesti di media informalità, per esempio:

Temiamo infatti che Loredana anteponga ai suoi gusti, che probabilmente nemmeno sa di avere, quelli dell’uomo che ha accanto […]. Come se la cosa più normale fosse settarsi sui gusti del partner e ignorare i propri”. (Alessandra Celentano, Tanto è solo per adesso, Youcanprint, 2014)

Ristorante deludente. I prodotti utilizzati non sono assolutamente adeguati alla struttura. Forse il Velona si è settato sul palato del cliente straniero e di questo siamo molto dispiaciuti. (Ottima location ma Area food da rivedere, recensione su “Tripadvisor”, 25/8/2019) 

Nessuna occorrenza invece negli archivi delle maggiori testate giornalistiche, poiché con tale valore il verbo è percepito come più adatto a un registro colloquiale. Proprio a partire da quest’ultimo significato di ‘adeguarsi, conformarsi’, con un ulteriore, seppure lieve passaggio semantico settarsi ha infine assunto il più recente valore di ‘allinearsi, sintonizzarsi, accordarsi con qualcuno o qualcosa’. Una traccia di tale progressivo slittamento semantico si può forse rilevare in un’occorrenza, rinvenuta in Google Libri, in una biografia del 2008 di Silvana Mangano, in cui settarsi, usato tra virgolette, viene accostato alla forma verbale allinearsi, quasi a chiarirne la specifica valenza semantica assunta nel contesto: 

Tanto vigore è però anche capace di tramutarsi in delicatezza nell’epilogo del film, quando, nel prefinale, una scena di dialogo con Mastroianni permette a Silvana di “settarsi” ed allinearsi alla proverbiale sobrietà recitativa dell’attore, dando modo all’intera gamma della sua espressività di mettersi in mostra. (Federico Rocca, Silvana Mangano, Palermo, L’Epos, 2008, p. 255)

Le prime vere occorrenze del verbo nel nuovo significato, in cui il passaggio semantico risulta pienamente compiuto (oltre che reso più esplicito dalla prevalente reggenza preposizionale con con, per analogia con la costruzione di accordarsi e allinearsi), sono però successive di qualche anno: la prima risalirebbe, secondo delle ricerche condotte in Google Italia, al 2013, quando compare nella sezione dedicata all’oroscopo del quotidiano “Metro” di Firenze (consultabile online tramite la piattaforma Issuu), mentre le successive, databili prevalentemente alla seconda metà dell’ultimo decennio, si riscontrano quasi esclusivamente in contenuti pubblicati in rete, di nuovo in contesti colloquiali o comunque di registro non elevato: 

Sapete farvi riconoscere sempre e dovunque andiate per un certo fare un po’ stralunato, come se le cose terrene non fossero tra le vostre priorità. Settatevi con tutti i vostri simili e impegnatevi in qualcosa. (s.n., L’Oroscopo di Metro, “Metro Firenze”, p. 11, 11/9/2013) 

Mi ha detto più volte che non ha intenzione di chiudere con me, che mi vuole bene e gli piaccio come persona e quindi devo stare “tranqui” perché la nostra storia continuerà, dovremo soltanto settarsi [sic] con la sua nuova ridotta disponibilità di tempo libero. (La nostra storia, post sul blog “Il Club dei Poeti”, 30/6/2016) 

Prima di impostare una vendita bisognerà settarsi con chi si ha di difronte [sic]. Se la cliente vuole solo risparmiare sarà inutile parlare di altre cose. (Quello che ho imparato nelle vendite, Ambuweb.it, 29/5/2019) 

Nel complesso la circolazione di settarsi in tale significato, di cui non si riscontrano attestazioni in Google Libri o negli archivi dei principali quotidiani nazionali, risulta, almeno per il momento, decisamente limitata (con soli 273 risultati della stringa di ricerca “settarsi con” nelle pagine italiane di Google), e solo il tempo potrà dirci della sua eventuale affermazione nella nostra lingua.

È possibile che alla prima circolazione del più recente significato di settarsi abbia in parte contribuito anche l’analogia con la costruzione del verbo fasarsi, attestato già da qualche tempo in italiano (anche se non ancora registrato da alcun dizionario dell’uso), appunto nel significato di ‘allinearsi, accordarsi nei modi e/o nei tempi con qualcuno o qualcosa’.

Dal punto di vista morfologico, fasarsi è una formazione verbale denominale, che deriva dal sostantivo fase con l’aggiunta del suffisso -are della prima coniugazione (l’unica ancora produttiva nella formazione di nuovi verbi, per cui si veda la scheda a cura di Raffaella Setti) e del pronome atono -si. Il verbo è probabilmente formato per analogia con la forma sfasare (attestata anche nella variante pronominale sfasarsi): sfasare è infatti un parasintetico derivato dal sostantivo fase, con l’aggiunta del prefisso privativo s- e della desinenza verbale -are, attestato in italiano dal 1930 (secondo la datazione riportata dallo Zingarelli 2019) come tecnicismo dell’elettrotecnica, nel significato di ‘variare la fase di una corrente o di una tensione alternata’, da cui si è poi sviluppato per estensione quello figurato di ‘provocare variazioni negative nel ritmo normale e regolare di un qualsiasi fenomeno’ (la produzione, i ritmi di lavoro e sim., Vocabolario Treccani online) e infine quello di ‘disorientare, far perdere il contatto con la realtà attuale’ (che lo Zingarelli marca come “fig.colloq.”). Da sfasarsi, privato del prefisso negativo iniziale, è stato quindi formato per opposizione il verbo fasarsi, nel significato contrario di ‘mettersi in fase’ e quindi ‘allinearsi, accordarsi con qualcuno o qualcosa’, la cui prima attestazione (sulla base di una ricerca in Google Libri del 30/1/2020) risale al 1999, quando compare, tra virgolette, in un articolo specialistico di argomento economico:

Per il capo del Dipartimento di economia del prestigioso Mit della Cambridge statunitense, nei quasi tre decenni che vanno dagli inizi degli anni settanta ai giorni nostri, la costante crescita della disoccupazione […] nei sedici maggiori paesi europei dell’Ocse è dovuta a ben quattro shocks succedutisi nel tempo e contraddistinta da una sequenza che ne mostrerebbe una montante carica negativa nei riguardi del mancato “fasarsi” della domanda con l’offerta di lavoro. (Vittorangelo Orati, Disoccupazione crescente e crisi della macroeconomia, “Il Ponte”, LV, 10, 1999, p. 65)

La nuova formazione verbale ha quindi iniziato a diffondersi, a partire dai primi anni Duemila, in pubblicazioni di argomento economico e finanziario, estendendosi ben presto anche alla lingua d’uso di ambienti lavorativi afferenti a tale settore (aziende, pubbliche amministrazioni, ecc.) ed entrando a far parte delle espressioni tipiche del cosiddetto “aziendalese”. Se ne ritrovano ampie attestazioni in rete, blog e forum di discussione di ambito lavorativo, oltre che in un articolo di “Repubblica” del 2001, che cita il verbo tra le espressioni ricorrenti dell’allora ministra dell’Istruzione Letizia Moratti, non a caso nota per la sua concezione “aziendale” della scuola:

Chi rallenta o traccheggia viene incalzato dalle sue frasi preferite: il tradizionale “Voglio la verità sulle cose che non vanno” e l’inedito “Fasiamoci”, che qualche suo predecessore forse segnerebbe a matita blu. (Mauro Piccoli, “Né fabbrica né azienda, la mia è la riforma dei ragazzi”, Repubblica.it, sez. Scuola e Università, 19/12/2001)

È possibile che qui tra colleghi con cui si lavora da più di tre anni quando si tratta di fare ferie non guardano in faccia a nessuno? Sono l’unico che si preoccupa delle esigienze [sic] delle altre persone? Ho un collega che sistematicamente segna le ferie senza chiedere pareri o senza fasarsi con gli altri.... (Ferie e Lavoro non vanno d’accordo!!!, post sul forum “.it”, 7/10/2005)

Nel corso dell’ultimo decennio, l’uso di fasarsi si è poi parzialmente esteso anche alla lingua comune, sebbene la circolazione del verbo risulti per il momento ancora ridotta (con soli 430 risultati nelle pagine italiane di Google), oltre che circoscritta all’uso della rete, per lo più in contesti di registro informale. Se ne rinvengono infatti attestazioni, per esempio, in forum sulla vita di condominio, blog di cucina, recensioni in siti di e-commerce e periodici online di vario tipo:

Premesso che ora non lo fanno più e stanno più in casa o nei nostri spazi che altro (dovevano solo fasarsi e capire come erano suddivisi gli spazi), la suddetta signora e famiglia invece non si esime dall’arrecare disturbo - e non solo a noi. (Vicini di casa rumorosi e fastidiosi, post sul forum di “Condominioweb.com”, 8/8/2009)

Non è manco necessario passarlo sotto l’acqua fredda o nell’abbattitore per mantenere la croccantezza e il colore, basta solo conoscere il proprio microonde e fasarsi bene sui tempi. (Frattali e microonde, mica cavoli, post sul blog “Solo per gusto”, 19/3/2017)

Fantastici, morbidi, comodissimi...bisogna solo fasarsi sulla misura perché sono piuttosto larghe...io ho dovuto renderle e prendere un numero in meno del mio. Belle, belle, belle! (Wow!, recensione sul portale “Amazon”, 13/3/2018)

Nessuna occorrenza del verbo invece negli archivi dei principali quotidiani nazionali, con la sola eccezione di due esempi rilevati nel sito del “Corriere”: il primo, del 2011, è relativo all’uso aggettivale del participio fasato (di cui si contano 10 occorrenze anche nella “Repubblica”, ma con riferimento alla regolazione del motore di un’auto, da fasatura ‘messa a punto delle fasi di un motore a combustione interna’), mentre nel secondo, del 2017, il verbo viene citato tra le frasi fatte e le espressioni “insopportabili” commentate in un volume inedito di Leandro Cantamessa Arpinati (Il Pranso e altre figure):

Resta solo da capire chi Fernando avrà a fianco: per il momento, non si parla di prolungamenti anche per Felipe Massa, il cui accordo non è in scadenza, salvo non essere temporalmente fasato con la novità che da ieri riguarda il compagno di squadra. (Flavio Vanetti, Alonso-Ferrari, logica di continuità, Corriere.it, sez. Sport, 19/5/2011)

Il più prezioso, però, è il catalogo delle frasi fatte e delle parole insopportabili. Come «mozzafiato» […]. «Performante (vedi esperienziale, efficientamento, fasarsi, attenzionare, situazionale)». (Gian Antonio Stella, “Oggi otto”, le “cose pranse”, “Scarpe diem”, e altre delizie lessicali, Corriere.it, Sette, 21/12/2017)

Numerose le attestazioni riscontrate in rete che rivelano l’opposizione dei parlanti all’uso della forma, molti dei quali ne condannano l’impiego all’interno di blog, forum e rubriche di argomento linguistico già dalla metà del primo decennio del Duemila e in anni più recenti, anche su Twitter, con hashtag quali #paroleirritanti, #nonlodicopiu, #puliamolalingua e simili. Per esempio:

fasarsi dovrebbe significare “aggiornarsi”: ci aggiorniamo più tardi, ci fasiamo più tardi. È un gergo orribile, il termine è davvero odioso, oltrechè quasi incomprensibile ai più. (fasarsi, post sul forum del Corriere della Sera “Bon Ton di Lisa Sotis”, 9/7/2008)

Se tale giudizio ‘estetico’ non può naturalmente essere considerato un criterio valido per giudicare la bontà di una parola, si può però forse condividere il suggerimento della rete a limitare, anche nel parlato e in contesti informali, l’uso della forma fasarsi (così come di settarsi), il cui significato non risulta sempre del tutto trasparente, almeno fino a quando il nuovo verbo non si sarà maggiormente affermato nella lingua corrente e sarà divenuto di immediata comprensibilità a un più ampio numero di parlanti: fino ad allora (ma non è detto che questo avvenga), sarà preferibile continuare a ricorrere alle diverse forme verbali che la nostra lingua già possiede per esprimere tale significato.