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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Maria Luisa Altieri Biagi: una studiosa e la sua biblioteca

Cristiana De Santis

PUBBLICATO IL 30 giugno 2025

In questo ricordo vorrei tratteggiare la figura di Maria Luisa Altieri Biagi (1930-2017) attraverso lo sguardo un'allieva che l'ha conosciuta nell'ultima fase della sua carriera accademica, e che ha potuto ricostruirne l'intero percorso attraverso un osservatorio specifico: prima la cura (insieme a Fabio Atzori) della sua bibliografia completa (che figura in appendice al mio intervento), quindi la raccolta dei libri di lavoro e delle carte della studiosa: materiali dei quali – grazie alla fiducia della figlia Paola Altieri – ho avviato un primo riordino e una suddivisione tematica in vista della successiva donazione. Una parte di questi è stata donata all'Accademia della Crusca (di cui Maria Luisa Altieri Biagi è stata corrispondente dal 1988, socia ordinaria dal 1997), grazie all'interessamento della prof.ssa Nicoletta Maraschio e dell'allora Presidente, prof. Claudio Marazzini, che accolse la proposta nel 2018; grazie all'impegno dell'attuale Presidente, prof. Paolo D'Achille, è stata avviata la catalogazione del materiale librario e archivistico e reso possibile l'allestimento della mostra "Maria Luisa Altieri Biagi: un'accademica alla sua scrivania", inaugurata questo stesso 7 marzo presso la sede dell'Accademia, grazie alla preziosa collaborazione della dott.ssa Elisabetta Benucci, responsabile dell'Archivio storico.

Un'altra parte della collezione libraria, donata alla Biblioteca del Dipartimento FICLIT dell'Università di Bologna, è ancora in attesa di essere inventariata e resa disponibile per la consultazione. L'idea alla base della suddivisione è stata quella di portare a Firenze quanto potesse alimentare le ricerche (lessicografiche e non solo) sulla lingua scientifica, uno dei filoni più ricchi e originali dell'attività della studiosa, lasciando nella sede bolognese testi e strumenti che avessero un legame più stretto con l'attività didattica svolta a Bologna da Altieri Biagi per oltre quattro decenni, a cavallo tra il mondo dell'università e quello della scuola.

In questa operazione sono state "dissezionate" le diverse anime della studiosa, che in questo ricordo tenterò di ricomporre, come lei ha sempre cercato di fare per la scienza e la letteratura, messe costantemente in dialogo e inserite alla stregua di "trama e ordito nella medesima storia culturale"1.

Figlia di un funzionario statale toscano, Maria Luisa Biagi nasce nel 1930 a Venezia, dove trascorre i primi dodici anni di vita. Si trasferisce quindi con la famiglia a Pisa e di qui a Firenze, dove nel secondo dopoguerra conclude gli studi al liceo classico Galileo e poi all'università (in cui entra all'età di soli 17 anni).

In un'intervista rilasciata al giornale "il Resto del Carlino" il 2 giugno 20122 così racconta:

Seguivo le lezioni di Giacomo Devoto, a Firenze. Erano lezioni affascinanti che spesso si trasformavano in dialoghi. Entrava in aula e riempiva la lavagna di parole indeuropee: dall'India all'Irlanda. Un giorno ci fece notare che una stessa 'radice' significava 'dare' in alcune zone geografiche e 'prendere' in altre. Chiese se ci sembrava strano che concetti così 'opposti' fossero espressi dalla stessa parola. Con un filo di voce risposi che il dare e il prendere potevano conciliarsi in una società che praticava lo scambio in natura: la parola poteva aver significato, in origine, 'scambiare' [...]. 'Come si chiama lei?', chiese Devoto. Bisbigliai il mio nome e lui lo annotò su uno scartafaccio che poi, pubblicato, sarebbe diventato Le origini indoeuropee. Fu un grande onore per me che, da allora, continuai a studiare con Devoto e - per sua indicazione - con Migliorini.

Come ha ricordato Giovanni Nencioni nella lezione magistrale tenuta in occasione del conferimento della laurea honoris causa presso l'Università di Bologna nel 1996, era stato Giacomo Devoto, negli anni in cui "rifondò con compiutezza e metodo moderni l'interrotto Vocabolario della Crusca", a coinvolgere la giovane Altieri Biagi nella "raccolta del lessico tecnico mancante nelle edizioni precedenti del Vocabolario" e nello "studio della sua costituzione e tipologia"3. Da questo humus di ricerche nascono gli studi sulla lingua della scienza e della tecnica che imporranno la figura di Altieri Biagi nel panorama degli studi storico-linguistici: prima sarà la volta di Galilei (1965), al quale continuerà a dedicarsi nell'arco dell'intera carriera, poi di Malpighi (1966) e Mondino de' Liucci (1966), quindi di Francesco Redi (1968); altri ne seguiranno negli anni a venire: il Guglielmo volgare (1970), i trattati ostetrici del Cinquecento (1992), oltre ai tanti testi di scienziati del Seicento e del Settecento antologizzati e commentati4. Lavori che ambivano a smuovere quell'ammasso di produzione libraria che giaceva sotto polvere nelle nostre biblioteche, fatto di testi scientifici ma anche tecnici e pratici5, perché la "storia linguistica" (formula devotiana da lei preferita a quella miglioriniana di "storia della lingua") guardasse all'evoluzione della lingua nella sua complessità,  evitando di isolarla dai suoi rapporti con la storia della società, dell'economia, della scienza6.
A questa produzione si era presto affiancata la riflessione sulla lingua letteraria: prima quella "in scena", della commedia del Cinquecento e del Settecento, in seguito quella del romanzo manzoniano e della prosa del Novecento (Pirandello, Calvino, Buzzati, il veneziano Paolo Barbaro), con affondi anche sulla poesia novecentesca (Ungaretti)7.

Questo interesse per la contemporaneità si era manifestato fin dal 1968 quando, per le edizioni RAI, era uscito il volume La lingua italiana. Storia e problemi attuali, che sintetizzava il Profilo di storia linguistica italiana di Giacomo Devoto (uscito nel 1953), aggiungendovi un'appendice firmata da Altieri Biagi, dedicata alla lingua letteraria del Novecento, un filone di studi al quale la studiosa avrebbe indirizzato molti dei suoi allievi, trasmettendo loro quella stessa "disponibilità intellettuale, curiosità per il nuovo e per il diverso" che le veniva dal suo maestro8.

Tornando al profilo biografico, dopo gli studi universitari e il superamento del concorso per l'insegnamento, la studiosa da Firenze si era trasferita nel 1956 a Cagliari, dove era rimasta per 8 anni, svolgendovi i tirocini per l'insegnamento medio e liceale. Nel ricordare quel periodo scriverà: "A Firenze, negli anni di studio, avevo vissuto fra Università e biblioteca Nazionale; a Cagliari l'unico legame che continuava ad ancorarmi a quel mondo era rappresentato dalla consuetudine epistolare, mai interrotta, con Giacomo Devoto"9. Nondimeno, in quegli anni si era avvicinata all'ambiente universitario cagliaritano, in particolare a Giuseppe Petronio, docente di Letteratura italiana dal 1955 al 1963 presso l'università del capoluogo sardo. A Cagliari, inoltre, Altieri Biagi iniziò a collaborare con Luigi Heilmann (titolare dal 1956 al 1957 della cattedra di Glottologia), un linguista "generale" che ricordava di avere già conosciuto durante un incontro di studio organizzato a Bologna da Giacomo Devoto e da Gino Bottiglioni, e che l'aveva colpita per la "persuasività della sua proposta strutturale"10, applicata anche in ambito dialettologico. Sempre a Cagliari, aveva sposato nel 1958 l'ingegnere Franco Altieri, assumendone il cognome.

Nel 1964, accogliendo l'invito di Heilmann, si trasferisce a Bologna con la famiglia: il ritorno in continente segna di fatto l'avvio della carriera accademica di Altieri Biagi, che, dopo aver ottenuto la libera docenza nel 1965, ricoprirà il ruolo di assistente alla cattedra di Glottologia della Facoltà di Lettere dell'Università di Bologna dal 1967 al 1970. In questo anno vincerà il concorso a cattedra bandito dall'Università di Trieste, dove insegnerà negli anni dello straordinariato, collaborando con Giuseppe Petronio e con la sua scuola. Nel 1974 passerà all'Università di Bologna, dove ricoprirà la cattedra di Storia della lingua italiana: "una disciplina giovane, negli anni Settanta, anche se ben rappresentata dai suoi padri fondatori (Migliorini, Terracini, Schiaffini) e da generazioni di notevoli allievi [, che] soffriva della sua collocazione di confine tra l'area della linguistica e quella dell'italianistica"11. Nell'università bolognese era in primo luogo l'Italianistica a fagocitare la Storia della lingua, a partire "dal presupposto che la lingua italiana fosse essenzialmente quella scritta, di livello letterario, essendo del tutto marginali altri livelli di scrittura e incerto – di fronte alle varietà regionali – lo statuto di un italiano nazionale come lingua parlata"12. Al tempo stesso, si espandeva a Bologna quella "tendenza – tipica della linguistica strutturale – a considerare la linguistica come disciplina autonoma, liberandola dai rapporti con fatti e dati non linguistici"13, col rischio di concepire la lingua come "sistema a sé stante, isolato dalla comunità dei parlanti e dalla loro coscienza linguistica"14.

Altieri Biagi riesce tuttavia a sfruttare a proprio vantaggio una simile condizione "liminare", trasformandola in possibilità di intersezione disciplinare. Entra infatti a far parte dell'Istituto di Filologia Moderna diretto da Ezio Raimondi presso la Facoltà di Magistero, all'interno del quale da un lato collabora con italianisti che coltivavano lo studio della letteratura scientifica (oltre allo stesso Raimondi, il compianto Andrea Battistini e Bruno Basile), dall'altro sperimenta con un nutrito gruppo di colleghi la ricerca applicata alla didattica. Heilmann e Raimondi, dal cui sodalizio era già nata la rivista "Lingua e stile" (nel 1966), avevano creato infatti in quegli anni un Centro di Ricerca per la Didattica dell'Italiano (CRDI), del quale Altieri Biagi diventerà presto una delle anime, insieme con Werther Romani (il primo titolare di una cattedra di Didattica dell'italiano) e letterati come Mario Pazzaglia ed Emilio Pasquini. Con Heilmann, inoltre, Altieri Biagi firma nel 1973 una rivoluzionaria grammatica per le scuole medie superiori: La lingua italiana. Segni/funzioni/strutture – di fatto il primo libro di testo che abbandona la descrizione grammaticale tradizionale (fondata sull'analisi grammaticale e logica) per adottare una prospettiva nuova, di taglio strutturale e funzionale.

Nella Facoltà di Magistero, Altieri Biagi entra poi in contatto con alcuni pedagogisti "illluminati", grandi protagonisti della stagione delle riforme della scuola: in primo luogo Piero Bertolini, che accoglierà nella collana da lui diretta per Mondadori l'innovativo volume di Altieri Biagi Didattica dell'italiano (1978), e affiancherà la studiosa in un progetto di qualificazione professionale del personale direttivo della scuola nella Svizzera italiana; in secondo luogo Franco Frabboni, che la coinvolgerà nella commissione per i Programmi della scuola elementare del 1985 (i cosiddetti programmi Falcucci).

Bologna, del resto, era in quegli anni al centro di un sistema formativo integrato che coinvolgeva università e territorio, insegnanti di scuola e ricercatori a vario titolo, in una serie di ricerche e sperimentazioni a carattere interdisciplinare: sono gli anni della nascita degli asili nido, del tempo pieno a scuola, dei corsi di 150 ore di formazione extra-professionale per lavoratori metalmeccanici (analfabeti o semianalfabeti), delle iniziative di formazione degli insegnanti promosse dagli Istituti di ricerca psicopedagogica istituiti dalla Regione Emilia-Romagna: IRRE prima e IRPA poi15.

In questo processo di ampliamento democratico dell'accesso alla cultura una grande attenzione era stata posta alla ricerca di identità strutturali e interrelazioni tra le discipline che maggiormente contribuiscono alla formazione critica del pensiero: il linguaggio, la logica, la matematica, l'osservazione naturalistica16. Si colloca in questo contesto la collaborazione tra Altieri Biagi e il matematico Francesco Speranza, docente presso l'Università di Parma, che porta alla progettazione di itinerari didattici e materiali ancora oggi capaci di sorprenderci per la portata innovativa e la capacità di attivare una riflessione che parta da osservazione, riconoscimento, manipolazione, classificazione e seriazione di oggetti (naturali e culturali) – operazioni che dovrebbero costituire il fondamento razionale tanto dell'educazione linguistica quanto di quella matematica17.

Anche in questa dimensione più militante dell'operato della studiosa ritroviamo dunque il desiderio di contrastare la divaricazione tra le due culture, scientifica e umanistica, mettendo al centro delle sue ricerche la lingua come "polisistema".

Sul versante scientifico, intanto, gli studi linguistici andavano crescendo; eppure continuava a mancare un profilo di "storia della lingua tecnico-scientifica" che affiancasse quelli disponibili per la lingua letteraria. Come scriveva Altieri Biagi nel 198018, un'opera simile avrebbe dovuto, in primo luogo, mostrare il diverso rapporto tra latino e volgare nelle opere scientifiche: "non solo nel senso di un più protratto alternarsi delle due lingue, nell'arco di questa produzione, ma anche in quello di una più vitale simbiosi fra esse", che garantisce una maggiore "classicità" alla scrittura degli scienziati che sceglieranno il volgare per le loro opere. In secondo luogo, avrebbe potuto dar conto della grande stratificazione di livelli linguistici che caratterizza le scritture scientifiche precedenti la codificazione galileiana e anticipa quella "diaspora" nei diversi sottocodici tipica della situazione attuale. Non ultimo, sarebbe stato possibile restituire a grandi scienziati del passato la corretta caratura: in un'opera simile, Francesco Redi, ricordato nelle storie letterarie come l'autore del Ditirambo in Toscana, troverebbe posto quale geniale autore delle Osservazioni sulla generazione degli insetti; analogamente Lorenzo Bellini, citato come autore minore di sonetti, spiccherebbe come eccellente anatomista che si dilettava anche di poesia; l'intero Seicento, del resto, troverebbe una caratterizzazione ben più significativa se letto attraverso le figure degli scienziati che in quel secolo operarono.

Ma altro ancora urgeva all'"occhio giudice" della studiosa, per riprendere una formula a lei cara, mutuata da Lazzaro Spallanzani, il biologo settecentesco oggetto dei suoi studi. Occorreva, per esempio, un'attenzione maggiore verso tutti i linguaggi specialistici: in primo luogo i vari sottocodici della scienza contemporanea, come aveva affermato in un convegno tenutosi a Trieste nel 197319, quindi altri codici a minor grado di specializzazione, come la lingua della pubblicità (le sue prime osservazioni sul tema risalgono al 1965)20 e la lingua dei giornali, analizzata attraverso lo spoglio di un secolo di storia del quotidiano bolognese "il Resto del Carlino" (1985): una ricerca che mostra l'evoluzione da una lingua ottocentesca di stampo letterario, omogenea nelle diverse pagine, a una lingua differenziata per ambiti21.

Merita a tal proposito un accenno al modo di procedere della studiosa, che continuamente intreccia analisi linguistica e stilistica in sincronia (forte degli strumenti più aggiornati e raffinati) e affondi diacronici, con la capacità di cogliere la permeabilità tra tradizioni diverse. Così, nell'analizzare l'evoluzione della lingua della pubblicità, vi ritrovava archetipi tipici della "fantasia verbale" presente nella tradizione teatrale, e addirittura formule che attraversano i secoli come "Chi mangia uno, mangia due" – che Francesco Redi nei suoi scritti metteva in bocca a un venditore di confortini di Prato22.

Va ricordato inoltre il suo impegno civile per la crescita dell'intelligenza linguistica, dalla citata istruzione degli adulti alle riforme della scuola. Vale la pena a tal proposito ribadire la sua tenace resistenza, negli anni Settanta e Ottanta, alla degrammaticalizzazione dell'insegnamento, soluzione alla quale opponeva un rinnovamento di ipotesi e metodi, nella convinzione che la grammatica va concepita come sollevamento a livello consapevole di fenomeni che l’alunno è già in grado di produrre o percepire: solo grazie a un modo rinnovato di riflettere sulla lingua sarebbe stato possibile recuperare l'insegnamento grammaticale alla comprensione dei fenomeni linguistici e quindi all'interesse degli alunni. Di qui il procedere dal concreto all'astratto e di nuovo al concreto (dal testo alla grammatica per tornare al testo), con un atteggiamento sempre privo di rifiuti pregiudiziali ed estraneo a precetti e condanne. Nei confronti degli insegnanti, per esempio, riteneva sbagliato tentare di modificarne d'autorità le pratiche (radicate in anni di esperienza), preferendo affiancarli e accompagnarli alla progressiva scoperta di altre procedure, più razionali, atte a suscitare l'interesse dei ragazzi e svilupparne il "pensiero produttivo" rispetto a quello "riproduttivo" (secondo la formula di uno psicologo a lei caro, Max Wertheimer). Un impegno, questo, che sarà alla base delle fortunate grammatiche scolastiche pubblicate dall'editore Mursia (La grammatica dal testo, 1987; L'Italiano dai testi, 1988), in cui Altieri Biagi, forte anche dell'apertura alla linguistica testuale, riesce nel difficile compito di rovesciare l‘impostazione deduttivo-trasmissiva della grammatica tradizionale per proporne una induttiva, basata sull‘osservazione e la riflessione a partire da dati autentici e contesti linguistici variegati23.

Rimarrebbe da dire qualcosa sulla sua persona, sia pure nel timore di "infrangere quel riserbo, quel pudore dei sentimenti"24 che lei – forte della lezione di Devoto – invitava noi allievi a osservare e mantenere fin negli ultimi anni, quando ci accordava una maggiore confidenza e rivelava una più tiepida indulgenza verso le nostre debolezze.

Mi limiterò a un aggettivo, gentile, che mi sembra appropriato per la complessa rete di significati che intreccia: l'etimologica nobiltà dei natali (da lei evocati con sprezzatura), la finezza dei modi improntati a un'alta civiltà di costumi (anche linguistici), la qualità dell'intelletto (gentile nel senso usato da Galileo, con riferimento alle ipotesi scientifiche e alle "sensate dimostrazioni" dotate di acume particolare). Una gentilezza che si mostrava volentieri nel rapporto con i tanti studenti e insegnanti che formava: relazioni che nutriva alimentando la sensazione di ricavare dagli altri qualcosa di importante anche per sé e per la propria scrittura.

La scrittura saggistica di Altieri Biagi – lo ha acutamente notato Andrea Battistini – è "connotata dal rigore, dall’esattezza, dalla creatività ma al tempo stesso dal tratto cortese nel sapersi rendere accessibile a tutti"25.  Proverò qui a metterne a fuoco le componenti principali: in primo luogo il rigore del ragionamento, affidato alla sintassi precisa e avvolgente (attenta alle esigenze ritmiche), più che a un lessico disciplinare dei cui eccessi diffidava, per la facilità con cui si presta a mimetizzare l'inconsistenza delle idee e la fragilità dell'argomentazione. Queste erano anche le direzioni delle sue correzioni alle tesi di laurea e agli articoli scientifici di noi allievi: interventi puntuali ma di ampio respiro, volti a interrogare la coesione testuale e l'uso razionale della punteggiatura, a saggiare la consistenza delle scelte lessicali passandole al vaglio del linguaggio comune ("non termini, ma parole" – amava ripetere). In secondo luogo, il brio della prosa, rapida per la capacità di dare formulazioni sintetiche e sapida per la ricchezza di scarti ironici, di scintille metaforiche. Non ci chiedeva altrettanto – scoraggiava anzi tentativi incauti di imitazione stilistica – ma non perdonava usi corrivi, formulazioni imprecise o fumose che corteggiassero l'oggetto di indagine senza interrogare le ragioni intellettuali sottese alle scelte linguistiche.

Va reso altresì onore alla forza del suo parlato: le memorabili lezioni nell'Aula Forti di via Zamboni 32 proponevano una via del tutto nuova di accesso ai testi (per sondaggi e per problemi), di qualunque natura questi fossero. Anche nei confronti del testo letterario, l'invito era quello ad avvicinarlo senza farsi abbagliare dall'aura di sacralità, per capirne i meccanismi e impadronirsene (come lettori e come scriventi), evitando il prelievo incauto di fenomeni di superficie e, in generale, ogni strumentalizzazione del testo stesso (che per nessun motivo doveva diventare terreno di caccia per retrodatazioni o pezza di appoggio per tesi prefabbricate).

Per concludere, vorrei prendere spunto dalle parole di Altieri Biagi in memoria del collega bolognese Raffaele Spongano, in onore del quale i numerosi allievi avevano allestito un affettuoso volume: "un episodio di devozione, non frequente in un mondo accademico sempre più complesso e sempre meno disponibile alla pietas verso un vecchio maestro"26. Accanto al valore della pietas, doverosa verso una generazione di maestri che tanto hanno saputo costruire e trasmettere, vorrei ricordare il labor, la fatica richiesta per seguire un magistero tanto esigente, che comportava severe valutazioni, intellettuali e umane, espresse magari sotto forma di eleganti e ambigui giudizi, trapelanti una soddisfazione solo parziale, o attraverso un'ironia fredda e affilata, che rivelava una perdurante scontentezza stilistica.

Lo stile, del resto, era la sua cifra distintiva. Riprendendo le parole del naturalista francese Buffon27, secondo il quale le style est l'homme même – dove per stile si intende "l'ordine e il movimento messi nelle proprie idee" –, nel caso di Maria Luisa Altieri Biagi, donna e studiosa di eccezione, possiamo senz'altro dire che le style c'est toute la femme.

Note
  • 1

    La citazione è tratta da un testo inedito della studiosa, probabilmente un appunto manoscritto per una conferenza, esposto in occasione della mostra allestita presso l'Accademia della Crusca (documento n. 16 del foglio di sala).

  • 2

    Anche questo testo è stato inserito nel percorso espositivo (documento n. 9 del foglio di sala).

  • 3

    Giovanni Nencioni, Ricordi, "Lingua e Stile", XXXII, n. 1, 1997, p. 5. La laurea honoris causa a Nencioni fu conferita su proposta della prof.ssa Altieri Biagi; sua fu anche l'iniziativa di conferire un analogo riconoscimento, nel 2002, all'attore Roberto Benigni, per l'alta qualità interpretativa della Commedia dantesca e dei testi letterari della nostra tradizione.

  • 4

    Alla sua iniziativa si deve anche la ripubblicazione di opere di storia della scienza, sotto l'egida dell’Accademia delle Scienze di Bologna, di cui fu socia, e dell'Università di Bologna, presso la quale ricoprì il ruolo di senatrice, e in cui fu la prima donna a tenere una prolusione per l'inaugurazione dell'anno accademico 1992/1993: uno dei successi ottenuti dall'AdDU, l'Associazione delle Docenti Universitarie, da lei co-fondata nel 1991 per favorire lo scambio e la collaborazione tra donne operanti all'interno dell'Ateneo bolognese, sostenerne il raggiungimento dei giusti obiettivi e l'assunzione di responsabilità a livello istituzionale.

  • 5

    Cfr. Maria Luisa Altieri Biagi, La lingua italiana e i linguaggi tecnici e speciali, in La lingua italiana, oggi, Atti della Tavola rotonda (31 maggio 1979), Milano, Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, 1980, pp. 43-54: 47.

  • 6

    Cfr. Maria Luisa Altieri Biagi, Giacomo Devoto, Tullio De Mauro e la storia linguistica d'Italia, in Gli italiani e la lingua, a cura di F. Lo Piparo e G. Ruffino, Palermo, Sellerio, 2005, p. 59.

  • 7

    Per i riferimenti si rimanda alla bibliografia completa.

  • 8

    Maria Luisa Altieri Biagi, Testimonianza, in ‘Memoria’ delle due giornate di studio su Giacomo Devoto a dieci anni dalla scomparsa. II. Testimonianze di allievi e scolari (Borzonasca 19 ottobre - Firenze 26 ottobre 1984), in Atti e Memorie dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere “La Colombaria”, LIII (n.s., XXXIX), 1988, p. 270.

  • 9

    Altieri Biagi, Giacomo Devoto, Tullio De Mauro e la storia linguistica d'Italia, cit., p. 59.

  • 10

    Maria Luisa Altieri Biagi, Una facoltà viva e accogliente, in Da Magistero a Scienze della Formazione, a cura di F. Frabboni et al., Bologna, CLUEB, 2006, p. 503. Sulla figura di Heilmann, linguista che aveva orientato la sua ricerca in una direzione che integrava la dimensione del funzionalismo strutturalista con la tradizionale analisi del mutamento linguistico, conciliando sincronia e diacronia, si veda N. Grandi, Le scienze del linguaggio a Bologna, in Le scienze umanistiche a Bologna tra il secondo dopoguerra e il XXI secolo, a cura di W. Tega, Bologna, BUP, 2023, pp. 171-182: 172 ss.

  • 11

    Altieri Biagi, Una facoltà viva e accogliente, cit. p. 504.

  • 12

    Ibidem.

  • 13

    Altieri Biagi, Giacomo Devoto, Tullio De Mauro e la storia linguistica d'Italia, cit., p. 60.

  • 14

    Ibidem.

  • 15

    Sul coinvolgimento di Altieri Biagi in queste iniziative si veda Cristiana De Santis, Angela Chiantera, Maria Luisa Altieri Biagi: per una didattica dell'intelligenza linguistica, "Italiano Lingua due", X, n. 1., 2018, pp. 10 ss.

  • 16

    Angelo Pescarini, La riforma possibile: per l'attuazione di un nuovo principio educativo-formativo, Milano, Feltrinelli, 1974, p. 78.

  • 17

    Maria Luisa Altieri Biagi, Francesco Speranza, Oggetto parola numero: itinerario didattico per gli insegnanti del primo ciclo, Bologna, Nicola Milano, 1981, 559 pp. (in allegato: Schede di lavoro per il primo ciclo).

  • 18

    Altieri Biagi, La lingua italiana e i linguaggi tecnici e speciali, cit., p. 52.

  • 19

    Maria Luisa Altieri Biagi, Aspetti e tendenze dei linguaggi della scienza, oggi, in Italiano d’oggi. Lingua non letteraria e lingue speciali (saggi di Mario Wandruszka et al.), Trieste, Lint, 1974, pp. 67-110.

  • 20

    Maria Luisa Altieri Biagi, Note sulla lingua della pubblicità, in "Lingua Nostra", XXVI, 3 (1965), pp. 86-93.

  • 21

    «Il Resto del Carlino» in un secolo di storia: tra cronaca e cultura (saggi di Andrea Battistini
    et al.), a cura di M.L. Altieri Biagi, Bologna, Patron, 1985. La testata ospiterà poi per un decennio, a partire dal 2003, una sua rubrica settimanale dal titolo "Storie di parole".

  • 22

    Altieri Biagi, La lingua italiana e i linguaggi tecnici e speciali, cit., p. 47.

  • 23

    Specificamente pensato per la formazione linguistica dei futuri insegnanti è il fortunato manuale Linguistica essenziale Milano, Garzanti, 1985. Per approfondimenti sul contributo della studiosa allo sviluppo dell'idea di educazione linguistica si rimanda a De Santis, Chiantera, Maria Luisa Altieri Biagi: per una didattica dell'intelligenza linguistica, cit. Mi piace ricordare, con le parole di Susana G. Dorato, docente di italiano presso l'Universidad Autónoma de Entre Río sin Argentina, che "Maria Luisa Altieri Biagi ha segnato un'intera generazione di insegnanti di italiano L2": sia attraverso il suo impegno diretto nella formazione, sia con le sue opere, presenti in tutte le bibliografie dei corsi di aggiornamento frequentati dalla fine degli anni Ottanta a una decina di anni fa (comunicazione personale).

  • 24

    Altieri Biagi, Testimonianza, cit., p. 269.

  • 25

    Andrea Battistini, Ricordo di M.L. Altieri Biagi, "La lingua italiana", XIV, 2018, pp. 11-17: 11. L'intervento, pronunciato in occasione della commemorazione della prof.ssa Altieri Biagi presso l'Accademia delle Scienze di Bologna il 9 aprile 2017, è comparso anche nel volume Rendiconti degli anni 2017-2018, a cura di G. de Vergottini e S. Canestrari, Bologna, Accademia delle Scienze - BUP, 2019, pp. 83-90.

  • 26

    Maria Luisa Altieri Biagi, Ricordo di Raffaele Spongano, in "Bollettino annuale dell’Accademia", anno MMIC, allegato al vol. LXII di "Studi di Filologia Italiana", p. 20.

  • 27

    Georges-Louis Leclerc comte de Buffon, Discours sur le Style: Discours prononcé à l'Académie française par M. De Buffon le jour de sa réception le 25 août 1753.

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