Consulenza linguistica | OPEN ACCESS SOTTOPOSTO A PEER REVIEW Ministero dell’interno o degli interni?Michele A. CortelazzoPUBBLICATO IL 24 settembre 2025
Quesito: Sono giunte all’Accademia alcune richieste relative alla denominazione del Ministero che si occupa dell’organizzazione interna della Repubblica: si chiama Ministero dell’interno o Ministero degli interni? Andrea F. da Milano domanda sinteticamente “se l’utilizzo della forma al plurale in riferimento al Ministro sia da ritenere corretta, o se la sola versione al singolare sia di uso corretto”; Carlo Alberto Z., da Campione d’Italia, chiede, con qualche particolare in più: “è sbagliato, oppure no, declinare al singolare dell’interno quando per esteso è ministro degli affari interni?”. Infine Giuseppe M., di Vicenza, ritiene che la variante Ministero degli interni sia errata «in quanto l’“interno” dello stato italiano è uno, nel senso che esso non ha colonie o altro. Durante il regime fascista, infatti, con l’invasione dell’Albania, della Libia ed Eritrea, si poteva giustamente menzionare il “Ministero degli Interni”. Sicuramente si fa erroneamente riferimento a quel periodo, generando nell’ascoltatore o lettore una giustificata confusione». Ministero dell’interno o degli interni?La risposta potrebbe essere laconica: il Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 “Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997”, ha istituito 12 ministeri, tra i quali il Ministero dell’interno. Alcuni ministeri hanno nel frattempo cambiato nome, per ragioni di riorganizzazione delle competenze (per esempio nel 2020 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca è stato suddiviso nel Ministero dell’istruzione, ora Ministero dell’istruzione e del merito, e nel Ministero dell’università e della ricerca e nel 2021 il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo è stato suddiviso in Ministero della cultura e Ministero del turismo) o in seguito all’affermarsi di una nuova visione delle competenze del Ministero (così, per fare qualche altro esempio, nel 2014 il Ministero degli affari esteri ha cambiato denominazione in Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; nel 2021 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è stato ridenominato Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e nel 2022 il Ministero delle attività produttive è stato ridenominato Ministero delle imprese e del made in Italy). Sia nel 2021 sia nel 2022 hanno cambiato denominazione anche altri Ministeri; ma il Ministero dell’interno ha mantenuto sempre la stessa denominazione. E con questo il discorso potrebbe considerarsi chiuso. Le domande che sono giunte all’Accademia testimoniano, però, l’esistenza di una forma alternativa corrente, ben documentata nella stampa. Bastino tre esempi tratti da testate diverse, dislocati nell’ultimo ventennio: nel 2005, il 2 dicembre, “La Stampa” ha scritto, a p. 6: «Su questa telefonata interviene Cuffaro, il quale tiene a smentire che “mie conversazioni telefoniche con il presidente del Consiglio e con il ministro degli Interni abbiano mai riguardato presunte rassicurazioni sugli esiti della mia vicenda giudiziaria”»; nel 2015 (il 21 novembre, p. 14) il “Corriere della sera” ha dato la notizia che una mamma “aveva saputo da un’altra mamma, che lavora al ministero degli Interni, che l’Isis voleva colpire proprio i giovani”; recentemente “la Repubblica”, nelle cronache sulla morte di papa Francesco (25 aprile 2025, p. 2) ha scritto che “oltre 100.000 persone hanno visitato la camera ardente di Francesco nelle prime due giornate di apertura al pubblico. A confermarlo è stato il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi”. L’oscillazione tra Ministro dell’interno e Ministro degli interni emerge, però, anche nei documenti ufficiali. Ne è un esempio lampante il resoconto stenografico della seduta della Camera dei deputati del 20 settembre 1957, nel quale il ministro Tambroni viene etichettato due volte come Ministro dell’interno, ma una volta come Ministro degli interni. Ma possiamo citare anche testi ufficiali precedenti, scelti a titolo esemplificativo: una sentenza delle Sezioni riunite della Corte di cassazione, la n. 1543 del 22 giugno 1948, nella quale viene citata “la circolare […] 13.12.35 del Ministro degli interni”, o il Regio decreto legge 29 ottobre 1922, n. 1394 (“che dà facoltà al ministro delle finanze di esentare alcuni Istituti dal prestare cauzione a garanzia delle gestioni di ricevitorie provinciali ed esattorie delle imposte dirette”), emanato “sulla proposta del Nostro ministro, segretario di Stato per le finanze, di concerto col presidente del Consiglio dei ministri, col ministro degli interni e col ministro del tesoro”. La mancanza di una forma standardizzata nell’uso corrente, anche ufficiale, risale ad ancora prima dell’unificazione d’Italia. Nei resoconti delle “tornate” della Camera dei deputati del Regno di Sardegna del maggio 1848, troviamo sia la dicitura ministero degl’interni sia ministero degli affari interni (cui si aggiunge nel 1859, nel Codice di procedura penale per gli Stati di S. M. il Re di Sardegna, la variante Ministro Segretario di Stato per gli Affari dell’Interno), ma anche ministro dell’interno (una volta anche in un passo contiguo a quello in cui si nomina il ministro degli esteri, che avrebbe potuto favorire l’uso del plurale). Da queste citazioni si potrebbe dedurre che la determinazione dell’interno si riferisca al ministro, mentre quella degl’interni o degli affari interni vada riferita al ministero. Ma non è così. Anzi, in documenti che fanno uso di entrambe le denominazioni, la distribuzione può essere esattamente l’opposta: è quel che accade in numerosi decreti del re Vittorio Emanuele II, sia negli anni immediatamente precedenti all’unità, sia dopo la proclamazione del regno d’Italia. Per esempio, nel regio decreto 10 giugno 1860, n. 4128, emanato “sulla proposizione del Ministro Segretario di Stato per gli Affari dell’Interno”, si stabilisce che “la pianta numerica degli Uffiziali ed Impiegati del Ministero dell’Interno è stabilita nel modo seguente…” (e le stesse denominazioni, con la stessa oscillazione, si trovano nel regio decreto 9 ottobre 1861, n. 255, fondamentale per la riorganizzazione del ministero). Appare chiaro, quindi, che, indipendentemente dalle denominazioni ufficiali (e indipendentemente anche dal mutare di funzioni e competenze del ministero, in un processo che è stato ben descritto da Giovanna Tosatti, nel volume Storia del Ministero dell’Interno. Dall’Unità alla regionalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2009), non si è stabilizzata, neppure nelle scritture ufficiali, una terminologia univoca e diverse varianti si alternano in forma libera. Ricercando le fonti normative (grazie a Google libri e alla preziosa banca dati unificata dell’Istituto di informatica giuridica e sistemi giudiziari del CNR), ho trovato la prima menzione del ministero di cui ci stiamo occupando, creato come replica del corrispondente ministero francese, nella Costituzione della Repubblica Cisalpina del 1797, che all’art. 150 prevede che “Il Corpo Legislativo determina di attributi de’ Ministri, che saranno sei, cioè uno di Giustizia, uno di Guerra, uno di Affari Esteri, uno di Affari Interni, uno di Polizia, ed uno di Finanze” (e nella premessa, dove viene formalizzata la nomina dei ministri, con la momentanea eccezione proprio di quello dell’interno, l’organo che ha emanato il documento si riserva, con dicitura coerente, “di passare quanto prima all’elezione dell’altro Ministro per gli Affari interni, le di cui funzioni saranno frattanto supplite dal Ministro di Polizia”). Il nome è, quindi, quello di Ministro di (o per gli) Affari interni, parallelo alla denominazione del Ministro di Affari esteri. Tuttavia, Erasmo Leso, Lingua e rivoluzione. Ricerche sul vocabolario politico italiano del triennio rivoluzionario 1796-1799 (Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, 1991), ci attesta che la denominazione ufficiale ha sofferto, nello stesso anno, e in contesti istituzionali (cioè nei dibattiti delle Assemblee della Repubblica Cisalpina), della concorrenza del francesizzante ministro dell’interiore e di ministro dell’interno (che era già stato usato, ma in sede giornalistica, nell’anno precedente). In altre fonti normative, troviamo Ministro dell’interno nel 1802, nella Costituzione della Repubblica Lucchese, dove compare tra i sottoscrittori “Mencarelli Ministro dell’Interno”, ma nell’art. 13, viene usata, anche se non in legame con ministro o ministero, la polirematica affari dell’interno (“Il Consiglio Amministrativo si compone degli Anziani, e di quattro Magistrature, che avranno l’ispezione degli affari dell’Interno, della Giustizia, della Polizia, della Forza Armata, delle Relazioni Estere, della direzione delle Acque, Strade, e Fabbriche pubbliche, e delle Finanze”). E la stessa soluzione, che si pone, quindi, come terza opzione, si presenta nello Statuto albertino del 1848, firmato, tra gli altri, da Borelli “Ministro e Primo Segretario di Stato per gli affari dell’Interno”. Nella prima metà dell’Ottocento si alternano, poi, in costituzioni e statuti di diversi stati italofoni, ministro degli affari interni (nella Costituzione politica del Regno delle Due Sicilie del 1821) e ministro dell’interno, più frequente (1808, Statuto costituzionale del Regno di Napoli, e di Sicilia; 1831, Costituzione delle Provincie unite Italiane; 1850, Ordinanza sovrana del 17 luglio 1850, con cui si stabilisce l’organizzazione giudiziaria per la Dalmazia, emanata dall’imperatore Francesco Giuseppe – qui nella versione tedesca si usa la forma del tutto parallela di Ministerium des Innern). Pur in presenza di una varietà di forme, non mi è occorso di trovare, in documenti normativi, minist(e)ro degli interni, che compare, se non ho visto male, solo nel 1942, nel Codice della navigazione (nell’art. 231: “La navigazione nei corsi e negli specchi d’acqua, che attraversano centri abitati o sono nelle vicinanze dei medesimi, è sottoposta anche alla osservanza delle norme stabilite da regolamenti comunali, approvati dal ministro per le comunicazioni di concerto con quello per gli interni”). La dicitura ministero degli interni è dunque una forma diffusa anche in testi ufficiali, ma non in fonti normative. Nasce evidentemente da un accorciamento della variante, storicamente risultata soccombente rispetto a Minist(e)ro dell’interno, e cioè Minist(e)ro degli affari interni. L’abbreviazione è del tutto parallela a quella che da Minist(e)ro degli affari esteri porta al non ufficiale, ma ampiamente diffuso, Minist(e)ro degli esteri. Alla luce della ricostruzione esposta, possiamo concludere così: è fuori discussione che l’unica dicitura corretta sul piano formale sia Ministro (o Ministero) dell’interno. Tuttavia, non si può censurare, nel linguaggio comune, l’uso della variante degli interni, in quanto gode di ampia diffusione, persino in testi ufficiali (ma non in testi normativi). Chi, invece, produce testi formali (interventi parlamentari, sentenze, ma anche resoconti giornalistici) dovrebbe evitare di ricorrere a questa forma impropria, non autorizzata da fonti normative. In riferimento ad alcuni dei commenti di chi ci interpellato, possiamo aggiungere due corollari. Il primo: dire che la denominazione per esteso è ministro degli affari interni è inesatto sul piano sincronico e nasce, forse, dalla persistente analogia con il ministro degli affari esteri (si potrebbe addurre anche un altro parallelo, che penso, però, non sia di conoscenza comune, quello con il nome della prima commissione della Camera, Affari costituzionali, della Presidenza del consiglio e interni); si tratta, però, di un’osservazione esatta se la trasportiamo sul piano diacronico e della storia iniziale della denominazione. Il secondo: chi suggerisce che la formula plurale possa essersi originata nel periodo coloniale, quando all’interno nazionale si affiancavano gli interni delle diverse colonie, abbraccia una spiegazione che non trova supporto nella storia delle espressioni analizzate.
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