Parole nuove | OPEN ACCESS SOTTOPOSTO A PEER REVIEW AutosvezzamentoMiriam Di CarloPUBBLICATO IL 31 marzo 2024Abbiamo già visto con spannolinamento (e spannolinare), ma anche con antisoffoco, che l’ambito della puericultura o, più ampiamente, della cura dei bambini non specificamente legata alla pediatria, sta producendo un numero considerevole di parole nuove: cause principali di questo fenomeno sono sicuramente lo svilupparsi di nuove tecniche per gestire la crescita dei neonati, o dei bambini nella prima infanzia, e la maggiore attenzione prestata alle varie fasi evolutive. Con autosvezzamento, parola che conta nelle pagine in italiano di Google 113.000 risultati (con trattino 8.090, ricerca aggiornata il 10/3/2024) e non registrata in nessun dizionario o repertorio lessicografico italiano, si intende, in realtà, una tecnica di svezzamento antica e ancora presente in molte popolazioni: nel neonato, il passaggio dal nutrimento prettamente latteo a quello solido, affidato direttamente all’autoregolazione del lattante, che decide che cosa e fino a quanto mangiare. Morfologia, semantica (e sinonimi) Il termine autosvezzamento è una parola formata da una base (in questo caso svezzamento ‘in puericultura, il passaggio da un’alimentazione esclusivamente lattea a una mista’, Devoto-Oli online) e un elemento di origine greca o latina che, morfologicamente, ha le caratteristiche di un prefisso (o in altri casi di un suffisso), che, quindi, si aggiunge a sinistra (o a destra) della base, ma che, semanticamente, ha un significato più pieno dei prefissi e dei suffissi (tanto che si parla di prefissoidi e suffissoidi, oppure di confissi). Nel nostro caso il prefissoide di origine greca è auto-, che in questo caso significa ‘da sé, spontaneamente, con mezzi propri, con funzionamento autonomo’ (Devoto-Oli online). La vitalità di molti confissi si evince dal numero considerevole di parole nuove formate attraverso di essi, soprattutto negli ambiti specialistici: in particolare alcuni prefissoidi, con l’ordinamento sintattico tipico del greco (ma anche dell’inglese) determinante + determinato, hanno conosciuto una particolare vitalità in seguito al successo di un composto che ne ha provocato una parziale risemantizzazione. È il caso del nostro auto-, che ha sviluppato un nuovo significato a partire da automobile, divenendo un morfema differente con l’accezione di ‘vettura’ in composti come autostrada, autonoleggio ecc. Nonostante ciò, come nota Antonelli (1995, p. 261), “la crescita del gruppo di vocaboli con il primo prefissoide [quello di origine greca auto-], però è di gran lunga superiore – per quantità e direi anche per importanza e diffusione – rispetto a quella dei composti del secondo [quello derivato da automobile]”. Infatti: Dalla metà degli anni Sessanta in poi, con l’avvento di grandi cambiamenti nella politica e nel costume, auto- ha contribuito a innovare e arricchire una significativa fetta del nostro lessico intellettuale. Da autodeterminazione ad autoeducazione, da autogestione ad autoregolamentazione e autoriduzione, fino a parole meno (o nient’affatto) ideologizzate come autoadesivo, autoabbronzante, autocensura, autodenuncia, autofinanziamento, autotassazione [...]. (ibidem) Come notava Migliorini (1990, p. 123), a favorire la diffusione di questi elementi sono state la brevità e la sinteticità, nonché, come si accennava, il progressivo abbattimento, dovuto alla diffusione del modello inglese, dell’ordinamento tradizionale italiano determinato + determinante, come si deduce dalla diffusione non solo di composti con prefissoidi, ma anche di parole macedonia che presentano questa nuova struttura morfo-sintattica. Nel caso di autosvezzamento, c’è da considerare non solo l’elemento prefissoide auto-, ma anche la base svezzamento, nonché la relazione tra di essi. Infatti, la parola svezzamento deriva, attraverso il suffisso -mento (quello più usuale negli ambiti meno specialistici e tecnici rispetto al corrispettivo -zione, cfr. spannolinamento), dal verbo svezzare ‘far passare un bambino dall’allattamento a una forma di alimentazione più ricca e varia’ (da vezzo, a sua volta dal lat. vĭtĭu(m) ‘difetto, imperfezione; vizio’, con il suffisso privativo s-, cfr. l’Etimologico). A differenza di svezzamento, però, autosvezzamento non deriva dal verbo, semmai viceversa: come vedremo, infatti, il verbo autosvezzare ha avuto una diffusione successiva al sostantivo. Inoltre, il prefissoide auto-, per il suo significato di ‘da sé, autonomamente’, imporrebbe la forma riflessiva e non quella transitiva attiva (infatti, la maggior parte dei verbi italiani formati con auto- in questo significato sono riflessivi: autoaccusarsi, autocandidarsi, autocensurarsi, ecc.). Nonostante ciò, il numero di occorrenze all’infinito del verbo transitivo attivo è superiore a quello del riflessivo (535 risultati vs. 201 nelle pagine di Google; ma questo dato viene ridimensionato grazie al monitoraggio delle forme participiali). I motivi sono, probabilmente, due: l’influenza del verbo svezzare (anche se esiste la forma riflessiva svezzarsi, che significa estensivamente ‘disabituarsi a un vizio qualsiasi’) utilizzato per indicare l’azione svolta dall’adulto che ha per oggetto il bambino; il fatto che, anche nel caso dell’autosvezzamento, il processo venga per la maggior parte monitorato dall’adulto (soprattutto per selezionare il cibo adatto sia nel gusto sia nella forma ed evitare rischi di allergie e soffocamento), sebbene al bambino venga lasciato un margine di iniziativa nel gestire il momento del pasto. Il termine autosvezzamento non è l’unico usato per indicare il processo appena descritto: si sono diffuse, successivamente al conio della parola in questione, altre denominazioni, che, seppur a volte più precise dal punto di vista semantico, non hanno riscontrato lo stesso successo. Anzitutto autodivezzamento, che conta solo 132 risultati nelle pagine di Google, è formato con lo stesso meccanismo morfologico, ma partendo dalla parola, spesso impiegata più nell’ambito pediatrico che nell’uso comune, divezzamento (da divezzare), che presenta il prefisso privativo dis- al posto di s-. Una locuzione molto diffusa nell’ambito pediatrico e della puericultura è alimentazione (complementare) a richiesta (3.310 risultati) in cui alimentazione complementare indica genericamente ‘svezzamento’, mentre a richiesta si riferisce all’autoregolazione del neonato (“alimentazione a richiesta” conta 49.500 risultati, che però a volte si riferiscono anche all’allattamento a richiesta, ossia l’allattamento non basato su orari fissi ma sulla richiesta del neonato). La locuzione viene anche abbreviata, in ambito pediatrico, con la sigla ACR, il cui numero di occorrenze è difficile da rilevare vista l’omonimia con altre sigle italiane. L’altra locuzione diffusa negli stessi ambiti specialistici è alimentazione (complementare) responsiva (1.690 risultati. per la locuzione completa e 1.620 per “alimentazione responsiva”), con cui si indica propriamente “l’insieme di risposte pronte, contingenti, emotivamente ed evolutivamente appropriate da parte dei genitori, o di chi per loro, ai segnali di fame e sazietà del bambino” (Gruppo nutrizionale ACP [Associazione Culturale Pediatri], Il punto di vista dell’Associazione Culturale Pediatri sull’alimentazione complementare, 7/12/2017, p. 5). Infine, molto diffusa è anche la locuzione svezzamento naturale, che, per gli stessi addetti al settore, alcune volte indica ‘autosvezzamento’, altre volte un’altra metodologia di svezzamento: E chiariamo che l’autosvezzamento non ha nulla a che vedere con lo “svezzamento naturale”, che utilizza la medicina alternativa, l’omeopatia, l’osteopatia e terapie simili, ma si conforma piuttosto a quanto confermato da studi scientifici internazionali, seppure rimanga suscettibile di evoluzione in base a conoscenze nuove. (Lucio Piermarini, Svezzamento: quando e come iniziare, uppa.it, 24/6/2019, aggiornato il 7/12/2023) L’autosvezzamento viene anche chiamato svezzamento naturale, perché rispettoso delle esigenze e dei ritmi del bambino e della bambina. [...] Svezzamento naturale, autosvezzamento e alimentazione complementare a richiesta sono quindi termini sovrapponibili che rappresentano lo stesso approccio, in cui il bambino, durante un qualsiasi pasto dei genitori, mostra volerli imitare. (Federico Marolla, Lucio Piermarini, Cos’è lo “svezzamento naturale”, uppa.it, pubblicato 29/7/2022 e aggiornato 7/12/2023) Malgrado quanto detto nel primo contesto, attualmente la maggior parte delle attestazioni di svezzamento naturale presenta lo stesso significato di autosvezzamento e quindi le due designazioni possono considerarsi sinonimiche nell’uso comune. Tutte le locuzioni appena citate sono state create con materiale autoctono italiano, e dimostrano che la nostra lingua non ha bisogno dell’inglese per creare termini efficaci. Nonostante ciò, recentemente, soprattutto a partire dall’ambito pediatrico, si stanno diffondendo due locuzioni inglesi: Baby-Led Weaning/BLW (27.800 risultati nelle pagine in italiano di Google) e la più recente Baby-Led Introduction to Solids/BLISS (146 risultati). Il seguente brano, oltre a spiegare esaurientemente alcune caratteristiche dell’autosvezzamento, e a usare anche gli altri termini appena enunciati, descrive le differenze con il Baby-Led Weaning e il Baby-Led Introduction to Solids: Diversamente da ciò, a partire dai primi anni 2000 due modalità, molto simili tra loro ma non identiche, di svezzare i lattanti sono diventate sempre più popolari e propagandate attraverso numerosi siti internet, blog, forum online: Il Baby-Led weaning e il Baby-led Introduction to Solids vengono considerati due tipologie di autosvezzamento e, nonostante la diffusione dei concorrenti inglesi, il termine autosvezzamento è quello indiscutibilmente più diffuso e utilizzato in Italia nell’ambito pediatrico, in quello della puericultura e tra i genitori o i tutori dei bambini, per indicare tutti gli approcci finora enunciati. Storia della parola L’invenzione del termine autosvezzamento risale ai primi anni del Duemila e si deve al pediatra Lucio Piermarini, che ha riproposto in termini scientifici questa tipologia (antica) di alimentazione complementare. Molti testi dicono che la prima attestazione risale al 2001, ma quella che siamo riusciti a reperire è del 2002, sulla rivista “Medico e Bambino”, in cui Lucio Piermarini propone un intero articolo che spiega l’autosvezzamento: Che cos’è l’autosvezzamento? [titoletto] Non è esattamente quel che fece Pantagruel a una delle sue quattromilaseicento vacche nutrici ma, fatte le debite proporzioni (Pantagruel era un gigante) e trasferito tutto in epoca post-moderna, qualcosa di molto simile. Fino a oggi, ovviamente nell’ambito di un rapporto della famiglia con i servizi sanitari, la decisione di iniziare lo svezzamento e le sue modalità sono sempre affidate al pediatra. Si tratta invece ora di affidare la decisione di quando iniziare a mangiare qualcosa di diverso dal latte, nonché cosa e quanto, proprio al bambino. [...] Nel testo troviamo anche la prima attestazione del verbo, in questo caso nella forma riflessiva (sebbene tra virgolette). Negli anni successivi le occorrenze del sostantivo sono sporadiche, anche nell’ambito pediatrico: Gli “scioperi” del lattante a volte sono complicati, ma si risolveono [sic] sempre con il tempo. Non è un auto-svezzamento, perché in tal caso il bambino rifiuterebbe il seno ma sarebbe tranquillo e soddisfatto, mentre Tommy piange ed è inquieto. (commento di Antonella Sagone nella conversazione 13 mesi, rifiuta il seno, forum.promiseland.it, 6/12/2004) Nel 2006, lo stesso Piermarini decide di sostituire autosvezzamento con la locuzione alimentazione complementare a richiesta, da lui ritenuta più precisa dal punto di vista terminologico e più adatta al linguaggio scientifico rispetto alla precedente: Quattro anni fa compariva su questa rivista un articolo dal titolo un po’ stravagante (“Autosvezzamento”) e dal contenuto pretenziosamente innovativo. [...] Di che cosa parliamo [titoletto] Il termine “auto-svezzamento”, così come le sue componenti, è non solo brutto ma anche inappropriato. Il bambino infatti non perde alcun vizio, ma comincia a integrare la sua alimentazione con cibi nuovi, per cui attualmente si è recuperata, un po’ ovunque nel mondo, per indicare il passaggio da una alimentazione esclusivamente lattea a una mista con cibi solidi, la definizione di “alimentazione complementare”. Anche il termine [sic] “auto” non calza, in quanto il bambino lattante per alimentarsi ha bisogno, sempre e comunque, dell’aiuto di un adulto, per cui potremmo modificare il tutto in “alimentazione complementare a richiesta” (ACR), esattamente come nell’allattamento al seno: in breve, il bambino mangia quando e quanto vuole lui, ma di quello che gli fornisce l’adulto. (Lucio Piermarini, Alimentazione complementare a richiesta: oltre lo svezzamento, “Medico e Bambino”, sez. Problemi correnti, 2006/7, pp. 439-442, a p. 439) Nonostante questa sorta di ritrattazione, la parola autosvezzamento, che già trovava accoglienza in varie riviste specialistiche, continua a circolare e comincia ad affermarsi, sicuramente con più forza rispetto alla locuzione alimentazione complementare a richiesta. Nel 2008 esce il libro di Lucio Piermarini Io mi svezzo da solo (Pavia, Bonomi Editore), mentre sui forum online le conversazioni di genitori sull’argomento (a volte con una certa diffidenza) cominciano a proliferare, grazie a una maggiore divulgazione della metodologia da parte degli stessi pediatri: Non sempre le situazioni e l’indole del bambino favorisce [sic] questo metodo naturale dell’autosvezzamento. (commento di BABI79 nella conversazione Autosvezzamento, sul forum cercounbimbo.net, del 18/12/2008) [...] un’altra pediatra, che poi ho ‘tenuto’ non era per niente sconvolta, anzi, continuava a sostenere la tesi dell’autosvezzamento – avvalorata dalla sua esperienza personale in quanto madre di quattro figli. (commento di luce63 del 18/12/2008, nella stessa conversazione) Come molte di voi hanno scritto, penso realmente che ogni bimbo è a se [sic]! Non si possono dare schemi troppo rigidi uguali per tutti i bambini, ma la storia dell’autosvezzamento non mi ha mai convinta! [...] Forse la mia amica non ha inteso bene le regole generali dell’autosvezzamento però vedere sua figlia mangiare certe schifezze in maniera quotidiana [sic], mi ha sconvolto! [...] Ho provato a chiedere all’allergologa notizie sull’autosvezzamento....immaginate la faccia... è inorridita! (commento di Mella77 del 20/12/2008, nella stessa conversazione) Sempre nello stesso anno il termine viene utilizzato per indicare una tecnica di svezzamento usata dagli allevatori con gli animali, in particolare i conigli: L’autosvezzamento avviene a 38 giorni e si attua mediante un tubo in materiale plastico di 10 cm, che collega il pozzetto al palchetto esterno e che non permette il passaggio della madre, ma solo dei coniglietti. [...] dopo qualche giorno nella gabbia viene abbassata, in corrispondenza dello sbocco del tubo, una porta basculante, in rete, che permette l’ingresso e non l’uscita dei coniglietti, attuandosi, in tal modo, l’autosvezzamento. (Il coniglio ecologico: Nota divulgativa sull’allevamento del coniglio all’aperto, a cura di Francesco Sedilesu, Serafino Gusai, Giuseppe Fruttero, sardegnagricoltura.it) Nel 2010 viene creato da alcuni genitori il forum autosvezzamento.it, a cui, due anni dopo, viene affiancato il sito omonimo dedicato completamente all’autosvezzamento (autosvezzamento.it). Sempre al 2010 risale la prima, ancora abbastanza isolata, attestazione del termine sui giornali: Buongiorno dottoressa, da diverso tempo si parla di ‘autosvezzamento’ o ‘alimentazione complementare a richiesta’. Non crede che questo tipo di alimentazione tralasci la qualità degli alimenti e l’importanza dell’allattamento al seno? Come mai gli studi scientifici portano a dare consigli così diversi ai genitori? [...] “Autosvezzamento” o “alimentazione complementare a richiesta” sono termini che indicano un nuovo modo di introdurre i solidi nell’alimentazione dei bambini, guidandoli attraverso il lento e graduale passaggio da una dieta a base di solo latte materno o artificiale ai cibi solidi. (Susanna Esposito, Adesso è di moda ‘l’autosvezzamento’. Quando il menu lo sceglie il bebè, repubblica.it, sez. Salute, 31/5/2010) Nel 2011-2013 il vocabolo comincia ad avere una certa diffusione; si rintracciano diverse attestazioni in siti come nostrofiglio.it e nel sito di Uppa (“la casa editrice specializzata nei temi della genitorialità e dell’infanzia”, uppa.it), curato da specialisti quali pediatri, pedagogisti e psicologi (lo stesso Lucio Piermarini interviene per descrivere l’autosvezzamento): Generalmente una mamma inizia a svezzare il suo bambino con l’aiuto del pediatra (o di un esperto) che la aiuta a comprendere che cibi dare al figlio, ma secondo alcuni il miglior consigliere per l’introduzione dei cibi solidi è proprio il bambino, attraverso l’autosvezzamento. [sottotitolo] [...]. Questo processo viene definito autosvezzamento: sarà il bambino a scegliere gli alimenti da assaggiare, stabilendo col cibo un rapporto sano e non conflittuale. (Che cos’è l’autosvezzamento dei bambini, nostrofiglio.it, 22/7/2011) Nonostante la presenza di attestazioni in forum e in siti dedicati al tema, la diffusione della parola risulta ancora abbastanza circoscritta all’ambito della pediatria e della puericultura: le occorrenze in siti e riviste specialistiche spesso rivelano un primo tentativo di divulgazione del termine (e del metodo) presso i genitori, i quali possono agire autonomamente nello svolgimento dell’autosvezzamento, senza l’aiuto di un pediatra, come avviene nell’alimentazione complementare classica. Dopo alcune sporadiche occorrenze sui quotidiani (una del 2013 sulla “Stampa”, una del 2015 sulla “Repubblica”, 3 nel 2016: una sul “Corriere della Sera” e 2 sulla “Stampa”), il termine ricompare nel 2019-2020, quando vede un’impennata di occorrenze (e la crescita risulta costante fino ai giorni nostri): Una seconda strada è quella dell’autosvezzamento che consiste, dopo il sesto mese, di [sic] portare il piccolo a tavola con tutta la famiglia e lasciare che scelga cosa assaggiare in modo da imparare a mangiare, poco alla volta, il cibo di casa. (Lara De Luna, Mamme, bimbi e ricette: alla scoperta del cibo (tutti insieme), repubblica.it, sez. Il Gusto, 9/5/2019) C’è la coach dell’allattamento a [sic] quella dell’auto-svezzamento, il corso per imparare “l’educazione rispettosa” e quello per diventare “mamme fuoriclasse”. (Nadia Ferrigo, Dai corsi per dormire al business dei capricci: su Instagram la fabbrica (a pagamento) dei figli perfetti. E arrivano le denunce contro i coach della fertilità, lastampa.it, 16/9/2023) Il numero delle attestazioni sui libri (monitorate attraverso la consultazione di Google libri) segue lo stesso andamento: dopo alcune prime sporadiche occorrenze del 2011, si ha un incremento nel 2014-2015, una prima vera impennata nel numero delle occorrenze nel 2020. Ancora più significativa è la proliferazione, dal 2021 ai giorni nostri, di libri che presentano nel titolo stesso la parola autosvezzamento: ne abbiamo trovati una decina, ma è probabile che il numero sia più ampio. Attualmente, oltre a siti specializzati sull’argomento, a corsi di aiuto per i genitori, a testi divulgativi (spesso corredati da ricette per tutta la famiglia), il termine è comparso in alcuni documenti pubblicati sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità (ad es. Rifiuto del seno, epicentro.iss.it); inoltre sono nate alcune pagine sui social interamente dedicate alla tematica (ad es., tra i tanti, @pianetaautosvezzamento su Instagram). Infine, per quanto riguarda il verbo, sebbene sia nato assieme al sostantivo (infatti ricorre nello stesso articolo del 2002 di Lucio Piermarini), ha avuto una diffusione più tardiva e più circoscritta. Si consideri che l’unica isolata occorrenza del verbo sui quotidiani risale al 2003, come riflessivo e in accezione estensiva, per cui potrebbe trattarsi di una formazione indipendente e occasionale (parla Margherita Buy, da poco diventata madre al tempo dell’intervista): La prima indipendenza risale ai tempi dell’Accademia dell’Arte Drammatica. Quando avevo 22-23 anni. Me ne andai a vivere a Trastevere. Dove mi sono autosvezzata. Con un modo di campare più divertente. (Rodolfo Di Giammarco, ‘Ecco la mia Roma al Coppedè dopo la bohème di Trastevere’, “la Repubblica”, 27/2/2003, p. 9) Abbiamo monitorato nelle pagine in italiano di Google, anno per anno, la diffusione del verbo, ricercando le forme all’infinito (sia “autosvezzare” che “autosvezzarsi”) e al participio passato, flesso al maschile e al femminile, al singolare e al plurale, arrivando alla conclusione che entrambe le diatesi sono parimenti diffuse. Le prime attestazioni della forma riflessiva sono antecedenti a quelle della forma attiva: autosvezzarsi ricorre già a partire dal 2007, mentre autosvezzare dal 2011 (nell’esempio, si noti l’uso del noi affettivo-inclusivo che potrebbe aver influito sulla scelta): Addirittura è arrivato al punto di non volere neanche il bibe[ron] se lo tengo in braccio: lo deve prendere DA SOLO seduto sul seggiolino. Praticamente si è autosvezzato, nonostante io ci tenessi ad allattarlo a lungo. (Commento di clemenntina89282226 nella conversazione Il mio bimbo non vuole le coccole (io si però: triste:), sul forum.alfemminile.com, 1/2007) Ciao noi abbiamo autosvezzato. Si comincia dopo i 5 mesi e mezzo-6 mesi, cominci mettendo il piccolo a tavola con voi a prescindere dalle poppate, che verranno diminuite nel tempo su iniziativa del bimbo, non subito, conta che all’inizio fa proprio microassaggini. (commento di yuna_10942886 nella conversazione chi ha fatto autosvezzamento come si inizia?? Chi mi spiega un po’?, su forum.alfemminile.com, 5/2011) Fatta eccezione per questa differenza “iniziale”, nessuna delle due forme ha avuto un incremento nel numero delle attestazioni, che si sono mantenute nell’ordine delle tre/quattro all’anno, con lieve aumento dell’attivo nel corso del 2021-2023: Che cosa significa autosvezzare e quali sono i pro e i contro rispetto allo svezzamento tradizionale? [...] C’è da dire, però, che tra lo svezzare un neonato di tre mesi con omogenizzati e autosvezzare un bambino di sei mesi con la pastasciutta, ci possono essere infinite possibili alternative. (Autosvezzamento sì o no: è davvero una scelta?, macrolibrarsi.it, 2023) Questa constatazione viene “ribaltata” dalle ricerche su Google libri: il verbo attivo non ha nessuna occorrenza, mentre le 3 attestazioni del riflessivo sono tutte abbastanza recenti (una del 2017 e le altre del 2021 e del 2022): Convincere i bambini a mangiare più di quanto sia loro necessario è particolarmente facile se sono imboccati con il cucchiaino. I piccoli che hanno la possibilità di autosvezzarsi, invece, si regolano da soli – quando sono sazi smettono di mangiare. [...] Molti genitori scelgono di usare il cucchiaino perché si fa molto prima che non lasciandoli liberi di autosvezzarsi. [...] Quindi sapevamo che John si sarebbe autosvezzato, perché avevamo già capito con gli altri due che era fattibilissimo. (Gill Rapley, Tracey Murkett, Lascia che il tuo bimbo si svezzi da solo, traduz. di Martina Rinaldi, Roma, Newton & Compton Editori, 2021 [ediz. digitalizzata]) Bimbi autosvezzati [titoletto] E se il bambino si è autosvezzato? Il fatto che non conosca le pappe che vengono usate con lo svezzamento “classico” o che non sia abituato a essere imboccato da un adulto potrebbe rappresentare un ostacolo al nido? (Giorgia Cozza, Andiamo all’asilo, da 0 a 5 anni, Roma, Newton & Compton, 2022) Interessante è l’uso del participio passato in funzione aggettivale, e perfino sostantivale, che risulta avere impiego a partire dal 2017: Ciao ragazze! Vi consiglio di leggervi il mio diario: Leo: piccoli autosvezzati crescono (è un po’ lunghetto ma ci troverete i vostri stessi dubbi e perplessità). (commento di domizia alla conversazione Salve! Urgono consigli sul forum autosvezzamento.it/forum, 31/3/2017) I bambini imboccati, rispetto agli autosvezzati, capiscono di avere un modo in più per avere la totale attenzione di mamma e papà: “nutrimi, ho bisogno di te”. (Arianna Rossoni, Autosvezzamento: cosa proporre e i suoi vantaggi, alimentazioneinequilibrio.com, 22/12/2017) Per concludere, il termine autosvezzamento risulta essere una parola nuova formata secondo meccanismi interni alla nostra lingua, attualmente molto diffusa grazie alla crescente attenzione della comunità scientifica pediatrica e dei genitori all’alimentazione, alla sostenibilità (in quanto è una scelta ecologica) e al rispetto della libertà cognitiva del neonato. Per questi motivi è probabile che la sua diffusione continui a crescere, come è successo, in particolare, negli ultimi tre anni. Nota bibliografica
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