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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

I milioni o le milioni di parole?

Anna M. Thornton

PUBBLICATO IL 21 maggio 2021

Quesito:

Sono arrivate molte domande relative all’articolo da usare con milioni di seguito da nome femminile plurale: ci si chiede se sia corretto dire le milioni di dosi, le milioni di persone, o invece solo i milioni di dosi, i milioni di persone.

I milioni o le milioni di parole?

Se volessimo dare una risposta secca, non c’è dubbio che nell’italiano standard la forma più corretta è quella nella quale l’articolo si accorda in genere (e numero) con il sostantivo milioni: quindi i milioni di dosi, i milioni di persone.

Ci si può chiedere, però, come mai le formulazioni con articolo femminile siano diffuse, soprattutto nel parlato, come documentato dai numerosissimi esempi citati da lettrici e lettori che hanno posto il quesito.

Il fenomeno va inquadrato in una serie più ampia di casi nei quali chi parla si trova di fronte a un conflitto nella scelta dell’elemento con il quale accordare articoli e altri elementi che si accordano con un nome. Si ha in sostanza un conflitto tra accordo sintattico, con l’elemento (Nome1) che è testa di un sintagma nominale con la struttura Articolo + Nome1 + di + Nome2, e accordo semantico. Le regole della sintassi prevedono accordo con il Nome1, ma se il significato del sintagma è tale che chi parla percepisce come elemento più importante il Nome2, si ha un accordo “ad sensum”.

È ben noto che in caso di conflitto tra i valori di genere e/o numero di un elemento che determina accordo a livello sintattico e i valori che sarebbero percepiti come normali in base al significato dello stesso elemento, si può avere accordo “ad sensum”, cioè semantico invece che sintattico. La probabilità di avere accordo semantico è maggiore in caso di accordo di un predicato, e ancor più di eventuali pronomi anaforici, che nel caso di elementi più vicini al nome che genera il conflitto, quali l’articolo o altri determinanti o aggettivi attributivi. Pensiamo ai versi danteschi “Lo duca mio, et io, et quella gente / che eran con lui, parevan sì contenti” (Purgatorio II, 115-116). Qui il nome gente genera un conflitto per l’accordo di numero, in quanto è un nome singolare, ma che semanticamente indica una pluralità di persone. Come vediamo, Dante accorda al singolare (cioè in base al criterio sintattico) il modificatore quella, interno al sintagma nominale di cui gente è testa, ma accorda semanticamente il predicato eran (quella gente che eran, non che era).

Un’altra struttura che presenta questo tipo di conflitto è la maggior parte di + sintagma nominale plurale: la maggior parte dei miei amici... è italiana o sono italiani? Le intuizioni dei parlanti dell’italiano contemporaneo, anche colti, sono divise. Se si cercano le sequenze la maggior parte è e la maggior parte sono nel corpus di libri in lingua italiana digitalizzati da Google, si vede che le due sequenze sono entrambe ben attestate fin dal Cinquecento; nel corso dell’Ottocento ha prevalso largamente l’accordo semantico al plurale, che prevale ancora nel Novecento, ma con minor distacco da quello al singolare, che è quello normativamente prescritto.

La struttura milioni di + sintagma nominale femminile presenta un simile caso di conflitto: la parola semanticamente più importante è il nome femminile, non il numerale milioni: se parliamo di milioni di dosi di vaccino, stiamo parlando di dosi, non di milioni. Milioni di dosi sono attese per le prossime settimane o sono attesi? Nell’accordo del predicato sembra prevalere largamente l’accordo semantico. Ricercando nel corpus la Repubblica 1985-2000 la sequenza milioni di persone sono, otteniamo 104 contesti, e possiamo verificare se il predicato che segue sono è accordato semanticamente, con persone, e quindi al femminile plurale, o sintatticamente, con milioni, e quindi al maschile plurale. I risultati sono i seguenti: oltre a un 26% di casi nei quali non c’è un elemento in accordo nel predicato (milioni di persone sono senza lavoro / in cerca di occupazione / senza tetto...) e a un singolo caso nel quale il predicato è un aggettivo della classe in -e/-i, che non permette di valutare se l’accordo sia al maschile o al femminile (milioni di persone sono ultrasessantacinquenni), si ha accordo al femminile plurale nel 66,3% dei casi (per es. milioni di persone sono interessate / prive di mezzi / state svegliate dal terremoto / morte), e al maschile plurale solo in 7 casi (6,7%). Dunque nell’accordo del predicato il femminile, cioè l’accordo semantico, prevale largamente.

La particolarità delle sequenze segnalate da chi ha posto il quesito (le milioni di dosi, le milioni di stelle, le milioni di persone) sta nel fatto che l’accordo semantico risale fino all’interno del sintagma nominale, e l’articolo si accorda semanticamente con il nome dipendente (dosi, persone, stelle) e non con il nome cui sintatticamente si riferisce. Si tratta di un uso ancora non diffuso nello standard: per esempio, nel corpus di libri in italiano digitalizzati da Google troviamo attestati solo i milioni di persone, i milioni di stelle, mai “le milioni”, e nel corpus la Repubblica 1985-2000 troviamo solo tre casi di “le milioni”, due dei quali nella rubrica Parole parole..., che elenca con intenti derisori proprio casi in cui in trasmissioni televisive sono state usate espressioni considerate agrammaticali; in un solo caso la sequenza è invece usata spontaneamente all’interno di un articolo (“[Betty Ford] ha poi incoraggiato le milioni di persone che si trovano o si sono trovate nella sua stessa posizione...”).

Va anche ricordato che in italiano esistono altri contesti di quantificatore numerale plurale + di + nome plurale, nei quali il quantificatore è un nome femminile: decine, dozzine, centinaia, migliaia. Queste costruzioni, se usate con un nome dipendente maschile, costituiscono l’immagine speculare di quella finora indagata, milioni di + nome femminile plurale. Se cerchiamo sul corpus la Repubblica 1985-2000 le sequenze “decine / centinaia / migliaia di uomini sono”, troviamo solo esempi in cui il predicato è accordato al maschile plurale, quindi con uomini, e non con il quantificatore numerale femminile (oltre ad alcuni casi in cui non si hanno elementi in accordo: sono in fuga, sono al lavoro). E cosa succede quando questi quantificatori numerali femminili plurali sono preceduti da un articolo? La mia competenza mi dice che l’articolo deve essere femminile, ma un corpus di italiano anche sufficientemente sorvegliato, quale quello di la Repubblica 1985-2000, ci offre 8 casi di i centinaia e addirittura 20 casi di i migliaia, in contesti quali i seguenti: “i centinaia di palestinesi sparsi nel mondo”, “i centinaia di cellulari appartenenti a enti pubblici”, “i centinaia di migliaia di turisti che arriveranno”, “i migliaia di volumi della biblioteca di Palmiro Togliatti”, “i migliaia di tedeschi orientali che arrivano ad Ovest”, “i migliaia di studenti che sono scesi nelle strade”, “i migliaia di chilometri di costa che abbiamo”. Senz’altro si tratta di un uso minoritario, dato che nello stesso corpus le sequenze le centinaia e le migliaia hanno oltre mille occorrenze ciascuna; tuttavia, non sembra di essere di fronte a lapsus o a casi isolatissimi. Anche nel corpus di libri in italiano digitalizzati da Google le sequenze i centinaia, i migliaia non sono assenti.

In conclusione: l’accordo semantico con un Nome2 dipendente da un quantificatore numerale come centinaia, migliaia, milioni è la norma quando l’elemento che si accorda è un predicato; questo rende comprensibile il fenomeno osservato, per cui, in una minoranza di casi, l’accordo semantico si estende all’articolo che precede il quantificatore numerale; in testi di italiano standard, l’estensione dell’accordo semantico all’articolo sembra più avanzata con decine, centinaia, migliaia, mentre è ancora decisamente marginale con milioni. L’uso consigliabile, quindi, è ancora quello di accordare al maschile l’articolo che si riferisce a milioni: i milioni di dosi / di stelle / di persone, non “le milioni”.

Cita come:
Anna M. Thornton, I milioni o le milioni di parole?, “Italiano digitale”, XVII, 2021/2 (aprile-giugno), pp. .

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