Consulenza linguistica | OPEN ACCESS

SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Sul participio presente di verbi riflessivi e pronominali

Stefano Telve

PUBBLICATO IL 14 novembre 2025

Quesito:

Alcuni lettori hanno manifestato perplessità a proposito dell’accettabilità dell’uso al plurale del participio presente di verbi riflessivi o pronominali, più raro rispetto all’uso al singolare: ad es. situantisi a fronte del più comune situantesi; una lettrice ci scrive di aver “rinvenuto all’interno dei dotti manuali” di diritto la forma adeguantesi in luogo di adeguatosi.

Sul participio presente di verbi riflessivi e pronominali

Il participio presente è del tutto abituale nell’italiano di oggi nella funzione di aggettivo (si pensi a desolante, ingombrante, trionfante) o anche di sostantivo (brillante, credente, latitante), ma lo è molto meno nella funzione originaria di verbo vero e proprio.

Con questa funzione il participio presente circola soprattutto in àmbito giuridico-amministrativo, che del resto abbonda anche di participi presenti con i due valori appena ricordati di aggettivo (danno emergente, diritto prevalente, giudizio pendente, lucro cessante, norma vigente ecc.) e di sostantivo (adottante, alienante, appellante, contraente, inadempiente, mandante, ricorrente ecc.). Ecco dunque espressioni in cui il participio presente ha valore predicativo, vale a dire è un verbo che regge un complemento: “atti eccedenti l’ordinaria amministrazione”, “i genitori esercenti la potestà”, “il diritto di regresso sui beni della comunione spettanti al coniuge”, e così via.

In àmbito giuridico-amministrativo il participio presente è insomma impiegato molto di frequente e in modo molto versatile, probabilmente per soddisfare non solo le ragioni stilistiche che sono tradizionalmente proprie del genere ma anche, al tempo stesso, per ragioni di sintesi. Ed è probabilmente per questa sua tipicità nel linguaggio giuridico che è stato preferito adeguantesi rispetto al più corrente adeguatosi nel testo che ci ha segnalato la lettrice Sarah R..

Detto questo, è però un fatto che il tipo di participio presente su cui richiamano l’attenzione i nostri lettori, cioè il participio di un verbo riflessivo, è ancora più raro, e tanto più al plurale.

In letteratura è possibile incontrarlo ancora a metà Novecento (“era una delle molte ragazze che considerano gli avvenimenti pubblici come svolgentisi in un universo separato”, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, 1958; “E allora vidi che le chiome infinite non erano vegetali, ma cupole e cascate e piramidi di usignoli riuniti, ammucchiati, intrecciantisi e raddoppiantisi, che cantavano, storditi dallo stesso vento del loro cantare...”, Giovanni Arpino, L’ombra delle colline, 1964), ma oggi i participi presenti riflessivi sono di fatto appannaggio dei soli testi burocratici, giuridici, amministrativi e in generale tecnici (come nell’espressione pioggia congelàntesi ricordata dalla lettrice Maria A. M.), anche se a chiunque può capitare di incontrarli sfogliando un vocabolario, dove questa forma può ricorrere nella definizione della parola per ragioni di sintesi: casella “spazio segnato, sulla carta, da linee orizzontali e verticali intersecantisi” si legge ad esempio nello Zingarelli 2026.

L’uso del participio presente al singolare al posto del regolare plurale ipotizzato da qualche nostro lettore per evitare la rarità del plurale (ad es. nella frase “Le forme tipiche dello sviluppo, susseguentesi gradualmente nella direzione univoca del tempo”) va però scoraggiato. Non solo per l’ambiguità che genererebbe nella fattispecie del nostro testo (il participio presente finirebbe con accordarsi a sviluppo, non a forme), ma perché, più in generale, non può essere la rarità di una forma a indurre l’utente a venir meno alle abituali regole di concordanza morfologica, che nei testi istituzionali attuali continuano a essere invece opportunamente rispettate:

Tutte le spese riferentisi allo svolgimento delle indagini sono a carico del bilancio del Senato (Il regolamento del Senato, capo VI, art. 48; dal sito del Senato della Repubblica italiana);

Partecipazione dal 2000 ad alcune ricerche locali svolgentisi presso l’Università di Parma (dal sito dell’università di Parma);

I docenti opereranno, per le classi prime e seconde, la scelta […] del libro di testo relativo all’insegnamento della religione cattolica, per gli alunni avvalentisi, e del libro di testo per la lingua straniera prescelta (Circolare Ministeriale 24 dicembre 1996, n. 767, edscuola.it [già nel sito del Ministero dell’istruzione e della ricerca]).

È forse però interessante notare che l’ipotesi di riformulazione proposta dall’utente potrebbe essere suggerita da certe (eccezionali) violazioni di accordo riscontrabili nei testi giuridici proprio in presenza di un participio presente, stante, come nella frase “stante le disposizioni di legge già richiamate” dove stante dovrebbe essere correttamente stanti. C’è però da considerare che si tratta appunto di eccezioni o di sviste e che l’eccezione può trovare una motivazione profonda, interna ai meccanismi linguistici: l’uso tipicamente giuridico di stante spinge infatti a reinterpretare il participio non tanto come verbo ma come preposizione e dunque come elemento invariabile: si consideri d’altra parte che oggi noi diciamo “nonostante le brutte premesse…” e non più nonostanti come pure si diceva secoli fa, quando l’espressione era ancora percepita come un participio presente verbale preceduto da negazione. Se il participio stante/stanti, che ancora oggi si accorda per numero al sostantivo, finirà con l’assumere le funzioni e le caratteristiche di una preposizione vera e propria e non più quelle del verbo, ce lo dirà la storia della nostra lingua futura.


Copyright 2025 Accademia della Crusca
Pubblicato con Attribution - Non commercial - Non derivatives (IT)