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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Una credenza popolare: la credenza come dispensa

Miriam Di Carlo

PUBBLICATO IL 16 aprile 2025

Quesito:

Alcuni lettori ci chiedono delucidazioni sull’etimologia della parola credenza, in riferimento al mobile.

Una credenza popolare: la credenza come dispensa

La ricostruzione etimologica delle parole è spesso una delle operazioni più difficoltose che si incontrano in linguistica: le paraetimologie, ossia le etimologie ricondotte, per assonanza formale o per intuizioni di carattere semantico, a una matrice “suggestiva” o “affascinante” costellano libri antichi e moderni, nonché spesso fanno parte del patrimonio culturale di una comunità linguistica, pur non avendo a volte alcun fondamento scientifico. La ricostruzione è difficile per tanti motivi ma basterà citarne uno: non tutte le parole derivano dal latino e molte sono nate dall’interpolazione dello stesso latino con lingue di adstrato, cioè delle popolazioni limitrofe, come ad esempio il germanico (si pensi alla parola guerra che deriva dall’antico germanico werra) e soprattutto di superstrato, cioè di popolazioni che hanno poi conquistato i territori imponendo la loro lingua (ad es. la parola schiena che deriva dal longobardo *schina ‘osso lungo e stretto’, cfr. l’Etimologico).

Questo non è comunque il caso di credenza, parola attestata già nella prima metà del XIII secolo e che proviene direttamente dal latino medievale credentia(m), derivato dal verbo crēdĕre ‘prestar fede, confidare’ a sua volta da un antico composto indoeuropeo formato da *kred- ‘fede’. Il suffisso -entĭa, con cui si formavano in latino sostantivi astratti deverbali dai participi presenti in -ens, -entis (cfr. la risposta di Livio Gaeta sui nomi di qualità derivanti da participi presenti), è arrivato in italiano nella forma -enza, assieme alla sua funzione di suffisso di nome di qualità e al fatto di formare nomi derivati dai participi presenti italiani. Oltre a questi tratti strutturali e funzionali, il suffisso ha assunto anche alcune peculiarità stilistiche legate alla storia letteraria dell’italiano antico. Infatti, nel periodo della grande fioritura della poesia siciliana, gli autori vollero ricalcare alcune strutture linguistiche e metriche della poesia francese e provenzale. In questa operazione creativa di reinterpretazione e di costruzione linguistica, i poeti siciliani cercarono di accrescere il numero delle parole dall’aspetto provenzale, attingendo a suffissi che rimandassero a questa lingua: tra i vari suffissi, oltre a -mento e -ag(g)io, vi erano -enza e -anza, da cui canoscenza, contendenza, cordoglienza, intendenza, mantenenza, perdenza, amanza, allegranza e, per l’appunto, credenza (ricordiamo che c’è una certa oscillazione morfologica in alcuni nomi che presentano ora uno ora l’altro suffisso, per cui credenza si alterna a credanza):

forme certo compatibili col e spesso già proprie del siciliano (come anche, poi, del toscano), ma qui [nella poesia siciliana] presenti (e in tal quantità) come provenzalismi in grado di alludere al modello e di autenticare così il valore letterario del nuovo testo. E «che questi poeti si servissero di questi neologismi suffissali per dare ai loro componimenti un’aria spiccatamente provenzale» lo dimostra il gran uso che ne fanno anche nella posizione privilegiata di rima. (W. Theodor Elwert, Per una valutazione stilistica dell’elemento provenzale nel linguaggio della poetica siciliana, in Homenaje a Fritz Krüger, a cura di M. Lucero Toribio, A. Dornheim, Mendoza, Universidad Nacional de Cuyo, 1954, tomo II, pp. 93-112: p. 95, cit. da Vittorio Coletti, Storia dell’italiano letterario. Dalle origini al XXI secolo, Torino, Einaudi, 2022 [I ed. 1993, pp. 7-8])

Migliorini imputa la conservazione delle forme in -anza e -enza ai poeti siculo-toscani e poi ai toscani (Bruno Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze, Giunti; Milano, Bompiani, 2019, pp. 182 e 184 [I ediz.: Firenze, Sansoni, 1960]). Dunque, arrivato dal latino medievale credentia(m), adattato alla fonologia italiana, e caricato di tutto un significato stilistico che riconduce la parola ai modelli provenzali (per cui spesso si rapporta la sua etimologia all’antico francese, la cui osmosi con il provenzale era molto forte, cfr. infra e la voce credanza di Roberta Cella nel TLIO del 25/9/2005), il termine credenza/credanza aveva, nell’italiano delle origini, la prima accezione di ‘giudizio su un determinato argomento, opinione’, da cui anche le locuzioni antiche in credanza di ‘per quanto si reputa, a giudizio di qualcuno’ e aver credanza ‘formulare un giudizio’ (le citazioni riportate per l’italiano delle origini provengono dal corpus OVI e sono state citate le edizioni utilizzate nella compilazione dello stesso):

ma’ troppo è villana credanza / che donna deggia incominzare, / ma vergognare / perch’io cominzi non è mispregianza. (Giacomo da Lentini, Rime [c. 1230/1250 (tosc.)], in I poeti della Scuola siciliana, vol. I: Giacomo da Lentini, a cura di Roberto Antonelli, Milano, Mondadori, 2008, p. 76)

La parola poteva anche assumere il significato di ‘adesione a un credo morale e a un dogma religioso’ fino a indicare la stessa ‘fede’, nonché ‘credito accordato ad un’opinione’ e ‘certezza’:

voi, madonna, a cui porto lïanza / più che no fa assessino asorcotato [‘fanatico’], / che si lassa morir per sua credanza. (Guido delle Colonne [prima metà XIII (tosc.)], in Poeti del Duecento, a cura di Gianfranco Contini, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960, t. I, pp. 97-110: p. 104)

E lo segnor ge dixe: «Thomax, / No critu k’e’ sia Deo veraz? / Vedi le man, vedi li pei, / Vedi le plage, fradi mei!» / [...] Inlora sape sença tenore / Ke l’era ben lo verax segnore. / Quando fo si ferma la credança, / La pasca fen per alegrança (Pietro da Bescapè [1274 (lomb.)], in Die Reimpredigt des Pietro da Barsegapè. Kritischer Text mit Einleitung, Grammatik und Glossar, herausgegeben von Emil Keller, Frauenfeld, Huber, 1901, pp. 33-71: p. 64)

[la teoria platonica è] via, al mè parir, de grand error e contra la credanza catholica. Ma quale se voia sia la oppinion veritevol... (Belcazer [1299/1309 (mant.)], Volgarizzamento del De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico, in Ghino Ghinassi, Nuovi studi sul volgare mantovano di Vivaldo Belcazer, “Studi di filologia italiana”, XXIII, 1965, pp. 19-172: p. 164)

Sconfortamento navrano [li rei parladori], / poi comandato m’avete / ch’io mostri tal viso vano, / che voi, bella, conoscete; / e co [quello] crederano / ch’io ci agia mia diletanza, / e perderanno credanza / del falso dire che fano. (Oddo delle Colonne [prima metà XIII sec. (tosc.)], in Bruno Panvini, Le rime della scuola siciliana, vol. I, Firenze, Olschki, 1962, pp. 91-92: p. 92)

Attualmente la parola credenza ha mantenuto l’accezione di fondo di ‘opinione, il credere’, esteso a ‘convinzione popolare’ se non addirittura ‘leggenda’ (“è credenza popolare che esistano le streghe”), ma anche ‘giudizio, parere’ fino a ‘credibilità’ e quindi ‘fiducia’ e ‘fede’. Il GRADIT aggiunge a queste accezioni altre tre, registrate come ormai obsolete (tutte già nella prima edizione del Vocabolario degli Accademici della Crusca): anzitutto ‘credito’ in frasi come “non trova chi gli faccia credenza”, poi ancora ‘segreto, segretezza’ e infine ‘assaggio di cibi e bevande prima che siano serviti’. Da queste accezioni possiamo ricostruire lo sviluppo semantico della parola che da ‘credibilità’, ‘fiducia’ è passata a indicare l’assaggio dei cibi “degni di fiducia”, ossia edibili. Anche il GDLI riporta tra i significati di credenza “assaggio dei cibi e delle bevande (che scalchi e coppieri facevano prima di servire il signore, per assicurarlo che non vi fosse veleno)” aggiungendo le locuzioni dare la credenza “fare assaggiare cibi e bevande” e fare la credenza “assaggiare”. Le citazioni letterarie sono tutte suggestive, come la prima risalente a Boccaccio (i passi riportati sono ampliati rispetto a quelli del GDLI e, in alcuni casi, tratti da edizioni diverse):

E voltato a Salpadin, il quale già volea fare lacredenza, disse: «non tagliare; [...]». (Giovanni Boccaccio, Filocolo, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, vol. I: Profilo biografico, Caccia di Diana, Filocolo, a cura di Vittore Branca, Antonio Enzo Quaglio, Mondadori, Milano, 1964, p. 177)

Passati certi die, faciendo lo re Aluigi corte grande, e molti Baroni erano a corte, e sendo pure Elia siniscalco maggiore, fecie Maccario cuocere uno pagone arrosto colla coda intera e colla corona, e fue presentato alla tavola del Re per parte del duca Elia, ed era avvelenato. El Re ne diè una coscia a Maccario, ed egli non mangiava. Disse el Re. Perché non mangi? Ma egli disse: Temo d’Elia. E data lacredenza al famiglio che lo recò, subito morì. (Andrea da Barberino [1370 ca. - 1432 ca.], Storia di Ajolfo del Barbicone e di altri valorosi cavalieri, a cura di Leone Del Prete, tomo I, Bologna, Gaetano Romagnoli, 1863, p. 2)

Signor mio, la credenza fatta per lo vostro bon servitore è stata tale, quale per ottimo scodieri al suo signore fare si deve, però che ’l suo assaggiare la vivanda pare che gli sia stato davanzo. (Tommaso Guardati detto Masùccio Salernitano [14125 - prima del 1476], Il novellino, con appendice di prosatori napoletani del ’400, a cura di Giorgio Petrocchi, Firenze, Sansoni, 1957, p. 398)

Stava in grande agio di case, bene abbigliato, se gli faceva la credenza, biasciavasigli la mano, e tutto. (Pietro Aretino [1492 - 1556], Le carte parlanti, a cura di Ettore Lodoli, Lanciano, Carabba, 1916, p. 98)

Io gli dissi che nulla io volevo mangiare di quello che egli mi portava, se prima egli non me ne faceva la credenza: per la qual cosa lui mi disse, che s’ Papi si fanno le credenze. Al quale io risposi, che si come i gentili uomini sono ubbriaghi a far la credenza al Papa; così lui, soldato, speziai, villan da Prato, era ubrigato a far la credenza a un fiorentino par mio. (Benvenuto Cellini [1500 - 1571], Trattati, Discorsi, Lettere, Poesie, in La vita, Milano, Longanesi, 1958, p. 126)

Tutti i dizionari sono concordi nel far derivare dal significato di ‘assaggio’ quello di “mobile domestico, di dimensioni simili a quelle di un cassettone, a forma di armadio a sportelli, nel quale si ripongono gli utensili da tavola, le vivande o altro; a volte è completato da un’alzata a vari piani, destinata a mettere in mostra vasellame di pregio; dispensa” (GDLI), le cui prime attestazioni risalirebbero a Firenzuola e a Cellini:

Misi sottosopra ciò che era su per le tavole e su per la credenza, bicchieri, guastade. (Agnolo Firenzuola [1493-1543], L’asino d’oro, in Opere, a cura Adriano Seroni, Firenze, Colombo editore, 1958, p. 378)

Io cercai, per via d’un discepolo di Raffaello da Urbino pittore, che il vescovo di Salamanca mi dessi da fare un vaso grande da acqua, chiamato un’acquereccia, che per l’uso delle credenze in sunesse si tengono per ornamento. (Benvenuto Cellini, Trattati, Discorsi, Lettere, Poesie, in La vita, Milano, Longanesi, 1958, p. 62)

Si tratta di un passaggio semantico molto plausibile e confermato da tutti i dizionari etimologici consultati (il DEI, il DELI e l’Etimologico), i quali datano il termine al sec. XIV: il DEI riconduce il termine al latino modenese credentia (XIV sec.) forse per influenza del fr. crédence, mentre il DELI a un credentia nel latino medievale di Venezia del 1339.

Il Glossarium mediae et infimae latinitatis di Du Cange, che registra tutte le parole della tarda latinità (online dal sito dell’Archivio di Stato di Torino), conferma che già nel latino medievale il termine aveva assunto il significato relativo all’assaggio (in àmbito liturgico delle ostie) e al mobilio (prima in àmbito liturgico e poi casalingo). Troviamo infatti i seguenti significati:

─ “abacus, tabula seu mensa, in qua vasa ad convivia reponuntur, vel etiam mensula qua evasa altaris content” (‘abaco [tavola usata dai Romani per riporre il vasellame durante i banchetti o i riti sacri, cfr. Devoto-Oli online], tavola o mensa, sulla quale si ripongono i vasi durante i convivi, oppure anche piccola mensa che contiene gli oggetti dell’altare’, traduz. mia];

─ “Experimentum, praegustatio: Hostiam unam ex tribus simul contactis, vidente pontifice, prima dat sacristiae ed praegustandum pro Credentia... De vino et aqua offerendis facit per sacristam, pontifice vidente, dieri Credentiam” (‘tentativo, degustazione’: una delle tre ostie toccate alla presenza del pontefice, la quale viene data per prima alla sacrestia per essere assaggiata in previsione della credenza. Per quanto riguarda il vino e l’acqua da offrire, il sacrestano, alla presenza del pontefice, fa dare la credenza).

Il Du Cange riporta una serie di attestazioni che confermano la datazione di credenza ‘mobile’ al XIV secolo: ci sembra possibile che la parola latina avesse già assunto il significato di ‘assaggio’ nei “palazzi del potere” sia laici che religiosi per poi passare, nello stesso latino medievale, a quello di ‘mobile in cui si riponevano i cibi che avevano già fatto tale assaggio’ (e dei quali si poteva avere fiducia, ovvero credenza). Rispondiamo dunque ai lettori che ponevano dubbi sull’etimologia della parola credenza ‘dispensa’: già nell’antichità la pratica di riporre i cibi di cui era certa la salubrità in un posto sicuro era una pratica consolidata e che trovò poi largo impiego nella Chiesa medievale, quando il potere dell’alto clero poteva essere seriamente minacciato da congiure e omicidi. Da questo significato poi si è passato a quello di mobilio, che attualmente risulta opaco etimologicamente.

Dobbiamo comunque precisare che la relazione ancora poco chiara tra italiano e francese delle origini si riflette, in parte, nella situazione lessicale odierna. Attualmente, in francese abbiamo due parole distinte per indicare i due significati differenti che in italiano corrispondono a credenza: croyance per ‘il credere, opinione’ e crédence per il mobile (cfr. il TLFiTrésor de la langue Française informatisé). La base delle due parole francesi e di quella italiana, come abbiamo visto, è il lat. mediev. credentia(m) da cui il francese medievale creance (registrato in varie forme nel Dictionnaire du Moyen Français), che ha influenzato la forma e la diffusione dell’italiano antico credenza in entrambi i significati (perché già presenti nella parola latina), e che in francese si è evoluto in due forme differenti croyance e crédence (cfr. FEW II-2, 1307b), di cui la seconda ha assunto la referenza al mobile, probabilmente su influsso dello stesso italiano: infatti le attestazioni di credenza riferite al mobile sono più antiche di quelle di crédence.

Possiamo cercare di riassumere la situazione in questi termini, seppure non “definitivi”: stando al Du Cange, nel latino medievale credentia(m) aveva assunto entrambi i significati oggi attestati (l’uno relativo al mobile e l’altro di ‘opinione’); la parola è passata al francese medievale nelle forme creance e crédence con cui si indicava solamente ‘opinione, il credere’. Dal latino medievale la forma è passata all’italiano delle origini, influenzata dal francese e dal provenzale nella formazione attraverso i suffissi -enza/-anza: la parola credanza/credenza probabilmente aveva entrambi i significati della base etimologica latina e il significato relativo al mobile deve essersi consolidato e diffuso anche grazie alla locuzione fare la credenza, cioè fare l’assaggio dei cibi privi di veleni (di cui ci si può fidare). A questo punto il significato relativo al mobile sarebbe passato al francese, nello scambio sinergico che ha caratterizzato per secoli le lingue e le letterature francese e italiana.

Concludiamo questa breve dissertazione sull’etimologia di credenza con una chiusa dal carattere semasiologico. Oggi il termine può indicare una tipologia di mobilio dalle caratteristiche differenti: può riferirsi tanto all’armadio posto in cucina o in sala da pranzo che può contenere stoviglie e cibi (e in questo caso è sinonimo di dispensa), quanto a un mobile atto divenire un piano di appoggio, con cassettoni o ante che possono contenere stoviglie e cibo nella parte bassa. Ricordiamo che in latino medievale credenza indicava un tavolo su cui si posavano i cibi che avevano fatto la credenza ossia l’assaggio, quindi il piano d’appoggio risulta essere la caratteristica fondamentale di entrambe queste tipologie di mobilio.

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