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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Droplet: piccole gocce nell’oceano dell’informazione

Miriam Di Carlo

PUBBLICATO IL 29 aprile 2020

Se non fosse stato per il dilagare dell’epidemia scatenata dal nuovo coronavirus [LINK] Sars-CoV-2 probabilmente non ci saremmo mai imbattuti nel termine droplet, ovvero tecnicamente ‘l’insieme di goccioline di saliva emesse dalla bocca quando si parla, si starnutisce o si tossisce, la cui grandezza può essere di 5 o più micron’. La parola viene usata come termine specialistico della medicina per indicare il veicolo di trasmissione di alcune malattie infettive ma possiamo ben dire che oggi droplet circola anche al di fuori della letteratura scientifica, registrando nelle pagine in italiano di Google ben 239.000 risultati (ricerca del 16/4/2020). Ad oggi il termine risulta essere registrato solamente come Neologismo 2020 nella sezione dedicata alle parole nuove della Treccani on line. Droplet è un termine di origine inglese, composto dalla base drop ‘goccia’ con l’aggiunta del suffisso diminutivo -let (mutuato dal francese -lette). All’interno dell’Oxford English Dictionary, droplet compare con il significato generico di ‘a minute drop’ (cioè ‘una goccia minuta’) sotto cui viene inserito il sintagma droplet infection con cui si indica ‘infection conveyed by fine droplets of mucus sprayed into the air when a person opens his mouth to speak, cough, etc.’ ovvero ‘infezione contratta attraverso fini goccioline di muco, disperse nell’aria quando una persona apre la bocca per parlare, tossire, ecc.’ [traduz. mia]. In inglese droplet appartiene anche al lessico specialistico e infatti con il significato cui facciamo riferimento compare all’interno dei dizionari dedicati al lessico tecnico di Medicina e Salute:

A small drop of fluid such as mucous secretion, technically a drop just visible to the naked eye, that can remain airborne briefly and may be projected for distances up to 1 to 2 meters by sneezing, even by talking. It is a common source of person-to-person spread of pathogenic organisms. [piccola goccia di fluido come per esempio secrezione di muco, tecnicamente una gocciolina appena visibile a occhio nudo che può rimanere in aria per un breve periodo e può cadere a distanza di 1 o 2 metri quando si starnutisce o anche quando si parla. È una comune fonte di diffusione di organismi patogeni da persona a persona. Traduz. mia] (Miquel Porta, John M. Last, A Dictionary of Public Health, Oxford, Oxford University Press, 2018, ad vocem).

In relazione all’epidemia di Covid-19, droplet compare sui quotidiani americani e inglesi assieme ad altri determinanti che ne circoscrivono e specificano il significato come ad esempio respiratory droplets.

In italiano il termine droplet compare all’interno dei testi di medicina o di profilassi tecnica legata alle strutture assistenziali a partire dai primi anni del 2000; in particolare la prima attestazione rintracciata risale al 2002:

L’obiettivo dell’utilizzo di abbigliamento specifico per la Sala Operatoria è quello di ridurre la dispersione aerea di microorganismi, scaglie cutanee, droplet. (Regione Liguria, Sicurezza nelle strutture sanitarie, Linee guida per i blocchi operatori, 25/9/2002)

Sempre a partire dal 2002, all’interno dei testi specialistici legati alla descrizione della trasmissione delle malattie infettive o alla descrizione dei dispositivi di profilassi delle stesse, compare anche il sintagma droplet nuclei con particolare riferimento alla trasmissione della tubercolosi:

La tubercolosi si trasmette prevalentemente per via aerea, cioè attraverso l’inalazione di particelle infette, i cosiddetti “droplet nuclei”, emessi, nell’atto del tossire, starnutire, parlare, o cantare, da una persona con TB [tubercolosi] polmonare o laringea non in trattamento. (Azienda Sanitaria Locale Viterbo, Valutazione del rischio di trasmissione della malattia tubercolare tra gli operatori sanitari, Viterbo, Servizio Prevenzione e Protezione, 18/3/2002)

Il composto largo all’inglese droplet-nuclei (ovvero ‘nuclei di goccioline’) indica l’insieme delle goccioline ancor più piccole di quelle indicate con il termine droplet, che non superano i 5 micron di diametro e che rimangono sospese nell’aria. Infatti mentre i droplet che contengono il virus responsabile dell’infezione vengono emessi dal soggetto infetto e colpiscono direttamente l’altro soggetto veicolando la malattia, nel caso dei droplet nuclei il soggetto infetto emette alcune goccioline la cui grandezza, non essendo soggetta a gravità, permette loro di rimanere sospese nell’aria. Il soggetto non infetto, inspirando l’aria che contiene i droplet nuclei, inserisce in maniera indiretta all’interno del suo organismo il virus. La differenza tra droplet e droplet nuclei riguarda non solo la grandezza delle goccioline ma anche il raggio d’azione di esse: mentre i droplet nuclei, rimanendo sospesi nell’aria, possono infettare chiunque passi all’interno della nuvola di aria infetta, i droplet possono infettare solamente chi si trova nel raggio medio di 1,82 metri di distanza dal soggetto infetto. La profilassi legata ai droplet nuclei risulta essere più rigorosa contemplando anche modalità di disinfezione dell’aria mentre nel caso dei droplet la profilassi si riduce alla distanza minima da tenere tra le persone.

Premettendo ciò, i testi che presentano la parola droplet dal 2002 fino alla comparsa del coronavirus Sars-CoV-2 nel 2020 sono di ambito specialistico e inseriscono il termine sempre legato al suo significato medico ovvero quello di ‘insieme di goccioline di saliva che trasmettono organismi patogeni portatori di malattie infettive’. In particolare la parola droplet risulta avere una frequenza maggiore in concomitanza di alcune ondate d’influenza come quella aviaria legata al virus H7N9 (in Europa intorno al 2005-2006), quella suina per coronavirus H1N1 (altrimenti detta SARS o influenza A, tra il 2005 e il 2009 e poi ricomparsa a ondate intermittenti) e la cosiddetta MERS, anch’essa dovuta a un coronavirus e il cui primo caso è stato registrato nel 2012:

Il coronavirus (SARS) si trasmette tramite droplets, aerosol di secrezioni respiratorie, contatto diretto o indiretto con secrezioni della persona infetta. I droplets si possono depositare sulle superfici ambientali e/o suppellettili. I droplets possono essere raccolti con le mani nude o i guanti e trasmessi a se stessi, ad altre persone o a oggetti (Coordinamento interregionale per il controllo delle malattie infettive e le vaccinazioni, La sindrome acuta respiratoria severa -SARS. Raccomandazioni per la prevenzione e il controllo, 10/2003, p.101)

La trasmissione di infezioni attraverso droplet è una forma di trasmissione da contatto ma richiede particolari considerazioni. I droplet sono goccioline superiori a 5 micron di diametro generati dal paziente tramite starnuto, tosse o durante procedure di broncoaspirazione, broncolavaggio e broncoscopia. (Direzione Medica Presidio Ospedaliero Sirai, Prevenzione della Trasmissione delle infezioni correlate alle pratiche assistenziali, 6/2009, p. 21)

A livello morfologico bisogna considerare due aspetti: uno riguardante il plurale e uno il genere grammaticale. Per quanto riguarda il plurale, in alcuni casi si registra la forma inglese con -s finale ma nella maggior parte degli usi invece si privilegia l’invariabilità, coerentemente con quanto avviene per i forestierismi non adattati (si veda la scheda di Raffaella Setti sul plurale dei forestierismi). L’invariabilità è anche sostenuta e rafforzata dal significato tecnico: infatti droplet in ambito specialistico non indica la singola gocciolina di saliva (che di per sé potrebbe anche essere innocua), quanto tutto ‘l’insieme di goccioline di saliva tramite cui potrebbe avvenire il contagio’: in questo caso si potrebbe considerare il termine come un nome collettivo anche se tale uso si alterna a quello che indica una singola unità (ovvero ‘una gocciolina’). Per quanto riguarda il genere grammaticale, nei due esempi sopra riportati è maschile, ma moltissimi sono i casi in cui, come nella prima attestazione, esso non emerge a causa della frequente assenza di determinanti (soprattutto articoli):

Precauzioni per standard e per droplet. [...] Patologie infettive per le quali, oltre allo standard, sono indicate le precauzioni per droplet. (Azienda Sanitaria Locale Marche, Protezione da agenti biologici: precauzioni per specifici agenti infettivi, s.d.).

I DPI che devono essere indossati dal personale incaricato della raccolta di campioni biologici in pazienti sospettati di contagio da virus dell’influenza aviaria rientrano in quelli indicati nella protezione di barriera per agenti trasmessi airborne o mediante droplet. (R. Fiocca, G. Icardi, Protocollo per a diagnosi rapida di casi sospetti di infezione da virus influenzale A/H5N1 ad alta patogenicità, Genova, Azienda Ospedaliera Universitaria “San Martino”, p. 10)

In alcuni casi invece droplet compare al femminile. Si tratta di sporadici esempi ma comunque significativi in cui la scelta del genere femminile è dovuta al fatto che in italiano il traducente tramite cui si scioglie il significato della parola è femminile (gocciolina). Tra questi spicca un testo emesso dal Ministero della Salute:

Fornire al soggetto una mascherina chirurgica al fine di evitare il più possibile la diffusione di droplet espulse con tosse, starnuti. (Ministero della Salute – Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, Febbri Emorragiche Virali (FEV). Raccomandazioni e indicazioni per il trasporto, p. 23)

Il genere prevalente risulta comunque essere il maschile, la cui diffusione è stata agevolata probabilmente dall’associazione con ‘insieme di goccioline’. Inoltre, sempre relativamente al lasso di tempo che va dal 2002 (anno della comparsa in testi in lingua italiana) fino al febbraio 2020 (quando il termine comincia non essere impiegato più solamente in testi specialistici) bisogna rilevare un problema di carattere semantico. Se è vero che droplet significa ‘gocciolina’ o meglio in ambito tecnico ‘insieme di goccioline attraverso cui si trasmettono le malattie infettive’, risultano ridondanti sintagmi come particelle droplet (in cui viene usato in funzione aggettivale) o droplet di goccioline, particolarmente frequenti nei testi di ambito specialistico e non:

Precauzioni atte ad evitare la trasmissione di microrganismmi [sic] per contatto, per via aerea e tramite goccioline di droplet (precauzioni di isolamento). (Stefano Reggiani, Funzioni, compiti e responsabilità del Direttore Sanitario/Tecnico, Modena, Ordine Provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri, 8/5/2007)

Precauzioni per contatto mediante particelle droplet (Egidio Ceccarelli, Rischio biologico, Medicina del Lavoro, Università degli Studi di Sassari).

Il virus, i cui sintomi sono spesso indistinguibili da quelli di altre malattie respiratorie, con tosse e febbre, «si trasmette, come molti dei patogeni che interessano le via aeree superiori ed inferiori, con le goccioline di droplet che il paziente può emettere nell’ambiente con le sue secrezioni, tosse, espettorato o starnuto» spiega il dottor Emanuele Nicastri, direttore delle Malattie Infettive e Tropicali dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. (Nicla Panciera, Mers, la nuova sindrome che allarma l’Oriente, lastampa.it, 23/6/2019)

Arriviamo ora a fine gennaio 2020, momento in cui droplet comincia a circolare in maniera considerevole anche in testi di ambito non strettamente specialistico. Da questo momento fino ad oggi il termine droplet è stato utilizzato sia con il significato tecnico scientifico finora trattato, sia con altre accezioni rilevate dal Ministero per le Politiche Europee: 

Se, fortunatamente, il nostro Ministero della Salute fa riferimento a “goccioline di saliva” e a “goccioline del respiro”, nel linguaggio comune “droplet” è piombata come una meteora insieme al pesante fardello dell’infezione da CoVid-19… E tutti i media, accomunati dallo sforzo di non tradurla, la usano per indicare:

  • una modalità di trasmissione (trasmissione droplet - droplet transmission)
  • un nuovo criterio di sicurezza, in riferimento alla distanza che si deve mantenere tra due persone per evitare il contagio (precauzioni da droplet ovvero distanza droplet - droplet precautions)
  • una vera e propria norma, e in quel caso Droplet è addirittura scritto con la lettera maiuscola - regola Droplet (Ministero per le Politiche Europee, Europarole: droplet, politicheeuropee.gov.it, 27/3/2020)

Confrontando le varie occorrenze sui quotidiani, molti sono gli esempi in cui, sebbene i giornalisti inseriscano la traduzione del termine (letteralmente ‘gocciolina’), droplet viene usato indicando un criterio, una norma, una regola. Alla base di tale associazione ci potrebbe senz’altro essere una semplificazione semantica: partendo dal criterio o dalla norma o dalla regola per cui bisogna mantenere la distanza minima per evitare il contagio da droplet si è arrivati al criterio, alla regola, alla norma del droplet e anche solo “criterio/norma/regola droplet”: 

evitare incontri collettivi in situazioni di affollamento in ambienti chiusi (es. congressi, convegni), privilegiando soluzioni di comunicazione e di colloquio a distanza, o in alterativa dare disposizioni di rispettare il “criterio di distanza droplet” (almeno 1 metro di separazione tra i presenti). (Confindustria Venezia, Covid-19, gestione della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, confindustria.venezia.it, 9/3/2020)

E con il provvedimento appena entrato in vigore in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, a Savona e Pesaro-Urbino si introduce la regola ‘droplet’, affinché venga garantita la distanza tra le persone di almeno un metro l’una dall’altra in tutti i bar, ristoranti, pub, negozi, musei e chiese. (s.f., La chiave è il “droplet”, cosa significa la regola per contrastare il contagio da coronavirus, huffingtonpost.it, 2/3/2020)

Il Droplet è una delle novità introdotte dal governo per contrastare la diffusione del Coronavirus in Italia. Si tratta di una regola, un parametro fondamentale, per cui bisogna garantire la distanza di almeno un metro tra le persone nei luoghi aperti al pubblico [...]. Tenendo conto del concetto di Droplet, gli standard di sicurezza al momento richiedono un metro di distanza per consentire la riapertura dei luoghi attualmente chiusi in via precauzionale, come chiese e bar. Uno dei primi esempi di applicazione del criterio del Droplet si è visto ieri in Vaticano per gli ingressi a Piazza San Pietro in occasione dell’Angelus del Papa. (Silvana Palazzo, Droplet, cos’è: la distanza da tenere per contrastare il contagio da Coronavirus, il sussidiario.net, 2/3/2020)

Come si evince da quest’ultimo esempio, sempre con maggiore frequenza nei giornali la parola droplet ha finito per indicare la ‘distanza di sicurezza minima da tenere tra le persone per evitare il contagio’ e con tale significato circola in maniera considerevole: 

La grande novità è proprio il droplet, la «distanza di sicurezza» di un metro (Nico Riva, Droplet, la distanza di sicurezza per evitare il contagio dal Coronavirus: cos’è e che significa, leggo.it, 2/3/2020)

Il vocabolario dell’emergenza sanitaria, economica e sociale che è partita dalla Cina e ora si è diffusa anche in Italia si arricchisce ogni giorno di nuove parole. L’ultima, in ordine di tempo, è «droplet», la distanza di un metro che si deve mantenere tra due persone per ridurre il rischio contagio. (An.Man., Coronavirus: A di Amuchina, D di droplet, V di vaccino. Le parole dell’emergenza, ilsole24ore.com, 2/3/2020)

Quindi anche se bar, ristoranti e locali non sono citati in modo esplicito, in teoria devono consentire il mantenimento di una distanza interpersonale di almeno un metro, il cosiddetto “droplet” [...]. Le chiese anche per loro vale la norma igienica generale: la Cei infatti ha dato via libera alle Messe nelle aree non a rischio, ma rispettando il “droplet”. (s.f., s.t., repubblica.it, 6/3/2020)

Ad oggi non mancano esempi in cui la parola viene usata secondo il suo significato tecnico scientifico, ma bisogna rilevare che, soprattutto nella prima fase dell’emergenza sanitaria, tali occorrenze risultano nettamente minoritarie rispetto a quelle in cui a droplet si associa ‘distanza’. A rafforzare quest’uso ci sono state alcune dichiarazioni di governatori locali, tra cui il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, il quale in diverse occasioni ha suggerito di “rispettare il droplet”:

I tre governatori delle Regioni dove sono registrati i maggiori casi di contagio da coronavirus chiedono al governo «di cercare di coniugare le indicazioni del mondo scientifico – spiega Zaia – con le esigenze di tutti i giorni». Dunque: «Apertura di musei, cinema e teatri, rispettando il cosiddetto droplet, ovvero la distanza di un metro tra le persone, e il contingentamento delle presenza [sic]» (s.f., Coronavirus, l’idea del “droplet”: cinema musei e chiese aperti ma distanza minima un metro tra le persone, ilgazzettino.it, 1/3/2020)

“Voglio ribadirlo – ha aggiunto Zaia -: le attività non devono restare chiuse ma rispettare il ‘droplet’, la distanza di sicurezza. Non è vietato aprire ma bisogna fare sì che clienti siano separati e che ci sia contatto”. (s.f., Coronavirus, Zaia: attività economiche devono rispettare droplet, askanews.it, 9/3/2020)

A livello semantico bisogna considerare quale sia la corretta distanza associata alla profilassi per la trasmissione da droplet: infatti se i testi specialistici consigliano una distanza che varia da 1 metro e mezzo a 2 metri, essendo la media di 1,82 la distanza accertata affinché i droplet non raggiungano una persona non infetta, nei testi divulgativi legati all’epidemia di Covid-19 si consiglia la distanza di 1 solo metro: il cosiddetto metro droplet:

Anche qui però si devono evitare assembramenti e rispettare il metro di distanza, il cosiddetto “droplet”. Lo stesso criterio è adottato per chi vuole fare allenamento, all’aria aperta. (Jacopo Ricca, Ecco che cosa cambia per le tre province nuove zone arancione, repubblica.it, 10/3/2020)

Distanza di sicurezza 1 metro “Droplet”. (post Depliant informativi Coronavirus, ecco qualche esempio, in ottuno.it)

Queste inesattezze semantiche derivano da un’errata associazione tra la parola droplet e la distanza di sicurezza raccomandata all’interno dei testi istituzionali emanati dal Governo (come i numerosi D.P.C.M) in cui peraltro non viene mai usata la parola droplet ma le diciture distanza di almeno un metro, distanza di sicurezza, distanza interpersonale di sicurezza (si veda ad esempio il decreto-legge del 25/3/2020, n. 19, art. 1, lettera u) e gg), p. 2 della “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, anno 161, 79 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/2020/03/25/79/sg/pdf). All’interno dei testi del Ministero della Salute e dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità) viene usata la parola droplet esplicitando sempre il suo significato tecnico anche quando ci si rivolge direttamente alla popolazione e al personale specialistico:

Benedetta Allegranzi (Prevenzione e controllo delle infezioni, Oms, Ginevra) parla della vestizione e svestizione con dispositivi di protezione individuale per precauzioni da contatto e droplet. (Covid-19: Vestizione e svestizione con dispositivi di protezione individuale, salute.gov.it, 23/3/2020)

Il virus rimane attaccato alle superfici delle confezioni dei prodotti? Il virus può sopravvivere da qualche ora a qualche giorno se le superfici non vengono pulite o disinfettate o non sono esposte a sole e pioggia, ma è molto sensibile ai disinfettanti a base di cloro e alcol. Ricorda che il nuovo coronavirus si trasmette attraverso le goccioline (droplet) o per contatto attraverso le mani, quindi la cosa fondamentale è rispettare le norme igieniche per le mani e il distanziamento. (ISS, Consigli per fare la spesa al supermercato e nei negozi di alimentari, epicentro.iss.it, 20/3/2020)

Dal 3 aprile 2020 i giornali cominciano a registrare maggiori occorrenze della parola associata al significato di ‘insieme di goccioline tramite cui può verificarsi il contagio’. Tale tendenza si deve agli articoli di giornali che riportano le parole di Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, il quale durante la conferenza stampa sull’andamento dell’epidemia, chiarisce quali siano le conoscenze scientificamente fondate sulle modalità di trasmissione del virus. Infatti in precedenza era circolata l’ipotesi che la trasmissione potesse avvenire anche attraverso aria infetta (ovvero droplet nuclei, come nel caso della tubercolosi) e, a tal proposito, la notizia viene smentita da Brusaferro in questi termini:

"Non abbiamo evidenze per dire che il virus circoli nell’aria. I dati che abbiamo a livello epidemiologico ci dicono che le principali vie di trasmissione sono per droplet e per contatto. La trasmissione per via aerogena era stata ipotizzata e dimostrata in contesti particolari, specie in ambito sanitario. Ma la letteratura internazionale conferma il fatto che droplet e contatto sono i veicoli principali d’infezione". Lo ha detto il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, nel punto stampa sull’andamento dell’epidemia. (Paola Caruso, Valentina Santarpia, Silvia Morosi, Paolo Foschi, Coronavirus, le ultime notizie dall’Italia e dal mondo, corriere.it, 3/4/2020).

Non si può parlare di due vere e proprie fasi semantiche del termine poiché usi di droplet nel suo significato tecnico-specialistico esistevano anche prima della dichiarazione di Brusaferro, così come persistono tutt’oggi casi in cui droplet viene associato a significati sostanzialmente estensivi:

Fenomeno più evidente nei supermercati della grande distribuzione con persone in attesa fino a un’ora nel parcheggio: armati di pazienza, e per lo più attenti a rispettare il droplet, il metro di distanza, dal quartiere Aurelio al Centro. (Maria Egizia Fiaschetti, Chiusure pasquali, assalto ai market E al Nomentano intervengono i vigili, roma.corriere.it, 11/4/2020)

Possiamo collegare le due accezioni del termine alle due fasi dell’epidemia nel nostro paese: una fase in cui ci si preoccupa di mantenere una vita il più simile possibile a quella che si conduceva prima della quarantena e in cui i supposti problemi del contagio sembravano poter essere ovviati attraverso una blanda profilassi basata sul metro di distanza. Una fase in cui la presa di coscienza della gravità della situazione e della forte contagiosità del virus (che ha continuato a trasmettersi massicciamente anche dopo la serrata definitiva della maggior parte delle attività produttive e di commercio) ha portato a una riconsiderazione generale delle possibilità di trasmissione anche attraverso droplet nuclei. Inoltre il significato di ‘insieme di goccioline potenzialmente infette’ è stata rafforzata dalla diffusione delle indicazioni sui dispositivi di protezione individuale, in particolare le mascherine. Tra i decaloghi delle tipologie di mascherine oppure anche nei manuali di istruzioni per la produzione di mascherine domestiche, si elencano morfologie di mascherine anti-droplet e tessuti anti-droplet, ovvero ‘anti-goccioline’, coerentemente con il significato tecnico-specialistico della parola.

Tutte le problematiche semantiche relative a droplet hanno suscitato non poche considerazioni circa l’adozione di forestierismi non adattati, soprattutto durante un’emergenza sanitaria nazionale in cui la lingua dovrebbe veicolare significati trasparenti e facilmente comprensibili a tutti. In questa direzione si è mosso il Presidente onorario dell’Accademia della Crusca, il prof. Sabatini, che ha avuto modo di esprimere le sue opinioni sia attraverso un articolo pubblicato sul “Corriere della Sera”, sia attraverso lo spazio dedicato al Pronto Soccorso Linguistico all’interno del programma televisivo “Mattina in famiglia” in onda tutte le domeniche su Rai Uno:


“Allora ragazzi, in questa occasione le parole sono importantissime per raggiungere tutti. Lo sentiamo: tutti devono essere avvertiti di comportarsi in un certo modo. Quindi, bisogna usare le parole più chiare possibili. Droplet è una parola inglese che significa ‘schizzi di sputo’, ‘schizzi di saliva’, o ‘goccioline di saliva’. Ma possibile, l’ho sentito anch’io, che non si capisce che usando un termine così tecnico-specifico, non ci facciamo capire? E quindi schizzi di saliva: non abbiate pudore, non lo so che cosa, di nominare le cose con il loro nome”. (Pronto Soccorso Linguistico in “Mattina in Famiglia” di Rai1, 22/3/2020)

Ormai bisogna comunque constatare che la parola è entrata negli usi correnti di questo periodo e viene usata molto spesso nel significato esteso di ‘distanza di sicurezza per evitare il contagio’, che convive con quello tecnico scientifico che fa invece riferimento a una modalità di contagio.  

Seppur mai registrata all’interno dei dizionari in lingua italiana, bisogna ricordare che la parola droplet ‘gocciolina’, già circolava in maniera metaforica in altri ambiti d’uso: quello informatico (in cui le droplet, prevalentemente femminili, possono essere piccole applicazioni, script, icone o mini programmi, anche vere e proprie impostazioni all’interno di programmi come Photoshop); quello dell’ingegneria agraria (nelle macchine agricole irroratrici) e del giardinaggio (una sorta di timer che fa scattare l’irrigazione ma anche lo stesso impianto a gocce); in quello della fisica e della meteorologia (per indicare le piccolissime gocce di condensa); della chimica e anche della fertilità maschile; l’ambito dei materiali, sia in relazione a quei materiali che dovrebbero presentare una compattezza microscopica esente da droplet, sia per quei materiali che dovrebbero essere anti-droplet, ovvero che non fanno condensare l’acqua sulla loro superficie. Insomma droplet esiste(va) in molti lessici tecnici, ma ormai, inevitabilmente, tutti questi usi appaiono sbiaditi e, consultando le occorrenze di droplet in questi ultimi mesi, sembrano addirittura scomparsi o almeno sommersi dallo ‘sciame di goccioline’ invasore che, con l’epidemia si è appropriato di tante attività della nostra vita precedente.  

Cita come:
Miriam Di Carlo, Droplet: piccole gocce nell’oceano dell’informazione, “Italiano digitale”, XIII, 2020/2 (aprile-giugno), pp. .

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