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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Maestra Lidia mi ha detto… ” o “La maestra Lidia mi ha detto… ”?

Emanuele Banfi

PUBBLICATO IL 29 gennaio 2025

Quesito:

Alcune lettrici, tutte insegnanti di scuola primaria (casualmente… ma la circostanza può rivestire un qualche interesse in merito al quesito da loro posto alla Crusca, come si chiarirà nella conclusione della risposta) e tutte distribuite variamente nello spazio linguistico dell’Italia settentrionale – L. Di S. (di origine abruzzese, e però da molti anni residente a Cesena), M. C. (Albaredo d’Adige - Verona), C. T. (Milano), C. Z. (Cesena), F. R. (Bergamo), M. G. (Vicenza) –, chiedono se, in presenza di un nome preceduto da un ‘titolo’ indicante una professione, siano corrette / accettabili forme senza articolo determinativo (del tipo: “maestra Lidia mi ha detto…”) o se, invece, debbano essere considerate grammaticalmente più corrette – e quindi preferibili – forme in cui il nome indicante una professione ricorra preceduto da articolo determinativo (del tipo: “la maestra Lidia mi ha detto…”).

Maestra Lidia mi ha detto… ” o “La maestra Lidia mi ha detto… ”?

Per la risposta alla domanda, molto interessante, accennerò, innanzi tutto, alla complessità del sistema degli articoli (determinativi vs. indeterminativi) dell’italiano (§ 1.), alla loro origine dal latino, con particolare riguardo alla serie degli articoli determinativi, di cui richiamerò la derivazione da pronomi (e aggettivi) dimostrativi latini (§ 2.). Segnalerò le caratteristiche salienti del loro significato e la loro funzione e accettabilità in singoli contesti (§ 3.). Più nello specifico, mi soffermerò sulla presenza o assenza dell’articolo determinativo davanti a maestro / mastro e maestra, tutte forme intese quali specifici titoli professionali (§ 4.). Infine darò una risposta al quesito posto dalle gentili lettrici (§ 5.).

    1. In italiano il sistema degli articoli prevede due macro-categorie (determinativo vs. indeterminativo), a loro volta marcate sul piano morfologico da precise distinzioni tra maschile e femminile e tra singolare e plurale.

      Come è noto – ma è forse utile richiamare tali nozioni (rinviando in particolare a Coletti 2015, pp.155-164; Coletti 2018, pp. 146-152; D’Achille 2022; e anche a Herceg 1972, Lepschy-Lepschy 1981, Fogarasi 1983, Renzi 1988, Serianni 1988, Marotta 1993) – l’articolo determinativo maschile singolare ricorre nelle forme il (il gatto) e lo (lo squalo): quest’ultima forma è normalmente elisa (l’) davanti a vocale (l’altopiano, l’esercito, l’impermeabile, l’occhio, l’ufficio) e a semiconsonante velare / posteriore (l’uomo). L’articolo determinativo femminile singolare esibisce la forma la (la città), in genere elisa (l’) davanti a vocale (l’amica, l’economia, l’intesa, l’operazione, l’unione). Al plurale, l’articolo determinativo maschile ricorre secondo due forme – i e gli (i cani, gli alberi) – stante che gl’, forma elisa di gli (gl’impostori), è oggi percepita, nello scritto, come desueta (o come erronea se la parole seguente non inizia con i: gl’occhi); al femminile ricorre l’unica forma le (le città, le amiche).

      L’articolo indeterminativo maschile singolare prevede due forme un (un gatto, un individuo) e uno (uno scatolone) rese, al plurale, mediante il partitivo dei (dei gatti) e degli (degli scatoloni, ma anche degli individui) riproponenti, in tal caso, la medesima alternanza tra i e gli. L’articolo indeterminativo femminile singolare ricorre nella forma una (una città), in genere elisa davanti a vocale (un’amica, un’esposizione, un’iniziativa, un’ottava, un’unghia); al plurale, la forma è unica: delle (delle amiche, delle esposizioni, ecc.).

      1.1. A livello semantico, la differenza tra l’articolo determinativo e quello indeterminativo non risiede nel fatto che il primo designerebbe, come sembrerebbe indicare l’aggettivo determinativo, un nome in modo specifico/individuale mentre il secondo indicherebbe, in quanto indeterminativo, un nome in modo generico.

      La differenza tra i due articoli sembra dipendere, piuttosto, dall’interazione tra due fondamentali meccanismi del processo di significazione, e cioè dalle opposizioni tra ‘classe’ / ‘membro’ e tra ‘noto’ / ‘nuovo’: mentre il indica la classe, un indica il singolo elemento che ne è parte. Così nella frase “il leone è il re degli animali”, l’articolo determinativo il è richiesto dallo statuto di ‘classe / specie’ attribuito al leone in quanto rappresentante di tutti i leoni; nella frase “ho visto un leone allo zoo” l’articolo indeterminativo un indica, nel caso specifico, un riferimento a un membro / individuo di quella classe … rinchiuso, ahilui!, in uno zoo.

      Con la precisazione tuttavia che, in alcuni contesti, il e un possono anche ricorrere senza particolari differenze sul piano semantico ed essere quindi, per la sensibilità linguistica dei parlanti, sostanzialmente intercambiabili. Così, nelle coppie di frasi “il cane è un fedele amico dell’uomo” / “un cane è un fedele amico dell’uomo”; “voglio comprarmi un cane” / “voglio comprarmi il cane”), non si ha netta cesura nei semantismi di il vs. un: le due forme, potenzialmente in opposizione, negli esempi proposti non lo sono in modo rigido (su questa questione, che prevede un sottile intreccio tra temi di linguistica generale e di pragmalinguistica, rinvio a Renzi 1976).

        2. Alla base del sistema degli articoli dell’italiano, come del resto di quelli di tutte le altre lingue neolatine, stanno fenomeni che rinviano al latino, lingua che – notoriamente – non conosceva gli articoli, al pari, del resto, di altre lingue indo-europee antiche e moderne: è bene ricordare a questo proposito che neppure il greco preclassico (omerico) conosceva gli articoli, comuni invece nel greco classico e poi in quello tardo, bizantino-medievale e moderno. Ancora oggi il sistema degli articoli è praticamente sconosciuto entro un segmento importante del quadro linguistico indo-europeo, e cioè nelle lingue slave.

          2.1. In merito alla sua origine, l’articolo determinativo di tutte le lingue neolatine deriva da forme del pronome (e aggettivo) dimostrativo lat. ille, illa, illud; l’articolo indeterminativo singolare di tutte le lingue neolatine  deriva dall’aggettivo numerale lat. unus, una, unum.

          Quanto all’italiano, per amore di precisione, è bene ricordare che l’articolo determinativo maschile singolare il / lo deriva da lat. illu[m]; il femminile singolare la / l’ deriva da lat. illa[m]; l’articolo determinativo maschile plurale i / gli deriva da lat. illi; il femminile plurale le da lat. illae. Le forme del plurale degli articoli determinativi e indeterminativi, sia maschile che femminile (m. dei / degli, fem. delle), derivano da forme del partitivo latino tardo, in cui, rispetto all’uso classico che prevedeva la preposizione ē / ex + abl. (Cicerone: unus ex illis decemveris ‘uno di quei decemviri’, aliquis ex vobis ‘qualcuno di voi’), si è generalizzata nella tarda latinità la preposizione (per altro già utilizzata da Cicerone con valore di partitivo (Cic.: quivis de iis ‘chiunque di quelli’, pars de istius impudentia ‘una parte della impudenza di costui’).

          Per quanto riguarda lo spazio linguistico italo-romanzo, è interessante osservare che vistosamente a parte sta il diasistema del sardo, dove gli articoli determinativi dipendono da un’altra serie pronominale latina, e cioè da ipse, ipsa, ipsum. Di seguito, qualche esempio: per il singolare, sard. su, sa (su pizzinnu ‘il bambino’, sa pippia ‘la bambina’) < lat. ipsu[m] / ipsa[m]; per il plurale, sard. sos, sas, is (sos fratellus ’i fratelli’, sas casas ‘le case’, is amigos ‘gli amici’) < lat. ipso[s] / ipsa[s].

          2.2. Quanto al semantismo del pronome (e aggettivo) dimostrativo latino ille, illa, illud, va ricordato che, già in latino classico, ricorre nel valore enfaticamente positivo di ‘quel famoso, quel celebre, quel ben noto’: cfr. Cic.: hic est ille Demosthenes ‘quello lì è il celebre Demostene’; Cic.: Xenophon Socraticus ille ‘Senofonte, il ben noto discepolo di Socrate’; Virgilio: Ille ego qui quondam… ‘proprio io, che un tempo…’; Cic.: illa mulier … ‘quella celebre donna’; Cornelio Nepote: praeceptum illud ‘il noto precetto’. Il neutro illud può valere, se usato assolutamente, ‘il famoso detto, le note parole’: cfr. Cic.: Catonis illud ‘quel famoso detto di Catone’. Ma ille / illa / illud ricorrono anche, con possibile connotazione negativa, nel valore di ‘quel malvagio, quel famigerato’: cfr. Orazio: vafer ille Sisiphus ‘quel malvagio di Sisifo’; Cic.: Medea illa ‘quella famigerata Medea’; Cic.: suum illud, nihil ut adfirmet ‘quel suo principio di non affermare mai nulla’.

            3. Quanto agli usi e ai semantismi degli articoli determinativi dell’italiano ne mostrerò, qui di seguito, la complessità focalizzando l’attenzione su una serie di casi.

              3.1. In generale con nomi di persona e di animali domestici l’articolo determinativo non è espresso:

              “Mario è un rompiscatole”; “Maria è sempre molto gentile”; “Melampo è il cane del Pinocchio collodiano”; “Loreto è un pappagallo molto intelligente”;

              l’articolo determinativo è sempre non espresso davanti a nomi di personaggi mitologici o storici:

              “Cesare conquistò la Gallia”; “Elena scatenò la guerra di Troia”; “Beatrice accoglie Dante sulla sommità del monte del Purgatorio”.

              Ma l’articolo determinativo ricorre quando il nome appare specificato:

              “ho rivisto la Franca dei suoi giorni migliori”; “il buon Titiro” (Tasso), “la buona Agnese” (Manzoni); “il Valentino apparteneva alla famiglia Borgia”;

              o quando precede un soprannome:

              il Griso” (Manzoni); “il Veronese” (detto del pittore Paolo Caliari, originario di Verona); “il Perugino” (detto del pittore Pietro Vannucci, originario di Perugia).

              3.2. L’articolo determinativo ricorre, in modo abbastanza generalizzato, per segnalare un registro familiare-affettivo nel caso di nomi sia maschili che femminili:

              il Carletto è proprio simpatico”; “la Maria è molto cara a tutti”; “l’Antonia è capricciosetta assai”; “il Bobi [riferito a un cane] è una delizia”.

              Ma nell’italiano regionale settentrionale l’articolo determinativo è normale per nomi di persona sia maschili che femminili:

              “ho visto poco fa l’Andrea e la Bianca”; “il Gianni e la Serenella sono arrivati molto tardi”; “sono già partite la Greta e la Luciana”;

              nell’indicazione di nomi di animali, l’articolo talvolta non è espresso:

              “Terry [riferito a un cane] è molto inquieto”, ma anche “il Terry è molto inquieto”.

              Tornando all’italiano standard, possiamo dire che l’articolo determinativo specificante un nome proprio ricorre dopo il nome in formule cristallizzate:

              “Filippo il Bello”, “Guglielmo il Conquistatore”, “Giovanna la Pazza”.

              Frequente è anche l’articolo con gli ipocoristici, sia maschili che femminili:

              “è la Tittì come una passeretta” (Carducci); “la Cicci, è un po’ che non la vedo”; “il Dodo mi ha avvisato”.

              3.3. Nel caso di cognomi di personaggi (uomini e donne), oggi si preferisce omettere l’articolo in ogni caso (si vedano la risposta di Raffaella Setti e il tema del mese di settembre 2024).

              3.4. Più complessa la situazione nel caso di nomi preceduti da titoli onorifici o professionali, per i quali l’articolo determinativo può essere obbligatorio (§ 3.4.1.), facoltativo (§ 3.4.2.) o, semplicemente, può non essere espresso (§ 3.4.3.)

              3.4.1. L’articolo determinativo è obbligatorio con signore / signora (“il signor Bianchi” / “la signora Rossi”), con professore / professoressa (“il professor Pisani” / “la professoressa Corti”), con avvocato / avvocata o avvocatessa (“l’avvocato Alfieri” / “l’avvocata o l’avvocatessa Petrucci”), con ingegnere / ingegnera (“l’ingegnere Bonelli” / “l’ingegnera Ziani”); e poi, ancora, con imperatore / imperatrice (“l’imperatore Giustiniano” / l’imperatrice Caterina di Russia”), con principe / principessa (“il principe William” / la principessa Mafalda”), con regina (“la regina Elisabetta”); con re l’articolo può non essere espresso: “re Hussein di Giordania / re Carlo d’Inghilterra…"; “re Umberto I fu assassinato a Monza” (ma possibili anche: “il re Hussein di Giordania è stato in visita a Roma”; “il re Carlo d’Inghilterra è succeduto a sua madre Elisabetta”; “il re Umberto I fu assassinato a Monza…”). L’articolo determinativo è obbligatorio anche con marchese / marchesa (“il marchese Edoardo” / “la marchesa Giuditta”), con duca /duchessa (“il duca Federico” / “la duchessa Anna”), con barone / baronessa (“il barone Dufol” / “la baronessa Andreani”).

              3.4.2. L’articolo determinativo è per lo più assente con titoli seguiti da nomi (o cognomi), come nel caso di: papa (“papa Damaso”, “papa Giovanni”, “papa Francesco”…), monsignore (“monsignor Fossati”, “monsignor Buzzi”…), padre riferito a religiosi (“padre Mariano fu un francescano molto noto negli anni ’60 grazie alla televisione…”); ma, a proposito di padre, inteso come appellativo di frati, nei manzoniani Promessi Sposi ricorrono sempre espressioni con articolo: “il padre Cristoforo”, “il padre Macario”, “il padre Felice”… (“Il padre Cristoforo l’ha detto. Sentiamo il suo parere…” ; “una bella mattina, si sentì che il padre Cristoforo era partito dal convento di Pescarenico…” ; «“Che fate voi a quella povera pianta?” domandò il padre Macario…»; “Ed ecco arrivare il padre Felice, scalzo, con quella corda al collo, con quella lunga e pesante croce alzata…”).

              3.4.3. L’articolo determinativo è assente con San, Santo / Santa: “San Giovanni”, “Sant’Antonio”, “Santa Caterina”; con Don e Donna: “Don Abbondio”, “Donna Prassede”; con Fra: “Fra Galdino”; con Suor / Suora: “Suor Carmela”, “Suor Angelica”; con Compare e Comare: “Compare Turiddu”, “Comare Santa” nella verghiana (e poi in quella messa in musica da Mascagni) Cavalleria Rusticana.

                4. Quanto a maestro / mastro e maestra seguiti da nome o cognome o da elemento qualificativo o professionale nell’italiano di oggi si hanno casi in cui i termini in questione sono preceduti da articolo determinativo il / la e casi in cui, invece, l’articolo determinativo è assente.

                  Riporto, nei paragrafi seguenti, exempla tratti, oltre che dal repertorio del GDLI (1961-2009), anche da quelli di altri dizionari (TLIO, VOLIT, Garzanti 1998, Devoto-Oli 2013, Gabrielli 2019, GRADIT 1999 e 2007, Sabatini-Coletti 2008) e, infine, da attestazioni tratte da Google libri.

                  4.1. Maestro seguito da nome o da elemento qualificativo indicante una qualifica professionale ricorre preceduto da articolo determinativo lo o il:

                  nell’italiano antico e anche in fasi successive dell’italiano, fino al quadro moderno e contemporaneo, numerosissimi gli esempi in cui maestro ricorre preceduto dall’articolo il (in italiano antico anche da lo, in particolari condizioni sintattiche):

                    Dante, Inferno XXX 60-61: “Diss’egli a noi, guardate, e attendete / alla miseria del maestro Adamo…”;
                    Masuccio salernitano, Il Novellino (1476; ed. a cura di Giorgio Petrocchi, Firenze, Sansoni, 1957, p. 44): “[…] il maestro Rogero andò in prattica, secundo lo antiveduto pensiero de la muglie…”;
                    Luigi Pulci, Il Morgante ([1461-1483], ed. a cura di Franca Ageno, Milano-Napoli, Ricciardi, 1955): «disse Morgante “… tu hai qui acconcio mille cose degne, / tu se ’l maestro di color che sanno”»;
                    Francesco Sestini, Il maestro di camera. Trattato di Francesco Sestini da Bibbiena (In Firenze, per Zanobi Pignoni, 1621);
                    Giuseppe Baretti, Epistolario (ed. a cura di Luigi Piccioni, Bari, Laterza, 1936, vol. II, p. 278): “il suo amoraccio col maestro di canto della stessa figliuola”;

                    quanto all’italiano contemporaneo esemplifico con i titoli di due libri: quello celeberrimo di Lucio Mastronardi, Il maestro di Vigevano (Torino, Einaudi, 1962) e quello, recentissimo, di Fabrizio Silei, Il maestro Grumo e il maestro Tino (Milano, il Castoro, 2021);

                    nell’italiano corrente maestro + ‘nome / cognome’ prevede sempre l’articolo determinativo:

                    il maestro Toscanini diresse il concerto di riapertura della Scala nel maggio 1946”;
                    il maestro Muti è stato per molti anni il direttore artistico del teatro alla Scala”;
                    il maestro Andrea è il migliore degli allenatori di quella palestra”, ecc.

                    Suonano piuttosto male le stesse frasi senza l’articolo prima di maestro.

                      4.2. E però maestro seguito da nome / cognome o da elemento indicante una qualifica professionale ricorre anche non preceduto da articolo:

                      nell’italiano rinascimentale:

                      Vasari, Le vite dei più eccellenti pittori, scultori e architetti (1550; ed. a cura di Carlo Ludovico Ragghianti, Milano, Rizzoli 1942, vol. III, p. 87): “veduta la bella maniera che avea, e che era per far frutto, com’egli fu di quindici anni, lo accomodò con maestro Luca Signorelli”;

                      nell’italiano ottocentesco, esemplare è il caso di Collodi, che alterna, in uno stesso contesto, le due forme mastro / maestro, sempre senza articolo determinativo: “[…] aveva nome mastr’Antonio se non che tutti lo chiamavano maestro Ciliegia, per via della punta del suo naso” (cap. I); nelle titolazioni dei capitoli del collodiano Pinocchio (ed. critica di Ornella Castellani Pollidori), Pescia, Fondazione Collodi, 1983; I ed. Le Avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, Firenze, Felice Paggi Libraio-Editore, 1883) compare sempre maestro non preceduto da articolo determinativo: “Come andò che Maestro Ciliegia, falegname, trovò un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino” (cap. I); “Maestro Ciliegia regala il pezzo di legno al suo amico Geppetto, il quale lo prende per fabbricarsi un burattino maraviglioso…” (cap. II).

                          4.3. Nel caso di mastro seguito da nome:

                            nell’italiano antico, l’articolo determinativo non è espresso:

                            Brunetto Latini Il Tesoretto, 1183: “Or va mastro Brunetto / per un sentiero stretto / cercando di vedere…”;
                            Dante, Inferno XXX 104: “E mastro Adamo gli percosse il volto”;

                              lo stesso uso ricorre in fasi via via più recenti dell’italiano:

                              Ludovico Ariosto, Satire, I, 68: “se separatamente cucinarme / vorà mastro Pasino una o due volte…”;
                               Id., Il Negromante, II, 473: “[…] questa è pur grande confidenza che mastro Iachelino ha in se medesimo / che mal sapendo leggere e mal scrivere…”;
                              Michelangelo Buonarroti il Giovane, La Fiera, (prima rappresentazione, 1618; in Id., Opere, a cura di Pietro Fanfani, vol. I, Firenze, Le Monnier, 1860, p. 461): “[…] chi cerca trova, mastro Nastagio è avvezzo a maneggiare…”;
                              Annibal Caro, Lettera a tutti i famigliari di Monsig. de’ Gaddi in Roma, 13 ottobre 1537: “[…] mastro Marco va di qua con quel suo balteo a traverso al petto”;
                              Giuseppe Parini, Poesie piacevoli e satiriche, IX (in Id. Poesie, Firenze, Barbèra, Bianchi e C., 1858, p. 411): “[…] conducetelo innanzi a mastro Apollo / che gli vuol bene…”;
                              Giovanni Verga, I Malavoglia (1881; Milano, Mondadori, 1957, p. 43): “Don Giammaria buttava in fretta quattro colpi d’aspersorio sul cataletto, e mastro Cirino cominciava a spegnere i lumi colla canna”;
                              Gabriele D’Annunzio, La fattura, in Le novelle della Pescara (1884-1886; in Id., Prose di romanzi, Milano, Mondadori, 1955, vol. II, p. 262): «“se vulete cenà nghe me…” offerse, a bocca stretta, mastro Peppe»;

                              e va da sé che tale struttura sta alla base di forme cognominali del tipo Mastrandrea, Mastro[g]ianni, Mastrangelo, Mastrosimone, Mastrogiacomo, ecc.

                                4.4. Nel caso di maestra seguito da elemento qualificativo o da nome / cognome, frequenti sono le attestazioni in cui il termine in questione appare sempre preceduto da articolo determinativo la. Di seguito, qualche esempio:

                                Jacopo Sannazaro, Arcadia, (in Id., Opere, a cura di Enrico Carrara, Torino, Utet, 1952, p. 51): “[…] chiunque li [alberi] vedesse, giudicarebbe che la maestra Natura vi si fusse con sommo diletto studiata in formarli”;
                                Luca Assarino, Sensi d’humiltà e di stupore. L’Èrcole novello (Genova, G. M. Farroni, 1646, p. 37): “[…] che questa machina terrena sia un verde tavoliere, ove la maestra Natura faccia continui e maravigliosi giuochi di mano…”;
                                Torquato Tasso, La Molza overo De l’amore (in Id., Dialoghi, a cura di Ezio Raimondi, Firenze, Sansoni, 1958, vol. III, p. 748): “[…] s’io m’appigliassi a quello che Socrate apprese da la maestra Diotima, direi che l’Amore è più tosto un gran demone che un gran dio…”;
                                Gabriele D’Annunzio, La contessa d’Amalfi, in Le novelle della Pescara (1884-1886; in Id., Prose di romanzi, 2 voll., Milano, Mondadori, 1955, vol. II, p. 192): “[…] le maestre Del Gado, vestite tutt’e due di seta cangiante, con mantellette di moda…” ;

                                nella lingua burocratica della amministrazione scolastica:

                                  “[…] il Consiglio comunale aveva deliberato il licenziamento dei propri insegnanti, fra cui la maestra De Benedettis, il Consiglio provinciale scolastico di Catanzaro approvò quel licenziamento e, in seguito a concorso da esso indetto, propose…” (Consiglio di Stato IV sezione Udienza 8 luglio 1898, “La legge: monitore giudiziario e amministrativo del Regno d’Italia”, XXXVIII, 1898, vol. II, p. 243);
                                  “[…] è accolto il ricorso della maestra Evelina Maffezzoli e, per l’effetto, è annullata la deliberazione 2 gennaio 1914 del Consiglio provinciale scolastico di Cremona” (Decisioni e ricorsi, “Bollettino ufficiale del Ministero dell'istruzione pubblica”, 1914, II semestre, p. 1940);
                                  “è respinto il ricorso della maestra Fabbri Norma avverso la deliberazione del R. Provveditore agli studi di Ancona che trasferiva a Loreto la maestra Marchesini Elisa; è respinto il ricorso della maestra Tononi Bice avverso la deliberazione 5 settembre 1924 del R. Provveditore agli studi di Ancona per mancato trasferimento” (Atti di amministrazione, “Bollettino ufficiale - Ministero della Pubblica Istruzione”, LII/I, 1925, p. 827);

                                  e, ancora, del tutto comuni, in riferimento a un’insegnante attiva nelle scuole elementari, sono forme del tipo: “la maestra della prima [classe]”, “la maestra della seconda [sc. classe]”, ecc.;

                                    in recenti pubblicazioni, comune è la forma la maestra seguita da nome o elemento qualificativo. Qualche esempio:

                                    Paola Valente, La maestra Tiramisù, Milano, Raffaello Editore, 2008;
                                    «[…] la maestra Eleuteria aveva letto su “El Defensor” un articolo di Luis de Zulueta sulla Residenza per signorine…» (Elena Moya, La maestra, Milano, Feltrinelli, 2014, p. 7);
                                    Rosella Calvi, La maestra Eleonora e la classe III B, Tricase, Youcanprint Publishing, 2017;

                                    da ultimo e recentissimo: 

                                    Tracy Chevalier, La maestra del vetro, (titolo originale The Glassmaker, traduzione di Massimo Ortelio), Milano, Neri Pozza, 2024.

                                    4.5. Un caso interessante relativamente alla mancanza dell’articolo determinativo a proposito di ‘maestra + elemento qualificativo’ è l’espressione maestra d’asilo indicante un’insegnante di scuola materna (ma negli anni Venti del sec. XX è attestata anche l’espressione maestra giardiniera per indicare un’insegnante operante in ‘giardini d’infanzia’: Rigutini-Cappuccini (1926, p. 202) «‘Giardiniera’, ora altresì è scorcio di ‘maestra giardiniera’, cioè de’ giardini d’infanzia»; espressione bollata come francesismo: fr. jardinière.

                                      5. In merito al quesito posto dalle gentili lettrici e cioè se sia più corretta la forma “la maestra Lidia mi ha detto…”, con articolo determinativo, rispetto alla forma “maestra Lidia mi ha detto…”, priva di articolo determinativo, mi sento senz’altro di spezzare una lancia a favore della forma che prevede l’articolo determinativo preposto al nome (quindi: “la maestra Lidia mi ha detto…”), ipotizzando che la forma maestra + nome (“maestra Lidia mi ha detto…”), priva d’articolo determinativo, dipenda da un uso regionale, di (probabile) matrice toscana, veicolato entro il lessico “scolastico” dal parallelo uso della forma maestro + nome (il tipo maestro Ciliegia), diffusa tra l’altro anche grazie alla auctoritas del lessico collodiano.

                                        In tal caso si tratterebbe del permanere, oggi e nell’ambito di dinamiche interazionali nella scuola primaria, di abitudini linguistico-comunicative proprie della scuola materna ove – a quanto risulta anche da un rapido sondaggio, necessariamente informale, tra insegnanti di scuola materna di area milanese – le insegnanti stesse sembra vengano normalmente indicate per nome preceduto da maestra: maestra Giulia, maestra Elisabetta, maestra Antonietta... o, molto spesso e più semplicemente, mediante il solo nome: Giulia, Elisabetta, Antonietta.

                                        Diversa, invece, la situazione nella scuola primaria, dove – stando sempre al summenzionato sondaggio – gli scolaretti sembrano imparare presto, tendenzialmente, a chiamare le loro insegnanti mediante il cognome (Benelli, Giuliani, Villa…) piuttosto che mediante il nome (Giulia, Elisabetta, Antonietta…). Pragmaticamente, quindi, sembra che essi imparino presto a dire (e a scrivere): “la maestra Benelli ha detto…”; “la maestra Giuliani ci ha mostrato…”; “la maestra Villa è molto gentile…”; ma, soprattutto nelle prime classi della scuola primaria (in cui l’eco di abitudini della scuola materna è più vivo), sono anche possibili: “maestra Giulia ha detto…”; “maestra Elisabetta ci ha mostrato…”; “maestra Antonietta è molto gentile…”.

                                        Va da sé che la situazione è potenzialmente e senz’altro diversa in relazione alla “filosofia” sottesa al “patto educativo” e ai rapporti tra insegnanti e alunni vigenti in singole realtà scolastiche: insomma, si ha a che fare con una situazione senz’altro fluida tale per cui entrambe le forme proposte nel quesito hanno diritto di cittadinanza e, ancora una volta, è l’uso che i parlanti ne fanno all’interno di specifiche dinamiche comunicative (e la conseguente “preferenza” per l’una o l’altra soluzione) a stabilire l’ordine prioritario di una forma rispetto all’altra. Quanto a me, preferisco senz’altro “la maestra Lidia mi ha detto…”.

                                        Nota bibliografica:

                                        • Vittorio Coletti, Grammatica dell’italiano adulto. L’italiano di oggi per gli italiani di oggi, Bologna, il Mulino, 2015.
                                        • Vittorio Coletti, L’italiano scomparso. Grammatica della lingua che non c’è più, Bologna, il Mulino, 2018.
                                        • Paolo D’Achille, Perché in italiano non c’è una sola forma per l’articolo, come in altre lingue, ma è presente una varietà di forme, in particolare per il maschile (il, lo; i, gli; un, uno)?, in it, 31/10/2022.
                                        • Miklós Fogarasi, Grammatica italiana del Novecento, Roma, Bulzoni, 1983.
                                        • Aldo Gabrielli, Grande dizionario Hoepli italiano, Milano, Editore Ulrico Hoepli, 2019.
                                        • Giulio Herceg, Contributi all’uso dell’articolo determinativo in italiano, in “Acta Linguistica Academiae Scientiarum Hungaricae”, XXII, 1972, pp. 119-139.
                                        • Giulio Lepschy, Anna Laura Lepschy, La lingua italiana, Milano, Bompiani, 1981.
                                        • Giovanna Marotta, Selezione dell’articolo e sillaba in italiano: un’interazione totale?, in “Studi di grammatica italiana”, XV, 1993, pp. 255-296.
                                        • Lorenzo Renzi, Grammatica storica dell’articolo italiano, in “Studi di Grammatica italiana”, V, 1976, pp. 5-42.
                                        • Lorenzo Renzi (a cura di), La frase. I sintagmi nominale e preposizionale, Renzi-Salvi-Cardinaletti 1988-1995, Vol. I, 1988.
                                        • Giuseppe Rigutini, Giulio Cappuccini, I neologismi buoni e cattivi più frequenti nell’uso moderno, Firenze, Barbèra, 1926.



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