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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Il de cuius è vivo o è morto?

Maurizio Trifone

PUBBLICATO IL 11 settembre 2024

Quesito:

Vari lettori pongono una serie di quesiti riguardo all’espressione latina de cuius: la locuzione si può usare sia per persone decedute sia per persone ancora in vita? Se la persona defunta è di sesso femminile, si dice il de cuius o la de cuius? Il plurale di de cuius è de quorum?

Il de cuius è vivo o è morto?

La locuzione latina de cuius è tratta per ellissi dalla formula del diritto romano de cuius hereditate agitur ‘della cui eredità si tratta’ ed è usata in italiano per indicare, “nella successione a causa di morte, il soggetto defunto il cui patrimonio viene devoluto ai successori (eredi e legatari)” (GDLI s.v. de cuius). La preposizione de regge l’ablativo hereditate (complemento di argomento), mentre cuius è il genitivo del pronome relativo qui ‘che, il quale’ e perciò significa ‘del quale’. Il latinismo de cuius è registrato dal Dizionario Moderno di Alfredo Panzini nella prima edizione del 1905 con la seguente definizione: “letteralmente del quale: termine legale, tolto dal Diritto romano, per indicare una persona da cui proviene una eredità, quindi Il de cuius vale il testatore”. L’equivalenza semantica tra de cuius e testatore è sottolineata anche da Cesare Marchi (1986, p. 57): “La locuzione completa è de cuius hereditàte àgitur, della cui eredità si tratta. Il de cuius, in altre parole, è il testatore”. Ma la sinonimia tra la locuzione latina e il termine italiano sussiste solamente nel caso in cui il defunto abbia lasciato disposizioni testamentarie; in assenza di un testamento, de cuius è sinonimo del meno comune termine giuridico ereditando ‘soggetto defunto i cui beni vengono trasmessi in eredità’. Di solito il latino de cuius designa una persona defunta il cui patrimonio è oggetto di successione ereditaria, ma può riferirsi anche una persona ancora in vita, che pianifica la propria successione individuando gli eredi o i legatari.

Nel linguaggio comune la locuzione può essere usata come eufemismo al posto di morto o defunto senza alcun riferimento agli aspetti ereditari. Inoltre, può indicare in tono scherzoso la persona di cui si sta parlando, come ci ricorda Paolo Zolli (1989, p. 61): “Qualche volta si adopera in senso scherzoso, anche per il gioco di parole che si può ottenere cambiando la -i- in -l-, il de cuius ‘persona di cui si tratta’”. Ad esempio, in una dichiarazione rilasciata da Matteo Renzi il 16 gennaio 2014, il politico fiorentino impiega de cuius per riferirsi a Berlusconi, che all’epoca era vivo e vegeto:

La polemica del dialogo con Forza Italia è surreale. È stravagante la polemica di un dialogo con un ‘pregiudicato’, come dice D’Attorre, quando con il “de cuius” si è fatto il governo e non ho visto ministri dimettersi quando Berlusconi è stato condannato.

I principali dizionari italiani registrano de cuius come sostantivo maschile e femminile invariabile; la voce, infatti, mantiene la stessa forma sia quando si riferisce a una persona di sesso femminile sia quando si riferisce a più persone. In questi casi le variazioni nel genere e nel numero possono essere segnalate dall’articolo: il de cuius / la de cuius / i de cuius / le de cuius. Ovviamente la preposizione latina de si conserva anche nel caso in cui l’espressione sia preceduta da una preposizione articolata: i beni del de cuius.

Il pronome relativo latino qui ha al genitivo singolare la forma cuius, valida per tutti e tre i generi (maschile, femminile e neutro), e al genitivo plurale le forme quorum (maschile e neutro) e quarum (femminile). Essendo andata completamente perduta la coscienza linguistica dell’originaria frase latina, il riferimento grammaticale al pronome relativo latino è venuto meno; di conseguenza si usa la forma singolare cuius anche quando si hanno più persone defunte e si dovrebbe teoricamente adoperare il plurale quorum o quarum.

Il DELI indica il 1905, anno di pubblicazione del Dizionario Moderno del Panzini, come data di prima attestazione scritta della voce latina in italiano. Il DEI fa risalire l’ingresso della locuzione al secolo XIX, senza però precisare la fonte. Tra i dizionari dell’uso, il GRADIT e il Sabatini-Coletti 2024 seguono la datazione del DELI; lo Zingarelli 2024, invece, fornisce come anno di prima attestazione il 1846. Amerigo Simone (2019, p. 47) retrodata il latinismo al 1838 (Francesco Foramiti, Enciclopedia legale ovvero lessico ragionato, vol. II, Venezia, Co’ Tipi del Gondoliere, p. 212).

Nota bibliografica:

  • Cesare Marchi, Siamo tutti latinisti, Milano, Rizzoli, 1986.
  • Alfredo Panzini, Dizionario Moderno. Supplemento ai dizionari italiani, Milano, Hoepli, 1905 (con edizioni successive: 1908, 1918, 1923, 1927, 1931, 1935, 1942, 1950).
  • Amerigo Simone, Latinismi non adattati di ambito giuridico, in “Archivio per il Vocabolario Storico Italiano”, vol. II, 2019, pp. 38-90.
  • Paolo Zolli, Come nascono le parole italiane, Milano, Rizzoli, 1989.

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