Consulenze linguistiche | OPEN ACCESS SOTTOPOSTO A PEER REVIEW Falsi sinonimi: omesso / omissatoSergio LubelloPUBBLICATO IL 14 aprile 2020
Quesito: Qualche lettore chiede se il termine omissato, invece di omesso, sia corretto. Falsi sinonimi: omesso / omissatoSgombriamo subito il campo dall’equivoco: il participio passato di omettere è omesso; il termine in questione, omissato, non è una variante di omesso, cioè non è un participio di omettere, ma è una forma che risale alla stessa origine latina (il verbo omittere) per via diversa. Alla base c’è un latinismo, omissis, espressione e sostantivo maschile invariabile, abbreviazione della formula ceteris rebus omissis ‘omesse le altre cose’, che, nella riproduzione di un testo e soprattutto di un documento legale o per scopo legale, serve a indicare che vengono omesse parole o nomi propri o intere frasi che per varie ragioni si ritiene di non dover riprodurre (in quanto estranee all'argomento o alla finalità per cui la riproduzione è fatta o in quanto riguardano veri o presunti segreti di stato che non si devono divulgare). L’omissis è molto frequente negli atti notarili nel caso di informazioni non ritenute indispensabili per chi legge oppure per rispetto della privacy; lo stesso succede in atti normativi in cui o per ragioni di brevità o per evidenziare subito la norma di cui si tratta si omettono parti di testo (come articoli di legge); negli atti giudiziari l’omissis serve a proteggere la privacy o, nel caso di indagini aperte e in corso, il segreto istruttorio. Il latinismo omissis è documentato dal secondo Ottocento (lo registra il dizionario Tommaseo-Bellini) anche se si diffonde più capillarmente a partire nella seconda metà del Novecento grazie alla stampa periodica (nella cronaca riguardante casi giudiziari, inchieste, indagini della magistratura, ecc.); in particolare si veda lo stralcio tratto da “Panorama” (del 27 settembre 1977, p. 40): “Molti loro documenti sono ancora segreti, altri arrivano ai giudici mutilati, con gli ormai famosi ‘omissis’”. Negli ultimi decenni gli omissis sono diventati nel linguaggio politico-giornalistico sinonimo di segreti che si vogliono lasciare tali (“un documento pieno di omissis”) oppure hanno il significato ancora più esteso di ‘le parti tralasciate; le cose non dette’ (“relazione con molti omissis”; “confessione con vari omissis”): il termine è insomma uscito dall’ambito più tecnico, giuridico-amministrativo, per indicare un tema, un argomento importante che è taciuto o ignorato deliberatamente in uno scritto o in un discorso. Dal latinismo omissis è stata derivata – sembrerebbe negli anni ’90 del ’900 - la forma verbale in -are, omissare, che significa ‘coprire con un provvedimento di omissis’, il cui participio, omissato, è usato con funzione aggettivale ‘coperto di omissis’ (nome omissato, informazione omissata, frase omissata ecc.). Questa è la trafila, per così dire, etimologica. Ma vediamo qualche dato in più sulle attestazioni e sulle registrazioni lessicografiche. Documentato per la prima volta in un articolo della “Stampa” del 23 aprile 1994 (p. 11, Interno), omissare (specie nella forma omissato) costituisce un tecnicismo che attiene a settori precisi, giudiziario e amministrativo, come si ricava dalle varie attestazioni giornalistiche fornite dai repertori e recuperabili attraverso la ricerca in Google libri; ne riportiamo solo alcune più significative che chiariscono l’ambito e il contesto d’uso (si veda in particolare la seconda attestazione, dal “Corriere della sera”, in cui Vittorio Grevi definisce il termine omissato un “terribile neologismo”). [...] nel corso degli interrogatori sono stati sottoposti agli indagati i contenuti di numerose intercettazioni. In una è stato omissato il nome di Franco Coppi, che comunque risulta “persona estranea alle indagini”. (“Corriere della sera”, 17/3/1996, p. 4)
[Antonio] Catricalà ha spiegato che Unicredit ha scelto di adottare “regole generali di astensione per evitare conflitti di ruolo e Chinese Walls (muraglie cinesi) per evitare scambi di informazione”. Le misure prevedono che i consiglieri in conflitto di interesse ricevano un ordine del giorno del Cda “omissato” per quanto riguarda i punti relativi a investment banking e assicurazioni. I consiglieri dovranno inoltre lasciare la riunione quando i punti saranno discussi. (“Il Piccolo”, 14/2/2008, p. 6, Economia & Porto) Il Viminale [...] gli ha negato il programma di protezione per aver parlato della trattativa e degli interlocutori politici di Cosa nostra oltre il termine previsto dalla legge, e [Gaspare] Spatuzza si difende: “Quando ho deciso di collaborare sapevo che con le mie dichiarazioni avrei fatto riaprire processi già chiusi, e quindi sapevo di entrare in conflitto con la magistratura, con la polizia, con in servizi segreti e con la politica. Ero da solo, ho avuto paura e ho deciso di omissare alcune questioni. Giuridicamente ho sbagliato ed è giusto che venga punito per questo, ma moralmente ritengo di aver fatto la scelta giusta”. (“Corriere della sera”, 4/2/2011, p. 20, Cronache) Diviene così opportuno invitare i magistrati a scelte oculate nel redigere i provvedimenti giudiziari: “Si attengano a onere di sobrietà contenutistica, eventualmente valutando se omissare (così nel documento, ndr), nelle conversazioni comunque rilevanti, i riferimenti a cose o persone, se non strettamente necessari”. (“Avvenire”, 30/7/2016, p. 9, Attualità). Il termine, dunque, è non solo recente ma anche raro e di ristretto uso scritto, tanto che è tuttora assente da molti dizionari monovolume: è invece registrato (e datato 1996) nella seconda edizione del GRADIT (del 2007, che non registra, invece, omissare), nel repertorio dei Neologismi Treccani (s.v. omissare e omissato), nell’Osservatorio dei neologismi italiani, ONLI, e nel Supplemento 2009 del GDLI.
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