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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Rewilding

Gloria Fiorentini

PUBBLICATO IL 26 novembre 2024

Fra le soluzioni proposte per affrontare il cambiamento climatico e favorire lo sviluppo sostenibile del pianeta si inserisce il cosiddetto rewilding. Con questo termine si indica genericamente ‘ogni azione volta a favorire il ritorno di un ambiente o di un territorio a uno stato più selvaggio’, ma il significato può articolarsi in diverse accezioni.

Prestito diretto dall’inglese (pronuncia: /ˌriːˈwaɪldɪŋ/) e ad oggi assente dai dizionari italiani, rewilding è registrato dall’Oxford English Dictionary, sia nella forma participiale e gerundiva del verbo to rewild ‘ritornare a uno stato più selvaggio e naturale’ (a sua volta formato per derivazione dal prefisso re- e dal verbo wild ‘diventare o rendere selvaggio/selvatico’ sia in quella sostantivale. Nella lingua inglese, il sostantivo deriva direttamente dal verbo, e trova la sua prima attestazione nel quotidiano “The Guardian” nel 1993. In italiano entra come prestito integrale il solo sostantivo, con la prevalenza, sul piano grafico, della forma univerbata contro sporadiche occorrenze della forma col trattino re-wilding: di questa grafia troviamo un’unica attestazione sulla “Repubblica” (2019).

L’ambito di origine della parola è quello scientifico: uno studio del 2021 pubblicato sulla rivista “Conservation Biology” ha precisato cosa si intenda per rewilding:

Rewilding is the process of rebuilding, following major human disturbance, a natural ecosystem by restoring natural processes and the complete or near complete food web at all trophic levels as a self-sustaining and resilient ecosystem with biota that would have been present had the disturbance not occurred. […] The ultimate goal of rewilding is the restoration of functioning native ecosystems containing the full range of species at all trophic levels while reducing human control and pressures. (Steve Carver et al., Guiding principles for rewilding, in “Conservation Biology”, 35, 2021, pp. 1882-1893)

[Il rewilding è il processo di ricostruzione di un ecosistema naturale, a seguito di un significativo disturbo antropico, mediante il ripristino dei processi naturali e della rete alimentare completa o quasi completa a tutti i livelli trofici, come un ecosistema autosufficiente e resiliente, con il biota che sarebbe stato presente se il disturbo non si fosse mai verificato. […] L’obiettivo finale del rewilding è il ripristino di ecosistemi nativi funzionanti, contenenti l’intera gamma di specie a tutti i livelli trofici, riducendo al contempo il controllo e le pressioni dell’uomo]

Mentre in ambito specialistico, dunque, sembra si sia giunti a una definizione di rewilding, la parola, cominciando a entrare negli usi comuni della lingua, assume diverse accezioni. La prima attestazione sui quotidiani italiani risale al 2006 sulla “Repubblica”, dove rewilding si riferisce a un esperimento che tentava di riportare in vita specie animali scomparse:

A dire il vero questo esperimento sarebbe solo un piccolo passo per far tornare sulla Terra grossi animali del passato, un processo che viene chiamato “rewilding”. Ci sono altre equipe di ricercatori infatti, che stanno tentando di riportare sul nostro pianeta il bucardo, una capra spagnola scomparsa 5 anni fa e la tigre della Tasmania. (Luigi Bignami, Il sogno dello scienziato russo “Un Pleistocene Park in Siberia”, repubblica.it, sez. Scienza & Tecnologia, 6/2/2006)

Il significato di rewilding documentato nell’esempio precedente è isolato, perché oggi prevale un’altra accezione, come parrebbe tra l’altro ricavarsi dalla seguente definizione, tratta dal sito dell’associazione Rewilding Europe:

Rewilding is a progressive approach to conservation. It’s about letting nature take care of itself, enabling natural processes to shape land and sea, repair damaged ecosystems and restore degraded landscapes. Through rewilding, wildlife’s natural rhythms create wilder, more biodiverse habitats. (Rewilding Europe, What is rewilding?, www.rewildingeurope.com)

[Il rewilding è un approccio progressivo alla conservazione dell’ambiente. Si tratta di lasciare che la natura si prenda cura di sé stessa, permettendo ai processi naturali di modellare la terra e il mare, riparare gli ecosistemi danneggiati e restaurare i paesaggi rovinati. Attraverso il rewilding, i ritmi naturali della fauna selvatica creano degli habitat più selvaggi e ricchi di biodiversità]

Con questo significato l’anglismo è attestato, pur se episodicamente, nelle principali testate italiane, quali “la Repubblica” (2014: 2 risultati, 2019: 5 r., 2020: 4 r., 2022: 5 r., 2023: 2 r.) e il “Corriere della Sera” (2018: 1, 2019: 1, 2020: 1, 2021: 1, 2022: 2, 2023: 4), mentre nella “Stampa” (in data 10/3/2024) mancano occorrenze della voce.

Sembra quindi che in Italia il termine abbia avuto una diffusione recente, con numeri più o meno stabili a partire dal 2019. Testimonianza di ciò sono le ricerche di “rewilding” in rete, come permette di visualizzare il seguente grafico di Google Trends (ricerca del 5/3/2024, circoscritta all’ Italia):


Per capire come il significato del termine sia stato recepito nell’uso comune, è necessario risalire al primo caso-simbolo di questo fenomeno, datato 1995. Nel parco nazionale di Yellowstone (USA) l’ecosistema fluviale ha tratto beneficio dalla reintroduzione di 14 lupi, precedentemente scomparsi a causa della caccia intensiva, in una zona del parco abitata esclusivamente da cervi. La correlazione può sembrare non immediata, tuttavia in ecologia è ben noto il processo della “cascata trofica”, per cui un evento all’inizio della catena alimentare genera una serie di conseguenze sulla catena stessa. Proprio questo è successo a Yellowstone: se la presenza incontrastata degli erbivori aveva peggiorato le condizioni della vegetazione, la reintroduzione dei lupi, con la conseguente riduzione del numero di cervi e la modifica delle loro zone di stanziamento, le ha invece migliorate. Nelle aree abbandonate dagli erbivori, infatti, il numero di alberi è quintuplicato in soli sei anni e la rigenerazione della foresta ha attirato nuova fauna, innescando un processo che ha avuto ripercussioni anche sulla geografia fisica. Dell’inserimento dei lupi beneficiano anche i fiumi: le foreste generatesi dall’allontanamento dei cervi, infatti, hanno stabilizzato il suolo, riducendo drasticamente l’erosione delle rive e il loro collasso.

Tuttavia, l’entusiasmo per questo caso è stato poco dopo smorzato da una serie di studi scientifici che ha sminuito il ruolo del lupo come deus ex machina, e ha sostenuto che l’idea della cascata trofica sia semplicistica, come dimostrano alcune ricerche proprio sul caso Yellowstone. Inoltre, il rewilding non è univocamente riconosciuto come un approccio auspicabile, per motivi legati all’impatto negativo che potrebbe avere sull’economia.

Sul piano dell’uso, rewilding sembra avere un alto grado di opacità semantica: la consapevolezza che la parola non sia nella competenza di tutti si riflette sulla maggior parte delle attestazioni nei quotidiani, che utilizzano virgolette, glossano o traducono la parola:

Ma il rewilding, il ritorno allo stato selvaggio invocato da alcuni come ricetta della sostenibilità, funziona solo quando gli ecosistemi sono in equilibrio. (Paolo Foschini, Una legge sulle foreste: «ecco perché ci voleva», “Buone notizie”, supplemento del “Corriere della Sera”, 6/3/2018, p. 11)

L’inversione di pensiero che consiste nell’affidarsi al potere di autoguarigione degli ecosistemi si chiama rewilding - rinaturalizzazione. È sedersi dietro e lasciare che sia la natura, con qualche controllo, a guidare l’auto. (Michele Neri, Istruzioni per tornare selvaggi, “la Repubblica”, sez. Cultura, 1/11/2019, p. 37)

La Riserva naturale del Grand Barry è uno dei più importanti esperimenti di rewilding (re-inselvatichimento) in Europa. (Francia. Nella regione del Rodano c’è un’area dove l’uomo è uscito di scena. E sono tornate le aquile, repubblica.it, sez. Viaggi, 20/8/2020)

altri investitori hanno intenzione di riportare le terre che hanno acquistato allo stato naturale attraverso il rewilding, la rinaturalizzazione, ripristinando l’ecosistema originale del luogo e mettendo al bando altre pratiche, per quanto antiche, tipo la caccia. (Paola de Carolis, La Scozia in vendita (ma non agli scozzesi), “Corriere della Sera”, 13/2/2022, p. 17)

Rewilding, infatti, significa e riguarda il ripristino dell’ecosistema, la riforestazione e la preservazione di animali e piante in via di estinzione. (Rossella Burattino, La filosofia del dare: rinnovare, non consumare e basta, “Corriere della Sera”, sez. Liberi tutti, 21/1/2023, p. 27)

Alcuni contesti mostrano una resistenza all’adozione dell’anglismo e propongono equivalenti in italiano, relegando il prestito non adattato al “gergo scientifico”:

un modo per poter osservare meglio la pressione che esercitiamo sugli ecosistemi terrestri, la quantità di manufatti che ci lasciamo dietro e, soprattutto, il ritorno di vegetazione e specie di animali selvatici nelle aree più antropizzate. Di quest’ultimo fenomeno, una «rinaturalizzazione spontanea» (rewilding nel gergo scientifico), l’umanità ha avuto un assaggio durante i lockdown più duri degli ultimi due anni, quando mammiferi e altri animali hanno esplorato strade cittadine deserte e nuotato in acque portuali di nuovo libere e limpide. (Danilo Zagaria, Finisce l’officina rifiorisce il paesaggio, “La lettura”, inserto del “Corriere della Sera”, 24/4/2022, p. 52)

La difficoltà nel comprendere il prestito integrale è dimostrata anche da Google Trends. Alla ricerca di “rewilding” si affianca quella di “rewilding traduzione”, come si può vedere da questo confronto limitato agli ultimi cinque anni:



Sebbene l’anglismo sembri necessitare di una glossa, non c’è ancora convergenza su un eventuale traducente in italiano: come visto, sui giornali si sceglie rinaturalizzazione o r(e-)inselvatichimento, mantenendo come in inglese il prefisso re- o ri- (con il valore di ‘ritorno a uno stato precedente’). Mentre i quotidiani continuano ad accompagnare la parola con la sua traduzione, Antonio Zoppetti, nel suo Dizionario delle alternative agli anglicismi, propone alcuni traducenti:

rewilding in italiano si dice rinaturazione (attestato sin dall’Ottocento, o rinaturalizzazione), e cioè il rinaturare o rinaturalizzare che designa gli interventi per ripristinare le condizioni naturali e originarie di un territorio o di un ecosistema. Esiste anche il verbo rinselvatichire (= riportare allo stato selvatico) e il conseguente rinselvatichimento. (Antonio Zoppetti, AAA. Il dizionario delle Alternative Agli Anglicismi, https://aaa.italofonia.info/)

Tra le alternative proposte da Zoppetti, rinaturazione è usata dal WWF Italia in riferimento a un recente progetto di riqualificazione del Po. Il GDLI (Grande Dizionario della Lingua Italiana) indica per questa voce l’influenza del tedesco Renaturierung, parola che si riferisce a una serie di interventi, attuati in Germania, di conversione naturale di corsi d’acqua precedentemente realizzati artificialmente; lo stesso dizionario definisce infatti rinaturazione come una “serie di interventi atti a ricondurre allo stato originario un ambiente (in partic. il corso di un fiume e la vegetazione che era presente sulle sponde)” (GDLI, s.v.). Tuttavia, il verbo naturare, da cui il sostantivo deriva, è indicato da diversi dizionari come voce antica e obsoleta (cfr. Nuovo De Mauro, Vocabolario Treccani online); inoltre, naturazione è assente dai dizionari sincronici (cfr., per esempio, Zanichelli 2024, Devoto-Oli 2024) ma presente nel GDLI e nel GRADIT come voce filosofica con il significato di “costituzione, condizione naturale” (GDLI e GRADIT, s.v.). Rinaturalizzazione, presente nel Supplemento 2004 del GDLI con il significato di “ricupero di un ambiente naturale nelle sue forme originarie”, potrebbe rappresentare invece una valida alternativa all’anglismo, se si considera che naturalizzazione indica un “insediamento di una specie animale o vegetale in un determinato biotopo, nel quale si sviluppa similmente alle specie indigene” (Il Nuovo De Mauro, s.v.) e che vi sarebbe una corrispondenza col francese naturalisation. Altrimenti, seguendo la scia del già esistente rinselvatichire, di cui i dizionari registrano l’accezione di “tornare allo stato selvatico” (Il Nuovo De Mauro, s.v.) e “di animali o piante che dallo stato domestico, o coltivato, riacquistano caratteri o comportamenti proprî della condizione selvatica” (Vocabolario Treccani online, s.v.), e considerando l’origine del termine in inglese dal verbo to wild (‘diventare o rendere selvaggio/selvatico’), il derivato rinselvatichimento potrebbe essere la scelta migliore per un eventuale traducente. A tal proposito, si noti che il francese ha scelto di tradurre rewilding con réensauvagement (Larousse). Nella lingua scientifica sembra al momento prevalere rinaturalizzazione con 2.840 risultati nei testi in italiano presenti su Google Scholar; segue rinaturazione con 633 occorrenze; si contano poi 164 risultati di rewilding e 83 di rinselvatichimento (ricerca del 4/6/2024). Eppure, l’anglismo sembra destinato a prevalere in futuro almeno nell’uso comune: non solo per il prestigio di cui l’inglese gode attualmente tra i parlanti, ma anche per la presenza del prestito integrale nella denominazione di alcune associazioni ambientaliste che aspirano all’internazionalità. Molte delle occorrenze trovate sul web rimandano infatti a un’associazione, Rewilding Europe, che ha l’obiettivo di fornire gli strumenti necessari al rewilding di ampie aree europee, partendo dall’idea che di una natura selvaggia benefici non solo l’ambiente, ma anche la vita dell’uomo. Oltre ai corrispettivi in altri paesi extraeuropei (Rewilding Argentina, Rewilding Chile ecc.), esistono anche associazioni nazionali affiliate a Rewilding Europe: in Italia i fondi del progetto sono gestiti dall’associazione Rewilding Appennines, attiva nell’area centrale degli Appennini, tra Lazio, Abruzzo e Molise, con lo scopo di proteggere la biodiversità presente nella zona, come ad esempio l’orso bruno marsicano, sottospecie endemica della regione. Ancora la ricerca di “rewilding” su Google Trends testimonia la familiarità con l’argomento da parte degli utenti di queste regioni, sicuramente sensibilizzati sul tema e, di conseguenza, più motivati a cercare informazioni.


Eppure, rewilding non si associa esclusivamente a zone extraurbane. Si parla infatti anche di rewilding urbano, sia per riferirsi a quei progetti che mirano a rendere più verde il suolo cittadino, sia per quei casi in cui la natura crea il suo spazio in città “senza chiedere”, come nel caso del lago naturale originatosi durante i lavori di ristrutturazione della ex fabbrica abbandonata SNIA a Roma. Per indicare questa categoria di rewilding il termine più diffuso nelle ricerche Google è “rinaturalizzazione urbana” con 543 risultati nelle pagine in italiano, contro i soli 162 risultati di “rewilding urbano”. Anche in questo caso, la pagina ufficiale del sito del WWF Italia sceglie rinaturazione (si segnala che sono 114 i risultati di “rinaturazione urbana” su Google):

In Germania il governo centrale […] sta finanziando il programma Städte wagen Wildnis (“Città che osano la selvaticità”) per supportare progetti di rinaturazione urbana. (Giulia Ciarlariello, Oggi possiamo ripensare il rapporto fra natura e aree urbane, wwf.it, sez. “Ambiente”, 17/4/2020)

In definitiva, rewilding è una parola entrata di recente nel lessico italiano, con un incremento di attestazioni negli ultimi cinque anni; l’impiego del prestito integrale rimane principalmente nell’àmbito della divulgazione specializzata su temi ambientali. Seppure non si possa ancora considerare il termine proprio anche del lessico comune, non è da escludere che possa entrarvi in futuro. Oggi il lemma è ancora poco familiare e, di conseguenza, viene accompagnato da glosse e traduzioni: c’è dunque un margine di possibilità che uno degli equivalenti italiani possa battere la concorrenza di altri traducenti e sostituirsi all’anglismo non adattato.

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