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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Siero, antidoto e vaccino: facciamo chiarezza

Miriam Di Carlo

PUBBLICATO IL 25 maggio 2021

Quesito:

Sono arrivate molte segnalazioni all’Accademia della Crusca circa l’uso inappropriato delle parole siero e antidoto nei giornali per indicare il vaccino, in relazione alla campagna vaccinale in corso per scongiurare la diffusione dell’epidemia di Covid-19.

Siero, antidoto e vaccino: facciamo chiarezza

Nonostante la Cina e la Russia avessero già regolamentato il loro vaccino e avessero messo a punto una loro campagna vaccinale nell’estate 2020, in Europa e negli Stati Uniti si è cominciato a parlare massicciamente di vaccino contro l’epidemia da Covid-19 soltanto a partire dal novembre 2020, quando alcune case farmaceutiche hanno iniziato a rendere pubblici i risultati derivanti dalle prime somministrazioni in prova. Nel giro di pochi mesi si è assistito a una vera e propria corsa al vaccino contro il nuovo coronavirus e l’attenzione internazionale dei media si è rivolta a questo nuovo frutto della scienza e agli aspetti economici relativi, tanto che l’argomento ha invaso (e invade tuttora) le pagine dei quotidiani di tutto il mondo. Parlare così tanto di vaccino, però, ha creato non pochi problemi linguistici: spesso, sia in televisione sia nei quotidiani, vengono impiegate le parole siero e antidoto con uso improprio. Vediamo perché improprio.

Il sostantivo vaccino indica nel linguaggio medico-scientifico ‘ciascuna delle preparazioni da inoculare per via parenterale o orale, ottenuta da sospensioni di microrganismi patogeni (morti o vivi ma resi innocui), ma immunogeni purificati o anche da sintesi chimica, capace di indurre una immunità specifica da parte dell’organismo’ (GDLI). Il sostantivo è un calco dal francese vaccin, per ellissi da virus vaccin ‘virus vaccino’, che indica il vaiolo delle vacche da cui è stato ricavato il primo vaccino immunitario (l’Etimologico). In parole povere, il vaccino viene inoculato (a volte somministrato per via orale) in soggetti non malati con la finalità di stimolarne il sistema immunitario affinché produca gli anticorpi specifici che il vaccino gli “dice” di produrre.

Il termine siero deriva dal latino sĕru(m) ‘parte acquosa del latte’, e con tale significato viene registrato nelle varie edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca e nel Tommaseo-Bellini. Nei ricettari di fine Ottocento e degli inizi del Novecento si parla di siero in relazione ai prodotti caseari:

Una delle operazioni fondamentali per la conservazione del burro è quella di impastarlo su una tavola di marmo, con le mani bagnate, allo scopo di eliminare tutto il siero che ancora il burro potesse contenere. [...] Si mette il burro in una casseruola, su fuoco debolissimo, e si fa fondere, senza che debba soffriggere. Si tiene la casseruola sul fuoco per una ventina di minuti, fino a che la caseina e il siero si separino e si depongano, lasciando apparire il burro limpidissimo. (Ada Boni, Il talismano della felicità, Preziosa, Roma, 1927)

Anche Luigi Capuana fa largo uso di siero per indicare la parte liquida di scarto della lavorazione del latte, spesso usata come cibo povero nelle famiglie contadine. Nel Marchese di Roccaverdina (pubblicato nel 1901) addirittura lo contrappone al sangue, parlandone come di un liquido differente da esso:

Di lassù Cuddu vedeva la mandra e le vampe e il fumo della legna sotto la caldaia di rame dove il pecoraio faceva bollire il latte. – Dopo andremo a mangiare la zuppa col siero. Gireremo da quella parte. Sei stanco? [...] Hai già ammazzato due conigli? Capperi! – disse a Cuddu il pecoraio, ridendo. Le scodelle col siero col pane in molle erano pronte. (Luigi Capuana, Gambalesta, Livorno, Società Editrice Tirrena, 1947; cfr. VoDIM)

«Avete ragione, zio. Quando però il male è fatto, dobbiamo cercarvi il rimedio.» «Sono un Roccaverdina schietto, io; non mi piego, mi spezzo! Se tu, invece di sangue, hai siero nelle vene [...]». (Luigi Capuana, Il Marchese di Roccaverdina, Milano, BUR, 2011; cfr. VoDIM)

La parola siero ha finito per indicare, genericamente, un qualsiasi tipo di liquido, per lo più di natura organica. Questo significato estensivo del termine è registrato nel GDLI, il quale fornisce una serie di citazioni di carattere letterario (le ultime due di Primo Levi – chimico di formazione –, non sono state prese dal GDLI ma dal VoDIM):

Questi corpi lutei aperti si trovano dentro avere un vuoto irregolare pieno d’un siero trasparente, qualche volta però torbido o colorito o nero o muccoso. (Raimondo Cocchi, Lezioni fisico-anatomiche, Livorno, 1775, p. 73)

Sopra gli occhi s’erano formate due cavità profonde, come due orbite vacue; e gli occhi parevano due grosse bolle gonfie di siero. (Gabriele D’Annunzio, La vergine Anna, in Novelle della Pescara, 1902, IV-2-126)

Scabro come una roccia, tumefatto, enorme: di quindici giorni in quindici giorni s’era fatto cavar dal ventre il siero a litri (Luigi Pirandello, Filo d’aria, in Tutt’e tre, 1924, 7-1200)

Non piangiamo: il liquido lacrimale soggiorna superfluo nei nostri occhi, e non stilla in lagrime ma defluisce come un siero, che toglie dignità e sollievo al nostro pianto. (Primo Levi, Vizio di forma, Torino, Einaudi, 2016)

Chi o che cosa succhieremo quando il Villano cadrà esangue? Ritorneremo all’increscioso siero delle carpe e dei rospi? O ci suggeremo a vicenda? (Primo Levi, Lilit, Torino, Einaudi, 2016)

Non solo in ambito letterario ma anche in quello strettamente scientifico, soprattutto alla fine del XIX secolo, siero viene usato per indicare un qualsiasi liquido sintetico:

Il corpo cellulare ci presenta caratteri alquanto diversi, a seconda che lo si studia a fresco, oppure dopo che abbia subito l’influenza dei reattivi induranti comunemente impiegati. [...] Trattando le cellule nervose con reattivi diversi (siero iodico, soluzione attenuata di acido cromico o di acido osmico) si rileva che il loro corpo offre una finissima striatura disposta parallelamente alla superficie e concentricamente al nucleo, le singole strie veggonsi poi separate da un tenuissimo strato di sostanza finamente [sic] granulosa.[...] Secondo la sua esposizione, la struttura fibrillare [delle cellule nervose] può nel modo più evidente essere rilevata coll’isolamento a fresco nello siero ed è più spiccata verso la corteccia della cellula, ma sarebbe pure evidente anche nelle parti interne; inoltre più spiccata vedrebbesi nei giovani che nei vecchi. (Camillo Golgi, Sulla fina anatomia degli organicentrali del sistema nervoso, Milano, Hoepli, 1886; cfr. VoDIM)

Molti sono i liquidi che vennero proposti per macerare il sangue essiccato. S’adoperano l’acqua distillata; una soluzione indifferente di cloruro sodico; un siero artificiale risultante di 30 gram. di bianco d’uovo, 270 d’acqua distillata e 40 cent. di cloruro sodico. (Giulio Bizzozero, Manuale di Microscopia clinica, Milano, Clinica Vallardi, 1882; cfr. VoDIM)

E nel corso del Novecento, fuori dall’ambito strettamente medico, molte sono le attestazioni di siero per designare una sostanza chimica creata in laboratorio e per lo più destinata all’inoculazione:

Il “siero” che rende giganti [...] Nani e giganti a volontà col siero del dott. Evans. Vi si riferiva di una seduta affollatissima («soltanto a fatica gli ultimi arrivati poterono trovare un piccolo posto») all’Università di Los Angeles. Un tal dott. Evans stava lì ad esibire strani fenomeni viventi: cavie, topi, cani divenuti nel giro di pochi giorni mostruosamente giganti in virtù del siero da lui inoculato. [...] La prova su un pulcino tentata altra volta nel laboratorio di quella stessa università era riuscita disastrosa: a poche ore dalla inoculazione del siero la bestiola parve improvvisamente «impazzire» rigirandosi su se stessa vorticosamente, gli occhi le si annebbiarono, le piume si inumidirono di un umore schiumoso biancastro, e inaspettatamente morì. ("Il Nuovo Corriere della Sera", 156 nuova serie, 7/11/1946; cfr. VoDIM)

Tra l’altro c’è una piccola sorpresa...vi inietterò le prime dosi di un nuovo siero che ho appena creato...ho unito il veleno degli zombi al virus...sono curioso di vederne gli effetti...non conterrà mica antibiotici, per caso? (Tiziano Sclavi, Dylan Dog, Milano, Mondadori, 1/10/1986; cfr. VoDIM)

Oggi possiamo sentire e leggere la parola siero in ambito cosmetico per indicare un prodotto che ha consistenza, meccanismi di azione e modalità di assorbimento diversi rispetto a una crema:

Il siero antirughe è un prodotto cosmetico che non può mancare nella routine quotidiana di ogni donna. Soprattutto ai primi accenni d’invecchiamento cutaneo, esso ridona vitalità e vigore alle cellule dell’epidermide. Il siero antirughe è un concentrato di principi attivi specifici che possono aiutare a migliorare il benessere di viso, collo e decolleté. Venduto in confezioni ridotte rispetto alla crema, proprio per il quantitativo di eccipienti al suo interno, infatti ne basta una minima quantità nell’applicazione. (articolo nel sito cremaviso.net)

Prima della colorazione. Il Siero Protettivo prepara i capelli alla colorazione. Si prende cura delle parti sensibilizzare dei capelli, in particolare delle punte. I capelli sono protetti, pronti ad essere colorati [...]. Per Contenere lo stress provocato dall’azione degli agenti chimici sui capelli durante la colorazione, L’Oréal Paris ha sviluppato il Siero Protettivo. Il Siero Protettivo Excellence si prende cura delle parti sensibilizzate dei capelli, in particolare le punte, e si applica prima della colorazione. (Descrizione del prodotto Excellence Crème, farmatu.it)

La parola siero usata nella cosmesi rivela una strategia comunicativa di stampo pubblicitario e innesca delle inferenze che rimandano sicuramente all’ambito scientifico: il destinatario percepisce il siero come un prodotto frutto di ricerche chimiche specialistiche e dunque più efficace rispetto a una semplice crema o a una maschera per capelli. Inoltre in cosmesi i sieri sono liquidi (per lo più contenuti in boccette) da applicare con un contagocce, atti a un trattamento più ricercato e “raffinato”.

Infine, in ambito strettamente scientifico il siero è una sostanza completamente diversa rispetto al vaccino (che è una sostanza sintetica, ossia non prodotta naturalmente ma sottoposta a una manipolazione artificiale), ossia è la parte liquida di un fluido biologico, in particolare del sangue. Dopo la centrifugazione, il sangue si divide in una parte corpuscolata e una parte liquida la quale è detta plasma. Il plasma senza i fattori di coagulazione (come il fibrinogeno) viene detto siero.

Allora perché una sostanza così diversa rispetto al vaccino viene confusa con esso? La risposta è semplice e riguarda i possibili usi terapeutici del siero. Infatti il siero dei soggetti malati (anche animali, in particolare cavalli), che presenta già gli anticorpi, può essere usato a scopi terapeutici (raramente di profilassi): di solito inoculato (come il vaccino), aiuta l’organismo a contrastare la malattia già in atto. Se è vero che le analogie con il vaccino sono molte, è vero anche che la differenza è sostanziale: da una parte il vaccino viene somministrato a soggetti sani e “insegna” all’organismo come produrre anticorpi specifici, dall’altra parte il siero viene somministrato a soggetti già malati per aiutarli a contrastare, attraverso un numero limitato di anticorpi esterni, la malattia in atto. L’organismo della persona a cui viene iniettato il siero non “impara” a produrre quegli anticorpi specifici che riceve, ma viene semplicemente aiutato da essi.

L’uso di siero per ‘vaccino’, sebbene improprio, trova dunque delle giustificazioni nell’uso estensivo e generalizzato del termine siero e, in ambito scientifico, nelle analogie tra le due sostanze in questione. Può altresì aver contribuito la crescente familiarità con la parola siero soprattutto nella prima fase della pandemia quando ancora non si parlava di vaccino: il siero dei soggetti immunizzati, dunque un siero che presenta gli anticorpi del nuovo coronavirus veniva (e viene) usato a scopo terapeutico (e non profilattico come il vaccino) per aiutare i soggetti già affetti da Covid-19. Si è parlato anche di test sierologico, ossia di quel test condotto sul siero di un soggetto (ma si può effettuare anche sul sangue o sul plasma), atto ad appurare se ha avuto o è in atto un’infezione da coronavirus attraverso il rilevamento e lo studio degli anticorpi. Infine la parola siero (e sierologico, sieronegativo o sieropositivo) viene spesso usata per calcolare la risposta immunologica dopo aver effettuato un vaccino: sul sito dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) le parole sopracitate compaiono spesso in documenti che parlano dell’efficacia del vaccino. In questi documenti siero e vaccino sono due sostanze completamente differenti, ma la fretta nella lettura e una scarsa competenza lessicale (in ambito specialistico) potrebbero indurre a far confondere i due termini.

Oltre ad analogie e associazioni di carattere semantico, possono aver contribuito alla diffusione della parola siero nel senso di ‘vaccino’, fattori di carattere linguistico come per esempio l’associazione a entrambi i termini di un aggettivo “avversativo” che indica contro quale malattia agisce, o anche un aggettivo che indica contro quante malattie agisce: esiste il siero antibotulinico, anticarbonchioso, antidifterico, antirabbico, antitetanico e bivalente, monovalente, così come esiste anche il vaccino antidifterico, antirabbico, antitetanico e bivalente, monovalente. Un’altra motivazione che ha spinto l’uso di siero per vaccino potrebbe essere di carattere stilistico: spesso i giornalisti, per evitare una ripetizione della parola vaccino o di forme corradicali del verbo vaccinare, usano siero (e come vedremo anche antidoto).

Nonostante in ambito specialistico la differenza tra vaccino e siero sia sostanziale, sono tantissimi gli articoli sui quotidiani nazionali che presentano quest’uso di siero con il significato di ‘vaccino’:

Ovviamente tutti sanno, e sono stati informati, che la certezza di ricevere il siero anti-Covid non c’è e ad essere iniettata potrebbe essere una dose di acqua fresca. (Sara Strippoli, All’Amedeo di Savoia tutti in fila per testare il siero italiano, repubblica.it, 31/3/2021)

A Palazzo Chigi festeggiano l’arrivo di nuove dosi di Pfizer. Un modo anche per mascherare lo sconforto di fronte all’ennesima frenata, dopo la sospensione del siero J&J decretata dalle autorità americane. (Ilario Lombardo, Paolo Russo, Vaccini, Astra Zeneca e Johnson&Johnson rischiano il ritiro definitivo dal mercato, repubblica.it, 15/4/2021)

Al via pure le somministrazioni a domicilio per i non deambulanti dopo la nuova distribuzione di dosi 190 medici di famiglia hanno aderito alla campagna, ai quali sono stati forniti vaccini Pfizer (che dovranno essere inoculati in 5 giorni al massimo) e Astrazeneca. «I medici di base – spiega il direttore generale Ciro Verdoliva – hanno quasi finito le dosi del vaccino Moderna e quindi mandiamo loro anche altri tipi di siero, in numero uguale per tutti». [...] Mentre resta sospesa la distribuzione di 17.300 fiale di Janssen, il nuovo siero monodose di produzione americana sospeso che dovrebbe essere distribuito nelle farmacie. (Angelo Agrippa, Covid, Campania ultima per immunizzati. E alle vaccinazioni disertano anche gli over 60, corrieredelmezzogiorno.corriere.it, 15/4/2021)

Come si accennava, ultimamente fra i sinonimi impropri di vaccino, oltre a siero, compare anche antidoto, sia pure in misura minore:

Il primo ministro britannico Boris Johnson si vaccinerà oggi con il siero AstraZeneca. “L’antidoto di Oxford è sicuro, l’antidoto Pfizer è sicuro, ciò che non è sicuro è prendersi il Covid” ha sottolineato il primo ministro conservatore. ([s.f.], L’annuncio di Johnson “Oggi è il mio turno”, repubblica.it, 19/3/2021)

Ma il problema restano [sic], come ripetuto più e più volte, proprio le fiale di antidoto che continuano a scarseggiare. (Clarida Salvatori, Covid nel Lazio, meno contagi (2.006) ma aumentano ancora i ricoveri, roma.corriere.it, 26/3/2021)

Già oggi l’azienda fornirà alla Fda e all’agenzia europea Ema alcuni dati che farebbero meglio capire la connessione tra l’antidoto e i sei casi di rare trombosi cerebrali riscontrate negli Usa a fronte di quasi sette milioni di somministrazioni. (Ilario Lombardo, Paolo russo, L’Europa cambia piano: dal 2022 solo Pfizer e Moderna, lastampa.it, sez. Top News, 14/4/2021)

Come per siero, anche in questo caso l’uso della parola è da considerarsi improprio. Infatti antidoto, proveniente dal latino antidotu(m) che significa ‘contravveleno’, a sua volta dal greco antìdoton (sottint. fàrmacon) è una parola dotta della terminologia medica che ha dato diversi esiti nelle lingue romanze: l’italiano antidoto, il francese antidote, il catalano antìdot, il portoghese e lo spagnolo antídoto. In latino e poi anche in italiano il primo significato è quello di ‘contravveleno, rimedio, farmaco per neutralizzare l’effetto di un veleno’ (LEI II, 1610). Nei diversi dizionari medici il solo significato registrato sembra sempre essere quello di ‘contravveleno’ ossia ‘sostanza impiegata in terapia per inattivare un veleno o per combattere gli effetti fisiologici’ (Dizionario della Salute del Corriere della Sera); ‘sostanza capace di neutralizzare completamente l’azione di un tossico’ (Dizionario medico Larousse, a cura di Renato Valente, Maria Germana Malesani, Roma/Torino, Editrice SAIE, 1984, p. 65). Stando al LEI, che si rifà al FEW, in francese il sostantivo antidote è usato per indicare ‘sostanza che si assume per combattere l’azione di un veleno, [e anche] di un virus’. Stando invece al Trésor de la langue française (TLFi), sembrerebbe che oggi la parola abbia lo stesso significato che ha in italiano. Fatto sta che, sia che si tratti di una sostanza che rende inattivo il solo veleno, sia che si tratti di una sostanza che inattivi veleno e combatta un virus, è pur sempre un farmaco utilizzato a scopo terapeutico, ossia quando la tossina o il virus sono già presenti all’interno dell’organismo. Come il siero e il vaccino, l’antidoto può essere inoculato, ma molto spesso può essere assunto per via orale o addirittura inalato. Dunque la parola antidoto non è sinonimo di vaccino. Una delle ragioni per cui viene usata come tale potrebbe dipendere dall’analogo impiego di siero: l’associazione del significato di ‘vaccino’ avviene in primis con la parola siero (e le moltissime attestazioni ne sono la conferma) e in seconda battuta con la parola antidoto, ritenuta un sinonimo di siero. Un altro motivo che può aver spinto i giornalisti a usare antidoto nel senso di ‘vaccino’ sta nel fatto che, come il vaccino agisce contro un determinato virus o agente patogeno e si associa ad aggettivi avversativi (antidifterico ad esempio), anche l’antidoto agisce contro (da cui il prefisso anti- ‘contro’) una tossina.

Trovate le motivazioni che possono aver indotto l’uso di siero e antidoto con il significato di ‘vaccino’, vale la pena sottolineare che esse non giustificano un uso improprio e troppo semplicistico di queste parole tecniche in un periodo in cui il lessico specialistico medico si sta diffondendo nell’uso quotidiano: a maggior ragione nel fuoriuscire dall’ambito medico, avrebbero bisogno di una spiegazione e specificazione tale da garantirne un uso appropriato presso tutta la popolazione.

Cita come:
Miriam Di Carlo, Siero, antidoto e vaccino: facciamo chiarezza, “Italiano digitale”, XVII, 2021/2 (aprile-giugno), pp. .

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