Consulenza linguistica | OPEN ACCESS SOTTOPOSTO A PEER REVIEW IatrofobiaLorenzo TomasinPUBBLICATO IL 10 febbraio 2025
Quesito: Alcuni lettori si interrogano sulla parola iatrofobia ‘paura dei medici’, e sull’apparente variante latrofobia, che circola occasionalmente in internet ed è stata accreditata anche in televisione in alcuni popolari giochi a premi in cui si sfidano i concorrenti a indovinare parole a partire dalla definizione e da alcuni indizi. IatrofobiaIatrofobia, nel senso di ‘paura dei medici’ è una parola rara, al punto da non essere riportata da nessuno dei principali vocabolari italiani storici e dell’uso. Un’indagine nella vasta biblioteca di Google libri consente di trovarne esempi a partire dagli anni Venti del Novecento (in una rivista medica del 1922 si parla di iatrofobia di Molière: “Il policlinico”, 1922, Sezione pratica, p. 560), mentre in inglese (stando al Merriam-Webster in linea) il corrispondente iatrophobia sembra attestato già dalla metà dell’Ottocento. Si tratta comunque di un tipico composto neoclassico, cioè assente nel greco antico o nel latino, e formato in epoca moderna nell’ambiente scientifico, impiegando elementi di lingue antiche. In questo caso, entrambi i componenti sono d’origine greca, iatròs ‘medico’ e il formante -fobìa (dal verbo fobèomai ‘temere’). La medicina è tra i terreni più fertili per questi composti, e la psicologia possiede numerosissimi termini indicanti paure patologiche, caratterizzati appunto dal formante -fobia che si ritrova ad esempio in claustrofobia (‘paura dei luoghi chiusi’), agorafobia (‘paura dei luoghi aperti’), o aracnofobia (‘terrore dei ragni’). In molte lingue moderne, compreso l’italiano, si è anche resa autonoma la parola fobìa ‘paura’ (che in greco antico non esiste, perché il sostantivo è fòbos). Iatrofobia, dunque, fa parte di una famiglia numerosa in cui non darebbe nell’occhio se non fosse per un incidente… grafico a cui è esposta. Scritta con iniziale maiuscola, come spesso accade per le parole rare e per i tecnicismi (e come càpita anche nella prima riga di questa risposta), la parola iatrofobia, non immediatamente analizzabile da chi non sa il greco, viene facilmente equivocata e letta latrofobia, con una elle iniziale che ovviamente la deforma allontanandola dall’etimo e rendendola del tutto opaca. Insomma, si tratta di un vero e proprio errore. “Latrofobia” è una forma sbagliata, non è una variante di iatrofobia; essa tuttavia non ha mancato di insinuarsi pericolosamente in qualche libro (ancora una volta Google libri ne restituisce varie occorrenze) e in qualche sito internet di consulenza medica (in cui è facile snidarla grazie ai soliti motori di ricerca), nonché, almeno un paio di volte, in popolari programmi televisivi italiani: cosicché, qualche ignaro paziente che cercasse una parola per descrivere il proprio terrore per visite mediche, esami e consulti clinici, potrebbe convincersi di essere latrofobico, mentre iatrofobico sarebbe, se mai, il termine esatto per definirlo. Come in tutti i casi simili, quando non si conoscono con sicurezza forma e origine di parole rare e facilmente sostituibili, è bene evitarne l’uso e ricorrere a termini che si padroneggiano: si può, insomma, essere iatrofobici definendosi semplicemente timorosi o diffidenti nei confronti della medicina o dei suoi rappresentanti. Sono atteggiamenti comuni e umanamente comprensibili, che non hanno bisogno, per essere espressi, di parole strane o addirittura di forme sbagliate. A chi, poi, volesse cercare il termine di significato contrario, cioè una parola che definisca chi s’affida troppo spesso e troppo fiduciosamente al consulto di un medico per risolvere qualsiasi dubbio, potremmo suggerire scherzosamente una parola anch’essa assente nei dizionari ma formata nello stesso stile di iatrofobia, cioè iatrolatria (abbiamo trovato l’aggettivo iatrolatrica, sempre grazie a Google libri, in un libro del collettivo di scrittura Luther Blissett, Lasciate che i bimbi, Roma, Castelvecchi, 1997, p. 94: un libro peraltro controverso, oggetto di una condanna e ritirato dalla circolazione), parola composta come idolatria (letteralmente, ‘adorazione delle immagini’) o zoolatria (‘culto degli animali’), con un formante derivato dal greco latrèia ‘servitù, culto’. Più comprensibile, forse, potrebbe essere un altrettanto fantasioso, e più moderato, iatrofilia, che completerebbe lo stesso terzetto di composti disponibile per zoofilia (‘amore per gli animali’), zoofobia (‘terrore per gli animali in genere’) e per il già richiamato zoolatria.
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