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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Chiarimenti su contrabbando e su un aggettivo derivato

Franz Rainer

PUBBLICATO IL 05 dicembre 2025

Quesito:

Un lettore desidera conoscere il senso e l’etimologia di contrabbando; un altro ha dubbi sulla legittimità dell’aggettivo contrabbandiero.

Chiarimenti su contrabbando e su un aggettivo derivato

L’etimologia di contrabbando è già stata spiegata soddisfacentemente nel DELI. Si tratta di una voce documentata per la prima volta nel veneziano medievale, ma adottata poi anche in italiano a partire dai tempi moderni. L’esempio più antico nel TLIO è del 1291: “Anchora lib. IIJ de grosi [...] li chontrabandi” (Nicolo Zanasini, Elenco di denari e di oggetti ricevuti, in Testi veneziani del Duecento e dei primi del Trecento, a cura di Alfredo Stussi, Pisa, Nistri-Lischi, 1965, p. 19). Mentre questa prima attestazione, per l’esiguità del contesto, non permette di dedurne chiaramente il significato, la seguente dell’anno 1366 è perfettamente esplicita: “Cum ço sia cosa ch’el vegna fatte molte gratie de contrabandi e defraudanto li dacii del Comun e contra li ordeni” (Il Capitolare degli Ufficiali sopra Rialto. Nei luoghi al centro del sistema economico veneziano (secoli XIII-XIV), a cura di Alessandra Princivalli e Gherardo Ortalli, Milano, Editrice La Storia, 1993, pp. 16-94).

Come nel linguaggio attuale, contrabbando si riferiva dunque al fatto di introdurre merci senza pagare il dazio previsto dalla legge (bando significava “annuncio, ordine o decreto pubblicamente comunicato per volere di un’autorità”, sempre secondo il TLIO; grazie è usato qui nell’accezione ormai obsoleta di ‘riduzione del carico fiscale’). Dobbiamo dunque assumere che l’espressione, già nelle sue prime attestazioni, fosse una condensazione ellittica di un sintagma nominale più complesso non attestato in cui contrabbando fungeva da modificatore (“merce, commercio, ecc. [di] contrabbando”).

Per quanto riguarda l’aggettivo derivato contrabbandiero, sull’esistenza del quale si sono “a lungo accapigliati” il lettore che ci scrive e i suoi interlocutori, è vero che non è ancora registrato da molti dizionari ma lo attesta, sotto il lemma contrabbandiere, per lo meno lo Zingarelli nella X edizione del 1970 (“organizzazione / nave contrabbandiera”), e le attestazioni in rete non mancano. Il motore di ricerca Google trova 4.300 pagine che contengono l’aggettivo nella forma maschile singolare in -o, fra cui l’articolo Le nuove rotte del contrabbando pubblicato nel 2004 sul sito Poliziamoderna.it, in cui l’aggettivo ricorre ben sei volte: “attività contrabbandiera”, “traffici contrabbandieri”, “via contrabbandiera”, “organizzazioni contrabbandiere” (due volte), “il fenomeno contrabbandiero”. L’aggettivo può dunque vantarsi del sigillo della Guardia di Finanza.

Anche dal punto di vista morfologico, la parola ha le carte in regola. L’italiano ha mutuato fin da uno stadio molto antico il suffisso -ier dal francese e dall’occitano, soprattutto in nomi di agente in -iere come falconiere (sec. XIII, GRADIT), con occasionale adattamento del suffisso alla classe flessiva maggioritaria in -o/-a, come in condottiero (av. 1348, GRADIT), adattamento che però non è stato generalizzato nei nomi. In quella fase antica erano ancora assenti gli aggettivi relazionali in -iero; infatti, ancora oggi esistono pochi aggettivi paralleli in -iero di voci di questo strato antico, come barbiere, cancelliere, doganiere, giardiniere, panettiere, tesoriere, ecc. Fra le eccezioni menzioniamo strada carrettiera, cioè “adatta alle carrette, carri o carrettieri”, espressione – senz’altro mutuata dal francese dove voie charretière appare poco prima – ben documentata a partire dal 1798 (Raccolta delle leggi, ed atti del corpo legislativo della Repubblica Ligure, Genova, Franchelli, vol. II, p. 199) ma non più accolta nel GRADIT, che dice l’aggettivo “CO [comune] solo nella loc[uzione]” [pasta] alla carrettiera.

L’uso relazionale di -iero è dovuto a una seconda ondata di gallicismi che, come l’esempio appena citato, arriva in italiano a partire dalla seconda metà del Settecento, quando questi aggettivi si adottano soprattutto per designare tipi di navi: nave bombardiera (1784, “Gazzetta universale”, XI, p. 295), cannoniera (1790, Giordano Riccati, Commentario, Venezia, Stamperia Coletti, p. 22), negriera (1814, Simone Stratico, A marine vocabulary in three languages, Milano, Dalla Stamperia Reale), baleniera, petroliera, carboniera, ecc. In francese, vaisseau négrier è attestato fin dal 1722 (Jean Baptiste Labat, Nouveau voyage, Parigi, chez Theodore le Gras, vol. I, p. 456), capitaine négrier persino dal 1685 (TLFi). Un secolo più tardi, ma soprattutto durante il Novecento, l’uso è stato esteso a tutto il campo economico-commerciale, in espressioni come industria saponiera (1864, Antonio Caveri, Giurisprudenza commerciale italiana, Genova, presso l’Uffizio di Direzione, vol. IV, parte III, p. 35), petroliera (1879), conserviera, gelatiera, profumiera, risiera, ecc. La scelta del suffisso -iero/a sembra essere favorita dall’esistenza di un sostantivo parallelo in -iere o anche in -iera (cfr. cappelliera/ industria cappelliera, formaggiera/ produzione formaggiera, tabacchiera/ industria tabacchiera, ecc.), ma tale esistenza non costituisce una condizione né sufficiente né necessaria, come abbiamo visto sopra.

Scafo contrabbandiero, la causa dell’accapigliamento linguistico fra il lettore e i suoi interlocutori, è dunque un neologismo che s’inserisce bene nel lessico italiano, specie per la sua ovvia vicinanza al gruppo delle designazioni di navi. Conta già, fra l’altro, 287 pagine sul motore di ricerca Google (25/7/2025). L’esistenza del sostantivo contrabbandiere può aver contribuito alla scelta del suffisso, a scapito di -istico: contrabbandistico è anche possibile, ma meno frequente.


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