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Consulenza linguistica | OPEN ACCESS SOTTOPOSTO A PEER REVIEW Infatti e in effetti, tra conferma, motivazione e opposizioneAngela FerrariPUBBLICATO IL 17 novembre 2025
Quesito: Sono molte le domande arrivate in redazione che riguardano il rapporto tra infatti e in effetti; altre domande riguardano anche la forma difatti. Infatti e in effetti, tra conferma, motivazione e opposizioneQual è il significato del connettivo infatti? Che posizione può occupare all’interno della frase? Con quali segni interpuntivi va accompagnato? Sono domande difficili, come quasi sempre i quesiti che riguardano in generale l’uso dei connettivi, cioè di quelle espressioni che offrono indicazioni su come collegare un enunciato con il contesto in cui compare (Ferrari 2024, s.v. connettivo); e ciò sia per ragioni concettuali – il significato dei connettivi è spesso plurivoco e altrettanto spesso sfumato – sia per ragioni formali – la loro manifestazione sintattica, interpuntiva o prosodica è poco rigida e fortemente influenzata dal genere testuale e dalla varietà linguistica che li accolgono –. Nel caso di infatti, la difficoltà è ancora più marcata, perché questo connettivo conosce alternative morfologicamente vicine quali in effetti, difatti, effettivamente o anche di fatto, da cui non è immediato sapere quanto e come si distingua. Dare una risposta a domande come queste non ha solo un interesse teorico; come ci dicono i nostri lettori, ciò è particolarmente utile anche in una prospettiva applicata: certamente agli insegnanti di italiano L1 quando si trovano a voler spiegare le loro correzioni; ma anche ai traduttori e agli insegnanti di italiano L2 nei casi in cui devono fissare o escludere equivalenze con altre lingue. In questa sede, ci concentriamo sui connettivi infatti e in effetti ragionando sul loro uso nell’italiano contemporaneo sulla base di un saggio molto ricco di Benedetta Rosi intitolato La causalità tra subordinazione e giustapposizione nell’italiano contemporaneo scritto e parlato e corredato da una ricca bibliografia a cui rimandiamo, e tra i cui titoli spiccano un lavoro in prospettiva contrastiva di Corinne Rossari, uno studio di Vincenzo Lo Cascio e un intervento di Maria Silvia Rati (cfr. Rossari 1994, Lo Cascio 1991 e Rati 2015). Le analisi proposte si basano su impieghi reali individuati in un ampio corpus di testi scritti di carattere funzionale (vs letterario), con obiettivo espositivo, esplicativo e argomentativo. Per le ragioni viste sopra, ci limiteremo a cogliere il valore fondamentale, o centrale, dei connettivi, e più che di regole d’uso parleremo di tendenze d’uso. 1. Il connettivo infatti Come illustra l’esempio reale seguente *AGO: i film di Woody Allen / son belli quando c’è lui // l’uso confermativo è tipico degli scambi conversazionali orali, ma lo si può trovare anche nello scritto, e non solo nel discorso riportato. A volte emerge per esempio quando chi scrive abbandona una narrazione, una descrizione o un’argomentazione per introdurre un commento riguardo a un contenuto che precede, come nel caso seguente, dove con infatti, dopo che la partita in questione ha avuto luogo, si segnala che la previsione fatta in precedenza era corretta (“oggi sarà dura”): Alcuni della pattuglia che lavora sulla Samp, prima della partita, dicevano: Oggi sarà dura, i blucerchiati sono cotti. Infatti. Hanno giocato alla pari per mezz’ora poi [···] sono stati stritolati [···]. (CORIS_Stampa_Quotidiani) 1.2. Infatti di motivazione Reggio festeggia questa sua «vittoria del tricolore» e sembra che anche il cielo sia benevolo con la città: splende infatti la prima neve sui tetti dei palazzi, illuminata da un sole festoso. (PUNT-IT_141_Repubblica_08.01.1986_Politica) Tale relazione sottende sempre un ragionamento – più o meno complesso a seconda dei casi – che poggia su un sapere condiviso, spesso implicito, che gli dà forza esplicativa o argomentativa. In questo senso la relazione di motivazione può essere vista come speculare alla relazione di consecuzione espressa da quindi: “Ha scelto di fare una festa familiare: infatti, sono stati invitati solo gli amici più intimi” / “Sono stati invitati solo gli amici più intimi; quindi, ha scelto di fare una festa familiare”. Ogni volta che si utilizza infatti si ragiona, non ci si limita a esprimere un legame causale; basta pensare alla differenza tra “Se n’è andato prima del previsto perché era molto stanco” e “Se n’è andato prima del previsto; infatti era molto stanco”: nel secondo caso, si suggerisce che la stanchezza è uno stato psico-fisico che spiega in generale il fatto di non tardare ad andarsene. La manifestazione del connettivo tra giustapposizione e coordinazione. Poiché segnala un vero e proprio atto di motivazione, infatti predilige manifestarsi in un enunciato autonomo rispetto a quello che accoglie il fatto o il giudizio motivati. I due enunciati – quello che è motivato e quello che motiva – sono caratteristicamente separati da un segno interpuntivo forte: i due punti (come nell’esempio precedente), il punto e virgola, o il punto, come qui sotto: I sei spazzini arrestati per il presunto complotto […] potrebbero far causa a Scotland Yard, hanno detto al «Daily Mail» fonti della polizia. Infatti, i sei uomini […] sono stati rilasciati nella notte tra sabato e domenica senza alcuna accusa a loro carico. (PUNT-IT_33_Messaggero_Veneto_21.09.2010) La scelta dei due punti esplicita il fatto, connaturato al concetto stesso di motivazione, che il secondo enunciato è funzionale al primo. Non per questo i due punti sono tuttavia quantitativamente più rappresentati del punto fermo; la selezione dell’uno o dell’altro segno sembra legata piuttosto alla lunghezza e alla complessità linguistica dei due segmenti: tanto maggiori sono queste due proprietà, tanto più elevata è la possibilità di veder apparire un punto fermo. Anche se la manifestazione naturale di infatti vuole un enunciato autonomo, ed è caratteristicamente preceduto da un segno di interpunzione forte, è dato riscontrare anche casi in cui le due frasi che articola sono separate dalla sola virgola, come nei due esempi seguenti: Le condizioni del mare sono cambiate rispetto al mattino, infatti si è alzato un maestrale abbastanza teso però non ci scoraggiamo. (Salvatore, Spigola a traina con il vivo, biggame.it, ottobre 2009) L’uomo non è certo migliore di altri, infatti è riuscito a sopravvivere solo grazie ad una sfortuna sfacciata; adesso però è in cerca di sua figlia Stacy. (Nick Parisi, recensione a Olivier Peru, Sophian Cholet, Zombies, Reggio Emilia, Saldapress, 2015, Nocturnia.blogspot.com, 18/4/2025) Come ci si aspetta, nella scrittura controllata, si tratta tuttavia di una soluzione poco rappresentata. Tranne nei casi in cui le strutture connesse siano brevi, si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una cosiddetta virgola splice, cioè a una virgola che fa l’operazione testuale che dovrebbe spettare al punto. In generale, nella scrittura contemporanea, quest’uso della virgola al posto di un segno interpuntivo più forte si sta molto diffondendo; nei testi scritti standard, resta tuttavia un impiego che continua a essere sentito come marcato: a seconda dei contesti, a essere valutato cioè come un uso approssimativo della punteggiatura o come la scelta voluta ed esibita di uno stile colloquiale. Si noti che diverso è il caso della configurazione in cui infatti si combina con la congiunzione e, e tende ad avere un valore confermativo: Mi ha detto che si sarebbe impegnato(,) e infatti, inaspettatamente, lo ha fatto. La distribuzione del connettivo. Dal punto di vista morfosintattico, infatti è un avverbio, e come tale gode di una grande flessibilità per quanto riguarda la sua distribuzione nella frase che lo ospita, come illustra il seguente paradigma artificioso ma rappresentativo di esempi (in cui appositamente non compaiono virgole, questione su cui ci soffermeremo qui sotto): La luce è spenta. Infatti Gianni è partito. La luce è spenta. Oggi infatti Gianni è partito. La luce è spenta. Gianni infatti è partito. La luce è spenta. Gianni è infatti partito. La luce è spenta. Gianni è partito infatti da un’ora. La luce è spenta. Gianni è partito da un’ora infatti. Passando dalla distribuzione potenziale alla realtà della comunicazione scritta, dal corpus contemporaneo analizzato risulta però che non tutte le posizioni sono ugualmente rappresentate. Il connettivo infatti predilige una posizione interna all’enunciato tra soggetto e predicato o dentro il predicato; segue la posizione in apertura di enunciato; è scarsamente rappresentata la posizione conclusiva, più presente nel parlato. La combinazione con la virgola. Quando il connettivo compare in posizione interna all’enunciato, si riscontrano senza prevalenze quantitative vistose sia l’assenza di punteggiatura sia la sua inserzione tra due virgole: Più che gli Ebrei, furono però i Greci a tentare una prima classificazione sistematica del mondo animale e vegetale. Aristotele dedicò infatti al primo i tre libri […]. E il suo allievo e successore Teofrasto allargò […] l’attenzione al secondo mondo […]. (PUNT-IT_42_Darwin_Odifreddi) Occorre, prima di tutto, soffermarsi sul significato della parola «bandito». Questo termine, infatti, è connotato alla fine del Medioevo da una certa ambiguità semantica. (PUNT-IT_227_Bandito_Baja) Si riscontra un’alternanza paritaria di presenza e assenza della virgola anche nel caso in cui infatti apre l’enunciato. All’esempio con la virgola visto sopra (“Infatti, i sei uomini ecc.”) si può aggiungere il seguente senza virgola: Una deroga mi pare difficile. Infatti la filosofia di Basilea 2 è molto chiara: il patrimonio delle banche deve essere valutato a seconda del suo grado di liquidità. (PUNT-IT_294_Corriere_della_Sera_01.05.2007_Editoriali) Nei pochi casi in cui il connettivo chiude l’enunciato, esso è invece sempre preceduto da una virgola. Basta pensare alla stranezza del primo esempio di contro alla maggiore naturalezza del secondo: La luce è spenta. Gianni è partito da un’ora infatti. La luce è spenta. Gianni è partito da un’ora, infatti. Alla luce della varietà distribuzionale e interpuntiva che caratterizza l’uso di connettivi in forma di avverbio, i linguisti (si vedano ad esempio Ferrari 2018 e Pecorari 2019) si sono chiesti se le diverse possibilità potessero incidere sull’interpretazione del testo. La valutazione è controversa. Così per esempio, se c’è tendenzialmente accordo nel ritenere che la collocazione in apertura di enunciato dia rilievo al connettivo e alla relazione logica che esso indica, sul ruolo della virgola circolano punti di vista diversi. C’è chi sostiene che, quando il connettivo apre l’enunciato, la presenza della virgola suggerisca al lettore che il movimento argomentativo è ampio, che va oltre l’enunciato in cui compare concretamente il connettivo: un’ipotesi che tuttavia, secondo altri studiosi, non regge alla prova dei fatti. Non è chiaro neppure l’effetto prodotto dalla coppia di virgole che accompagna il connettivo in posizione interna: focalizzazione? o al contrario creazione di un inciso? o ancora, nessuna differenza comunicativa? È necessaria ulteriore ricerca. La nostra impressione è tuttavia che nel caso di infatti e degli altri connettivi avverbiali (dunque, tuttavia ecc.) la scelta o meno della virgola sia fondamentalmente una questione di stile, dove entra certamente in gioco la valutazione dell’equilibrio che viene ad avere l’intero assetto interpuntivo dell’enunciato – troppe virgole danno forma a uno spezzettamento dell’informazione deleterio per la lettura – ma anche il gusto personale. 2. Il connettivo in effetti Tra i due connettivi ci sono però anche delle differenze. Come abbiamo già osservato, anzitutto nello scritto in effetti è dieci volte meno utilizzato di infatti. In secondo luogo, il suo significato è più sfuggente, per certi aspetti più vago e per altri più vario. Per quanto riguarda il suo valore di motivazione, l’impressione – difficile da confermare concretamente – è che in effetti sia più ricco. Da una parte sembra emergere una componente polifonica, legata all’impiego confermativo che caratterizza fortemente il connettivo nel parlato: con in effetti, si suggerisce che l’argomentazione e la spiegazione siano già state proposte o che siano attese o addirittura scontate; dall’altra si sente, legato all’etimologia della parola, un riferimento alla realtà dei “fatti” (su cui torneremo). Entrambi gli aspetti sono illustrati dai due esempi seguenti: Ne consegue che, se Frontino ha ignorato il fattore velocità (della cui determinazione, in effetti, non si fa parola nel trattato), tutte le sue misurazioni non hanno alcun senso per noi che vogliamo sapere quanta acqua arrivava veramente a Roma. (PUNT-IT_143_Frontino_Cioli) A Tokio gli appassionati hanno cominciato a fare la fila il giorno prima per assicurarsi uno dei 350 posti, mentre a Londra si sono presentati 200 fan. L’asta, in effetti, offriva una gamma sorprendente di oggetti. (CORIS_Stampa_Quotidiani) Gli altri significati di in effetti. Accanto agli impieghi di conferma e motivazione, il nostro connettivo conosce anche altri usi, che di volta in volta lo avvicinano a espressioni come effettivamente, di fatto, in realtà ecc. Tra questi altri usi, vi è in particolare quello di opposizione, illustrato dall’esempio seguente: Sembra efficace, rapido e intelligente. In effetti non è brillante quanto sembra. È un uso riconosciuto in genere dai dizionari, in particolare dal Sabatini-Coletti (2006, s.v. effetto) in cui si parla di uso “avversativo-limitativo”, e si offrono gli esempi seguenti: In effetti, poi tutto è andato bene / In effetti, bisognava procedere in altro modo. Colpisce il fatto che nel pur ampio corpus di riferimento su cui si basa l’analisi di Rosi 2022 l’uso oppositivo non sia presente. In generale, l’impressione è che con questo valore si preferisca piuttosto ricorrere al più univocamente oppositivo di fatto oppure a in realtà. All’espressione in effetti viene inoltre riconosciuto un impiego che lo fa uscire dai confini della classe dei connettivi in senso stretto; in Mandelli 2008 si parla di uso avverbiale, che troviamo nei due testi che seguono: Ogni lingua è per sua definizione una realtà fluida e dinamica in continua evoluzione, una realtà mutevole, sottoposta alle incessanti sollecitazioni dell’uso, per cui […] codificarne in qualche modo le ‘regole’ significa compiere un’operazione fondamentalmente impropria: si rischia infatti di presentare come cristallizzato e definitivo ciò che in effetti non lo è. (LISULB_DID_MANU_Gramm; lisulb.unibas.ch) Se i nostri esempi non fossero scanditi da due unità tonali, ma da un’unica unità tonale di tipo assertivo, […] la struttura sintattica di tali esempi sarebbe diversa da quella che in effetti è. (LISULB_DID_MANU_Gramm) In questi esempi è chiaro che in effetti non collega enunciati, come fanno per definizione i connettivi, ma opera all’interno della frase, dove si aggancia al predicato verbale; potrebbe essere sostituito con “nella realtà dei fatti” o “nei fatti”. Si osservi che nel primo esempio questa analisi di in effetti è confermata ex negativo dal fatto che l’espressione si combina senza ridondanza con la presenza del connettivo infatti. Più in generale l’analisi è inoltre avallata anche dal fatto che la nostra espressione può manifestarsi come fuoco informativo dell’enunciato, collocato dopo il predicato senza soluzione di continuità interpuntiva o intonativa, il che non è possibile con i connettivi veri e propri: Il lettore con competenza semantica dell’italiano può verificare che è quanto succede in effetti. (Mandelli 2008, p. 441) 3. Per concludere, appunti su infatti nella storia dell’italiano Qui, focalizzandoci su infatti, osserviamo che esso fa parte di quella classe di espressioni che, dapprima provviste di un valore referenziale, assumono via via – prima in alcuni contesti, poi sempre – un valore grammaticale, o meglio “procedurale”: alla fine del percorso non indicano entità del mondo, ma danno indicazioni su come interpretare altri contenuti. È il cosiddetto processo di grammaticalizzazione, rappresentato paradigmaticamente dal rafforzativo della negazione mica, che in latino e nelle prime attestazioni aveva il significato referenziale di ‘briciola’. Semplificando drasticamente possiamo dire che nei primi secoli in fatti non univerbato poteva essere usato in una serie di costrutti in cui fatti era sostantivo e denotava ciò a cui si riferisce ancora oggi la parola fatti quando non funge da connettivo. Si può pensare all’esempio “il reggimento [del comune] richiede molte e grandi cose […] in fatti e ’n detti. In fatti è la ragione delle cittadi” di Brunetto Latini (La Rettorica, 1261); o ancora dal Novellino (fine XIII sec.) a: “Dunque pare che voi amate lo vostro Dio in senbianti e in parole, ma no in fatti”. Poi, attraverso una serie di passaggi che Domenico Proietti descrive in modo particolareggiato, a partire dal Settecento, con accelerazioni e frenate, con variazioni da un genere testuale all’altro, l’espressione si salda in un’unica parola e diventa un connettivo provvisto di una sua propria semantica. Nota bibliografica:
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