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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Underturism

Miriam Di Carlo

PUBBLICATO IL 06 marzo 2025

Non registrato in nessun dizionario italiano, il termine undertourism risulta ben attestato sul web con 17.800 risultati nelle pagine in italiano di Google: si tratta di un anglismo integrale che nasce come contrario di overtourism sulla base dell’opposizione antonimica dei due prefissi under- ‘sotto’ e over- ‘sopra’. Se con overtourism si indica il turismo caratterizzato dal sovraffollamento, con undertourism, invece, ci si riferisce al turismo verso mete meno conosciute e dunque meno affollate, ma non per questo meno belle o ricche (per un approfondimento su overtourism si legga la risposta di Miriam Di Carlo; tutte le ricerche e la consultazione dei dizionari sono aggiornate al 10 dicembre 2024). 

La parola nasce nella lingua inglese, a cui si deve la sua formazione grazie alla prefissazione con under-, che letteralmente significa ‘sotto’ e che è entrato nella lingua italiana attraverso altri anglismi integrali in cui compare come prefisso: undercut, underdog, underground, underscore, understatement, underwear (per i vari significati cfr. Devoto-Oli online). In italiano il significato di undertourism è desumibile o, per lo meno, intuibile sia perché il prefisso under- e la base derivativa tourism, seppur inglesi, sono riconoscibili, sia perché, come detto, è antonimo di overtourism. Nonostante ciò, undertourism mantiene un certo grado di opacità semantica, anche perché si sovrappone, almeno parzialmente, ad altri termini di recente coniazione come turismo sostenibile (“t. rispettoso della società e dell’ambiente del paese che si visita” cfr. Devoto-Oli online s.v. sostenibile), e turismo di prossimità (“quell[o] che si svolg[e] all’interno del territorio nazionale o regionale, nell’intento di riscoprire le peculiarità del luogo e incentivarne il sistema economico e produttivo”, cfr. Devoto-Oli online s.v. prossimità). A questi si aggiungono anche slow travel e slow tourism, che ricordano slow food, antonimo di fast food e che designano rispettivamente il viaggio e il turismo lento, basati sulla qualità e non sulla quantità delle esperienze vissute. In questo caso la parola undertourism sembrerebbe avere molte affinità semantiche con i termini appena citati:

[Lo slow travel] è l’antitesi del turismo di massa in cui i viaggiatori sfrecciano attraverso destinazioni, luoghi d’interesse e attrazioni molto famose, senza pensare al luogo in cui si trovano e all’impatto che stanno avendo sull’ambiente. Al contrario invece, i viaggiatori lenti visitano destinazioni meno conosciute per periodi di tempo più lunghi e supportano le piccole imprese locali. (Stefania, Slow Travel e slow Tourism: cosa sono e perché dovresti iniziare anche tu?, movimentominimalista.com, 31/8/2022)

L’undertourism, promuovendo destinazioni fuori dai soliti circuiti turistici di massa, dà l’opportunità di riscoprire luoghi meno conosciuti, ma soprattutto meno affollati, agevolandone un’esplorazione eventualmente più lenta e più “riflessiva”. I termini non sono sinonimici, ma si riferiscono a realtà legate alle mete scelte del viaggiatore: in poche parole, chi pratica l’undertourism non è detto che necessariamente stia optando per un turismo lento, o di prossimità o sostenibile, ma è molto probabile che le località scelte per le varie tipologie di turismo possano coincidere per motivazioni diverse.

Passiamo ora alla storia della parola undertourism nella lingua inglese. Il termine attualmente non risulta essere registrato in nessun dizionario inglese. Le sue prime attestazioni risalgono al 2017, quando viene utilizzato in testi di àmbito accademico (riviste che trattano temi relativi alle relazioni internazionali e al turismo) e in altri dal carattere più divulgativo: 

On condition that we treat archaeological sites as dead and irrelevant places and tell their story factually, the systemic problem of undertourism will continue existing [Se continuiamo a trattare i siti archeologici come luoghi morti e irrilevanti e raccontiamo la loro storia solamente basandoci sui fatti, il problema sistemico dell’undertourism continuerà a esistere]. (Günter Soydanbay, Undertourism: How to Make Archeological Sites And Museums More Attractive as Destinations, placebrandobserver.com, 2/11/2017)

Inizialmente la parola ha un’accezione negativa, indicando un flusso di turisti inferiore rispetto all’offerta turistica di una località, ossia quel fenomeno per cui un luogo, sebbene presenti attrazioni e strutture ricettive atte a ospitare un numero discreto di turisti, ne riceve decisamente di meno. In questo senso l’undertourism si configura come un fenomeno negativo rispetto al quale la domanda andrebbe incentivata in funzione dell’offerta per favorire l’economia locale: 

Although “overtourism” and responsible tourism have become catchcries in the other global destinations on account of rapid international tourism expansion, this has yet to permeate to P[acific] I[sland] C[ountrie]s where “undertourism” is more the case, and where policymakers and tourism industry stake holders seek increase growth. [Sebbene l’“overtourism” e il turismo responsabile siano diventati un tormentone nelle altre destinazioni globali a causa della rapida espansione del turismo internazionale, questo deve ancora coinvolgere i paesi delle Isole Pacifiche dove l’ “undertourism” è più diffuso e dove i policy maker [‘chi ha il potere di elaborare e determinare orientamenti e strategie in merito alle questioni più rilevanti per la società e la politica’ cfr. Neologismi Treccani 2008 online] e gli stakeholder dell’industria turistica cercano di aumentare la crescita.] (Joseph M. Cheer, Stephen Pratt et alii, Tourism in Pacific island countries: A status quo round-up, “Asia & The Pacific Policy Studies”, 5, 2018, pp. 442-461: pp. 456-457)

Accanto a queste attestazioni, in cui potremmo forse tradurre undertourism come sottoturismo a sottolinearne le ricadute economiche negative del fenomeno, ve ne sono altre in cui la parola ha progressivamente assunto il significato registrato in apertura, ossia serve a designare un turismo caratterizzato dalla ricercatezza nella scelta del posto, che si oppone al turismo di massa e che riscopre il piacere del viaggio e non solo della meta, il fascino della scoperta e dell’“immersione” nella realtà del luogo visitato (in questo primo brano si parla anche di undertourist): 

My proposal, an undertourist, is the opposite of that, it’s: - a traveler who gets under the skin of the destination – the opposite of “mainstream” – undertourists do not create overtourism problems. […] Finally. Undertourist and undertourism work as improved definitions yes? [La mia proposta di undertourist è, all’opposto, un viaggiatore che entra nella pelle della destinazione – l’opposto del “mainstream” – gli undertourist non creano problemi di overtourism. […] Finalmente. Undertourist e undertourism funzionano come definizioni migliorate, sì?] (Alex Bainbridge, Time to retire the phrase “live like a local” – I propose “undertourist”, destinationcto.com, 6/12/2017)

Dal 2018-2019 la parola assume progressivamente questo secondo significato e abbandona qualsiasi accezione negativa legata alle dinamiche di sottosviluppo turistico (che sopravvive in àmbito accademico, anche in testi in inglese scritti da italiani, come vedremo più avanti).

Vediamo ora la storia della parola in italiano: il termine undertourism comincia a comparire in testi in lingua italiana nel 2019: lo abbiamo trovato in una piattaforma che aiuta gli operatori turistici a pianificare i viaggi online e in un articolo della “Stampa”. In queste attestazioni notiamo che undertourism è espressamente antonimo di overtourism, tanto che, a livello testuale, i due termini sono associati come coppia antonimica, molto probabilmente per agevolarne la comprensione del significato (da notare anche, a livello grafico, l’uso della maiuscola per entrambi i termini anche quando non sono all’inizio di frase): 

L’Undertourism è il nuovo Overtourism [titoletto]. [...] In tale contesto di consapevolezza collettiva del fenomeno, le destinazioni “emergenti” e quelle meno conosciute puntano a promuoversi raccontando la propria storia e incentrando il loro posizionamento dando spazio alle persone, i [sic] luoghi, la [sic] cultura e la [sic] comunità prima ancora che a trasognate foto di paesaggi su Instagram. (M. Giulia Biagiotti, Undertourism e non solo: ecco i trend del turismo e viaggi per il 2019, xeniapro.com, 20/1/2019)

È sull’«Undertourism» che si deve puntare per valorizzare sempre più il Ricetto di Candelo, un unicum europeo per il suo eccellente stato di conservazione che lo consegna agli oltre 330 mila visitatori annui (di 140 mila da fuori provincia) integro tra le sue mura medievali. Visitatori perlopiù di prossimità, nel Nord Italia, ma anche stranieri. L’Undertourism, in contrasto con l’Overtourism delle mete più affollate, è il nuovo trend che sta prendendo piede tra i turisti ed è volto a ritrovare luoghi meno frequentati in cui si possono vivere esperienze autentiche. (Francesca Fossati, Con 330 mila presenza all’anno il Ricetto di Candelo simbolo de turismo “nascosto”, lastampa.it, 13/5/2019)

Nel 2020 assistiamo a un incremento delle occorrenze del termine, che appare anche su altri quotidiani: 

«L’idea, sulla forte tendenza dell’undertourism – spiega Tedesco – è di andare oltre le mete tradizionali e portare l’attenzione dei viaggiatori classici su punti che non compaiono nelle loro mappe. Brescia non è solo una città industriale: rappresenta un bel modello di creatività». (Alessandra Troncana, La Brescia che non ti aspetti «Dove» oseranno i turisti, “Corriere della Sera”, ediz. Brescia, sez. Cronaca, 21/1/2020, p. 5)

Secondo il Centro di Studi del Touring Club, quest’estate si affermeranno la cosiddetta staycation, forma di viaggio concentrata prevalentemente in Italia, di breve-medio raggio, nei dintorni della residenza abituale, e l’undertourism, che privilegerà la Penisola meno nota, meno affollata e le attività open air. (Luisa Taliento, L’estate delle camperiste, “D.it”, repubblica.it, 27/6/2020)

Anche le prime attestazioni sui libri digitalizzati in Google libri risalgono al 2020 (si noti che nel primo brano undertourism ricorre anche con funzione aggettivale e nel secondo viene associato a di prossimità come in turismo di prossimità): 

Una via d’uscita in futuro potrebbe essere quello che oggi si chiama undertourism, le destinazioni altrettanto magnifiche che tutti ignorano. Il National Geographic nel 2019 ha lanciato la classifica delle destinazioni “undertourism”, andate a Trieste invece di Venezia, Bruxelles invece di Bruges, Guimarães invece di Lisbona o Kuelap invece di Machu Pichu. (Vanna Vannuccini, Francesca Predazzi, Cronache dal nuovo mondo, Milano, Mondadori, 2020 [edizione digitale])

Innanzitutto nel breve periodo, sviluppare l’undertourism di prossimità, un turismo a chilometro zero o quasi, che valorizzi le mete sconosciute, al di fuori dei circuiti tradizionali, caratterizzate da stili di vita semplici, in cui ritrovare tradizioni e culture autentiche e un rapporto armonico con la natura. Il trend emergente dell’undertourism come alternativa vincente rispetto allo speculare overtourism, definisce un turismo di qualità in cui il focus è sul viaggiatore più che sui luoghi. (Rossana Galdini, Ezio Marra, Tanti piccoli luoghi isolabili ma non isolati, in Giampaolo Nuvola, Manifesto del sociologi e delle sociologhe dell’ambiente e del territorio sulle città e le aree naturali del dopo Covid-19, Milano, Ledizioni Ledipublishing, 2020 [edizione digitale])

Sempre nel 2020 nasce Click.it, una piattaforma che, fornendo aiuto per la prenotazione di viaggi verso mete meno conosciute, promuove l’undertourism. Questo progressivo aumento delle occorrenze è forse attribuibile, almeno in parte, alle restrizioni imposte dalla pandemia (come il distanziamento sociale), che hanno favorito la frequentazione di luoghi meno affollati. Attualmente, però, si pratica l’undertourism non solo per evitare il sovraffollamento, ma anche per ritrovare la genuinità dell’esperienza turistica: 

Dalla Francia profonda al nord della Grecia, ecco 5 idee per trovare le cosiddette mete sottostimate e alternative magari relegate alla categoria “undertourism”. (Undertourism”: ecco 5 mete alternative alle destinazioni di viaggio sovraffollate, infrajournal.com, 8/2024)

Undertourism: riscoprire il turismo autentico. L’ho sperimentato io stesso in ormai oltre 20 anni di lavoro nel settore del turismo organizzato. [...] La parola delle poche righe di oggi è undertourism. Si tratta di una nuova (in particolare da dopo il Covid-19) tendenza di viaggio che si oppone all’overtourism in un’ottica di scoperta dei luoghi alternativi da esplorare. Questo paradigma mira a valorizzare destinazioni meno conosciute, spesso lontane dai circuiti di massa. Promuove un turismo lento, autentico e rispettoso, che permette di vivere esperienze significative e di entrare in contatto con le comunità ospitanti in modo genuino. Investire nella promozione di queste destinazioni significa non solo diversificare l’offerta turistica, ma anche preservare e valorizzare le ricchezze del nostro territorio. (Marco Cocciarini, Undertourism: riscoprire il turismo autentico, maggiolicultura.it, 9/12/2024)

Generalmente usato come sostantivo, il termine compare a volte nella funzione di aggettivo: 

Visitare l’Italia minore, scoprendo piccoli borghi territori e tradizioni fuori dalle solite rotte: è lo scopo di Click iT, il primo portale dedicato ai viaggi undertourism in Italia. L’obiettivo, spiega Giampiero Campjola, co-founfer e ceo di Viaggitalia, “è diventare il portale di riferimento per i viaggi undertourism in Italia, puntando [sic] su destinazioni e itinerari lontani dal turismo di massa e che ora hanno una vetrina efficace per farsi conoscere dal pubblico italiano ed estero”. (Oriana Davini, Dall’enogastronomia alla natura: nasce il primo portale per viaggi undertourism in Italia, informacibo.it, 3/6/2021)

Sapevi che ecosostenibilità e vacanze al mare possono convivere in un’armoniosa sinergia? Mai sentito parlare dalla località di Belmonte Calabro? Una chicca undertourism in cui trascorrere tranquille vacanze estive senza le calche afose nelle più note spiagge italiane. [...] So che è ancora primavera, e, magari, stai pensando a delle mete perfette undertourism per la primavera. [...] Prima cosa da sapere è che Belmonte Calabro è considerata una meta undertourism in grado di garantire un’esperienza autentica per tutti i viaggiatori ecosostenibili che non vogliono rinunciare ad una bella vacanza al mare. (Ecosostenibilità a Belmonte Calabro: Un Viaggio undertourism, hotelecosostenibile.traveleco.it, 24/4/2024)

Abbiamo visto come undertourism sia entrato tramite testi informativi, prevalentemente di àmbito giornalistico; attualmente il termine risulta essere utilizzato da studiosi italiani anche in testi di àmbito accademico, la cui lingua veicolare è l’inglese. In questo caso, però, notiamo che nel 2019 il significato prevalentemente associato al termine è ancora quello di ‘sottoturismo’: al 2019 risale il primo congresso organizzato dal Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento dal titolo “Between Overtourism and Undertourism: Implications and Crisis Management Strategies”; sempre al 2019 risale il contributo in atti di Roberta Taramino et alii, Overtourism or Undertourism. What is the biggest crisis for a tourist destination? (in Proceed With Care / Living With Tourism (Zagreb, 2-5 maggio 2019), Zagreb, National Association for Interdisciplinary Activities in the Field of Heritage and Tourism, 2019, pp. 84-85). Questo significato è presente anche in articoli in italiano: 

È il contesto a dare il senso delle parole. Undertourism indicava, nel gergo del marketing, mete e rotte che non sanno emergere, poco sfruttate, invisibili. Ma in un periodo come questo, in cui città come Venezia (che avvia una sperimentazione di sensori contapersone) o Barcellona, parchi naturali, siti storici varano piani antifolla, mentre l’italiano Institute for the Future annuncia che “il turismo di massa è fuori controllo”, le cose cambiano. E cercare l’under diventa la strategia per risparmiare stress e denaro. [...] L’undertourism, dunque, è una visione della realtà più consapevole, personale. Più etica, perché sostiene luoghi che vogliono crescere o rinascere. Dove, in realtà, crede da sempre all’undertourism. (Francesca Masotti, Cristina Piccinotti, Carmen Rolle, Undertourism: lontano dalla folla, ecco dove andare (e quali mete evitare), a cura di Gianfranco Raffelli, viaggi.corriere.it, 5/2/2020)

L’Italia ha superato la soglia? «Non tutto l’anno e non ovunque, ci sono aree – per esempio al Sud – che sono in una condizione di “undertourism”. Ma in molte altre sì: Venezia riceve 30 milioni di visitatori l’anno contro una capacità stimata di 19 milioni, città come Verona stanno cominciando a sperimentare l’effetto devastante sul centro storico. Con flussi previsti in crescita fino al 2030 questa condizione diventerà sempre più diffusa». («Quando il turismo è troppo i flussi devono essere limitati», “la Repubblica”, sez. Primo Piano, 22/7/2024, p. 5)

Dal 2023, però, troviamo il termine undertourism inserito in testi scientifici in lingua italiana e unicamente con il significato di ‘turismo orientato verso mete poco conosciute’ (come ad esempio i testi della SISTUR, Società Italiana di Scienze del Turismo). 

Infine, il termine è ben diffuso anche sui social network: da una ricerca su X.com notiamo che undertourism viene usato spesso come hashtag in riferimento a mete poco note che meriterebbero di essere visitate. In alcuni commenti si spiega il significato della parola, in altri ci si limita ad inserirla senza alcuna glossa esplicativa:

Due tendenze che negli ultimi anni sono sempre più in voga sono l’#overtourism e la reazione inversa, l’#undertourism. Il primo danneggia il territorio, il secondo permette un contatto con esso. (commento su X.com di @BizTravelForum1 del 6/9/2019)

Esplora il fenomeno dell’undertourism e scopri i luoghi autentici per una vacanza unica. Dai villaggi incantati delle Azzorre ai tesori nascosti de Laos #Undertourism #ViaggiAutentici #TurismoResponsabile (commento su X.com di @Ilmiodiabete del 3/12/2023)

In sintesi, la parola undertourism, la cui diffusione era stata incentivata nel 2020 dalle restrizioni dovute alla pandemia, oggi vede un progressivo aumento delle occorrenze, legato a una tendenza, opposta alla globalizzazione e alla massificazione del turismo, verso territori poco conosciuti o ancora da scoprire. Attualmente in italiano il termine viene usato con una neosemia che lo allontana dal significato negativo che aveva originariamente e che continua ad avere nei testi accademici in lingua inglese, anche scritti da italiani.

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