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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Mangificio e il suffisso -ificio

Miriam Di Carlo

PUBBLICATO IL 01 dicembre 2023

Tra i meccanismi impiegati per creare parole nuove con materiale preesistente, la suffissazione, ossia l’affissione a destra di un morfema legato portatore di un significato a una base lessicale, è sicuramente quello più produttivo in italiano.

-ficio o -ificio? Evoluzioni semantiche e morfologiche

Prima di affrontare nello specifico la parola nuova mangificio, ci sembra opportuno approfondire l’elemento suffissale tramite cui si forma il termine in questione. Anzitutto la segmentazione di questo morfema è diversamente interpretata dalla letteratura scientifica: alcuni studiosi considerano il morfema -ficio, altri -ificio proprio perché, in tutte le basi a cui si affissa, la vocale finale “cambia” in i (calzatura > calzaturificio; burro > burrificio ecc.). In questo testo adotteremo la seconda proposta, in accordo con gli studi di Serianni (1989, pp. 667-668), Dardano (1978, p. 86) e Lo Duca (in Grossmann-Rainer 2004, p. 238). 

Il morfema deriva dal latino -(i)ficium, che a sua volta viene dal verbo facere, e ha mantenuto, soprattutto nelle formazioni più antiche, il significato di ‘fare’, ‘costruire’; per questo è considerato, a livello linguistico, a metà tra un suffisso e un suffissoide, ossia un componente neoclassico più pieno semanticamente rispetto ai comuni suffissi (Migliorini 2019, p. 889; Serianni, 1989). Seguendo la trattazione di Lo Duca in Grossmann-Rainer 2004, lo considereremo semplicemente un suffisso (mentre nella forma -ficio è stato inserito tra i suffissoidi nel testo di Mara Marzullo). 

A livello semantico il morfema ha subito un’evoluzione:

Anche con i suffissoidi si coniano molte parole nuove: accanto ai vecchi vocaboli di lanificio, setificio, panificio, che dal significato astratto di “arte di lavorare la lana, la seta, il fabbricare il pane” erano passati a quello concreto di “luogo dove si lavora la lana, la seta, si fabbrica il pane”, si foggiano numerosi altri nomi specialmente in Lombardia: calzaturificio (“goffa e sesquipedale parola creata a Milano, 1902”: Panzini), canapificio, caseificio, cotonificio, ecc. (Migliorini 2019, p. 889)

Negli ultimi trent’anni abbiamo assistito a una proliferazione di formazioni in -ificio, in cui il suffisso, pur mantenendo il significato di ‘fabbrica in cui si produce X’ (X = base), ha assunto sempre più un valore ironico e scherzoso, o anche spregiativo. Degli 8 neologismi in -ificio registrati dal gruppo ONLI (Osservatorio neologico della lingua italiana, coordinato da Giovanni Adamo e Valeria Della Valle, promosso dall’Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee), 7 hanno carattere ironico e scherzoso: esamificio, marchettificio, nominificio, poltronificio2 (in senso figurato, nell’ambito della politica, ‘moltiplicazione degli incarichi di amministrazione e governo’; è registrato anche poltronificio1 con il significato privo di ironia di ‘fabbrica di divani e poltrone’), postificio, stipendificio, votificio. A queste entrate se ne aggiungono altre 3, registrate nella sezione Neologismi 2008 del Vocabolario Treccani online (ascoltificio, sentimentificio, sondaggificio) e 12 nella sezione Neologismi 2018 (bunghificio, conferenzificio, giovanificio, insultificio, laureificio, mazzettificio, personaggificio, premificio, querelificio, scommettificio, spottificio, turistificio). Tutte queste nuove formazioni, molte delle quali costituiscono semplici occasionalismi, hanno valore ironico, scherzoso e per lo più sono nate in ambito giornalistico.

Leggendo quest’ultima lista di formazioni in -ificio, ci rendiamo conto che l’evoluzione del suffisso non ha interessato soltanto la semantica, ma anche la categoria grammaticale della parola base: se -ificio dava origine a sostantivi denominali (la cui base era cioè sempre un sostantivo), negli ultimi anni si registra la formazione di parole a partire da una base verbale. Esempi di questo nuovo comportamento sono scommettificio e, appunto, mangificio: in entrambi i casi la base derivativa è un verbo, sebbene la sezione Neologismi 2018 riconduca scommettificio a scommessa e non a scommettere (ma se così fosse il derivato dovrebbe essere *scomessificio, che non risulta documentato). Come vedremo meglio in seguito, recentemente sono stati coniati altri deverbali in -ificio, che risultano ancora poco diffusi, nonostante nell’ultimo anno abbiano avuto una certa fortuna; si pensi ad esempio a forme come bevificio e dormificio.

Insomma, -ificio sembra iniziare a fare concorrenza al suffisso -toio (accanto a -torio, dal latino -torium) che, rispetto a -ificio, ha sempre selezionato basi verbali formando sostantivi che indicano il luogo in cui (o lo strumento con cui) si realizza ciò che il verbo designa: così spogliatoio ‘luogo in cui ci si spoglia’  e dormitorio ‘luogo in cui si dorme’. Lo stesso suffisso -toio si è unito anche al verbo mangiare per formare il sostantivo mangiatoio (si cfr. anche mangiatoia), con significati analoghi a quelli che illustreremo per mangificio:

«Era il 1993, io a New York avevo lavorato a Le Cirque ma non mi piaceva: 400 coperti, un mangiatoio. Un giorno sono entrato a bere un espresso in un caffè di Soho e ci hanno messo venti minuti per servirmi [...]». (Paola Jacobbi, Bottura: L’importante non è partecipare, vanityfair.it, 23/6/2016)

Si tratta di casi isolati, poco significativi: il suffisso -toio, rispetto a -ificio, infatti, non trasmette l’idea di ‘luogo atto alla produzione industriale’ e mangiatoio non assume tutto il valore polemico, oltre che ironico, che ha mangificio

Mangificio

Diffusione: perché nella sezione “Parole Nuove

La parola mangificio, di cui vedremo i significati nel dettaglio più avanti, ultimamente ha avuto particolare diffusione, nonostante il numero dei risultati su Google sia ancora abbastanza contenuto: 6.870 risultati al singolare, 1.890 al plurale nelle pagine in italiano (ricerca del 13/10/2023); bisogna considerare anche il rumore dovuto all’uso di mangificio al posto di mangi(mi)ficio ossia ‘fabbrica/stabilimento in cui si producono i mangimi’ (Devoto-Oli online) e quello dovuto a un errore di scrittura dell’aggettivo plurale magnìfici. I dati più sorprendenti, comunque, non provengono dal motore di ricerca Google, ma dallo spoglio dei giornali (ad esempio 84 risultati sulla “Repubblica”, con prima attestazione nel 2001; per gli altri cfr. la scheda breve [LINK]), dai commenti nel sito per recensioni Tripadvisor e dai commenti su Twitter (dal 2023 noto come X): tutte queste attestazioni, numerosissime, rivelano la vitalità del suffissato e la sua diffusione non solo nell’ambito prettamente giornalistico.

Significati

Dunque, che cos’è un mangificio? Il significato con cui la parola viene più comunemente usata è quello di ‘spazio in cui si consuma cibo in maniera incontrollata e/o massificata’, in riferimento di solito non a un singolo esercizio ma per indicare, ad esempio, il centro storico di una città, che è divenuto l’insieme di tanti piccoli spazi dedicati alla consumazione veloce di cibo, per lo più di bassa qualità. Si tratta di un significato spregiativo (a volte anche ironico, come nella maggior parte dei nuovi derivati con -ificio sopra riportati), che serve a sottolineare come il turismo di massa abbia svalutato i centri storici delle città d’arte, focalizzando l’attenzione, un tempo dedicata all’arte, alla cultura e agli aspetti storico-geografici, sul consumo massificato di cibo. Inoltre, la parola mangificio, soprattutto quando è usata al plurale, può indicare il singolo ristorante o locale che produce cibo di bassa qualità e/o in produzione quasi industriale. Anche in questo caso il valore è spregiativo e, qualche volta, ironico. In entrambi i casi la parola mantiene il significato di ‘fabbrica’, da intendersi in senso metaforico come luogo in cui si produce e si vende cibo preparato “in serie”, per grandi numeri di clienti, soprattutto turisti.

 Si è diffusa poi un’altra accezione, anch’essa scherzosa, che riprende quella degli altri derivati contemporanei con -ificio, di ‘luogo in cui si specula’ (in riferimento al mangia mangia o magna magna ossia ‘profitto illecito e continuativo’, cfr. Devoto-Oli online, ad vocem magna magna). 

Storia della parola mangificio

La parola mangificio non è registrata in nessun dizionario italiano; la si trova però nel repertorio di Ottavio Lurati (1990), con un esempio tratto dall’“Espresso” del 4/6/1989, che costituisce anche la prima attestazione della voce:

mangificio (iron.) il posto dove si mangia in fretta e in modo non curato, quasi una fabbrica che ingrassa uomini e donne. Ma la riforma radicale, il passaggio diretto dalla vecchia alla nuova ristorazione, dai mangifici ai ristoranti a stelle, cuori e cappelli di cuoco, ha avuto gli stessi effetti dell’automazione nelle poste scassate, le lettere arrivano venti giorni dopo. L’Italia si è riempita di pessimi ristoranti, di pessimi maître, di pessimi cuochi. (G. Bocca, Es. 4.6.1989) (Ottavio Lurati, 3000 parole nuove: la neologia negli anni 1980-1990, Bologna, Zanichelli, 1990, s. v.) 

Le successive attestazioni che siamo riusciti a reperire attraverso lo spoglio degli archivi dei quotidiani risalgono agli anni Novanta e sono contenute nelle rubriche di critica gastronomica di Edoardo Raspelli sulla “Stampa”:

Dal Bolognese a Roma: un volgare mangificio [occhiello] [...] Ma quanta bella gente in questo celebre e celebrato ristorante di piazza del Popolo, proprio dove sbuca via del Corso, meta di una bella fetta della Roma che conta. Ed io lì, come un pirla (si licet), in mezzo alla sala, sconosciuto ospite che, alla fine, comunque, lascerà 109.500 lirette per sfamarsi in un volgare mangificio, con uno scriteriato servizio, con una cucina scadente e banale, con un’accoglienza senza «arrivederci», in un ambiente pressapochista, poco professionale. (Edoardo Raspelli, Senza arrivederci ai tavoli dei potenti, “La Stampa”, sez. TuttoDove, 2/12/1994, p. 21)

Poi, se la stagione lo permette, mangerete fuori, tra piante rigogliose; se fa fresco, vi aspettano le salette interne di questa casa da bambola, ahimè. Ahimè? sì, ahimè, perché qui noi abbiamo trovato un fascinoso mangificio dove tutti, ma proprio tutti, per non spendere le 400.000 lire a testa per 4 piatti alla carta più vino (senza strafare: è la norma tra i buoni livelli, in Francia), si buttano sui menu guidati. E vi farà un po’ specie vedere la folla di camerierini e camerierine, ben vestiti ma frettolosi e, in certi momenti, affannati, portare in sala e depositare al tavolo di servizio sempre le stesse cose. (Edoardo Raspelli, Era un nome mitico è diventato una mensa, “La Stampa”, sez. Tutto Libri, 4/9/1999, p. 6)

A partire da questa seconda attestazione, mangificio assume quasi il significato di ‘mensa industriale’ (come leggiamo dal titolo dell’articolo). Nel corso del Duemila la firma storica della “Stampa”, Paolo Massobrio, utilizza spesso la parola nelle recensioni della sua rubrica enogastronomica “Dolce&Salato”: 

I vini si stappano e si servono senza attendere il responso dell’assaggio, mentre per ciò che concerne il menu siamo al mangificio: ci si siede e senza dire una parola iniziano a portare, secondo un copione ben prestabilito che ricorda le operazioni di foraggio nella stalla. (Paolo Massobrio, Fra l’agriturismo doc e il mangificio in serie, “La Stampa”, sez. Nord-Ovest, 22/2/2002, p. 49)

Ma ci sono ancora quei menu sterminati, di tutto e di più, senza un’idea se non quella di riempire, come in un mangificio, la gente? [...] Proverete il piacere del gusto, alla faccia della sciocca abbondanza dei catering e dei mangifici che ancora proliferano coi loro nefast food. (Paolo Massobrio, I sapori della tradizione portano in tavola la festa, “La Stampa”, sez. Nord-Ovest, 13/12/2002, p. 49)

A questi stessi anni risale la prima occorrenza di mangificio con valore esteso, ossia associato a uno spazio (di solito un centro cittadino) deputato alla consumazione turistica di cibo (si noti l’uso virgolettato): 

La vera “movida” di Bari vecchia sta per partire? Se sarà così, sarà merito anche di quelle associazioni che hanno sempre contestato la riduzione a “mangificio” di quest’angolo di città rivoluzionato dal piano Urban. (Davide Carlucci, Premiata ditta Bari antica la cultura diventa holding, “la Repubblica”, sez. Cronaca, 9/12/2001, p. 4)

Si tratta tuttavia di un esempio isolato; il nuovo significato lo ritroviamo poi nel 2012, nel titolo di un articolo della “Repubblica” del 2012, che nel testo ripropone la parola nell’altra accezione e nel 2015 su Twitter: 

Sembra che per parlare di arti e scienze e in generale di cultura, a Firenze ci si debba sedere a tavola e ingozzarsi di cibo. Accade che in via Martelli, al posto di un’antica libreria, tra breve aprirà un mangificio che promette una certa attenzione alla qualità; è certo che quando aprirà i battenti si sarà saldata quella striscia di fumo e di odori di cibo rapido che guida i turisti da piazza Pitti al Duomo passando per Ponte Vecchio: un boccone di pizza e una foto al finto David. (Pietro Jozzelli, Mangificio Firenze, “la Repubblica”, sez. Firenze, 1/11/2012, p. 8)

Milano é [sic] diventata un enorme mangificio: un modo per tenere a bada l’ansia? (post su X di @micbon del 29/5/2015)

In questi stessi anni, mangificio continua ad avere prevalentemente il suo significato originario di ‘ristorante/locale che vende cibo in maniera industriale’. Lo troviamo spesso nelle recensioni di siti (in particolare Tripadvisor) che si occupano di fornire valutazioni sui servizi di ristoranti (e non solo) grazie ai commenti degli utenti: 

A me piace molto il sushi, ne ho provati diversi, posso quindi poter fare paragoni con altri locali del genere sia della mia città che di altre, ma devo dire che in questo caso non si ha assolutamente l’impressione di trovarsi in un “mangificio” tipo catena di montaggio, sia per il servizio che, decisamente, per la qualità del cibo servito, molto fresco e ben preparato. [...] Che dire? Posso assicurare che anche il cibo non è da “mangificio”, decisamente un’ottima qualità. A questi prezzi è imbattibile. (recensione Ottimo cibo, non da \“mangificio\”, ilmangione.it, 25/4/2014)

Mangificio di bassa qualità, per turisti affamati ma sprovveduti. Da evitare come un virus. (commento Insulto alla cucina italiana, tripadvisor.it, 16/5/2015)

Nel 2016-2017 assistiamo a un incremento notevole delle occorrenze della parola in associazione all’insieme di tanti esercizi commerciali (con particolare riguardo alla città di Firenze), a partire dall’uso che ne ha fatto lo stesso sindaco fiorentino. Infatti, dopo le dichiarazioni di Dario Nardella, le attestazioni di mangificio (con valore prettamente spregiativo, mai ironico) si moltiplicano sui quotidiani e su Twitter, quasi esclusivamente in relazione al capoluogo toscano: 

Il sindaco Nardella, intervistato dal Corriere Fiorentino, ha chiarito la strada che vuole battere: “Abbiamo deciso di usare i nuovi poteri dateci [sic] dalla norma “salva Unesco” emanata a novembre, per bloccare per tre anni nuove autorizzazioni a locali di somministrazione alimentari in centro, diventato un grande “mangificio”. (Turismo, Nardella: stop a “mangificio” nel centro storico, firenzetoday.it, 2/2/2017)

Sul fronte del centro, è quasi pronta la «norma anti mangificio». [...] La trasformazione del centro storico di Firenze in un grande mangificio non riguarda più solo le strade delle comitive di turisti. Il fenomeno si spande a macchia d’olio. (Giulio Gori, Nel gran mangificio Pietrapiana, “Corriere fiorentino”, 3/2/2017, p. 2)

Tutti x il cinema #spaziouno in centro solo turisti e mangificio e i residenti velocemente se ne vanno #fiorentinialcentro @rep_firenze (post su X di @simonegheri del 27/10/2017)

Basta mangificio! #Firenze prepara il #bando a nuovi #ristoranti #pizzerie bar nel centro storico area #Unesco (post su X di @andreafin8 del 28/3/2017)

Il problema della crescita esponenziale dell’offerta di cibo destinata al turismo di massa, da un lato, e la minore attenzione degli aspetti storico-artistici, dall’altro, non riguarda però solo Firenze; così, la parola mangificio è stata associata anche ad altre città italiane nelle quali sia presente questo stesso problema: 

Piazza Alessandri: da zona ministeriale a mangificio a cielo aperto, con qualcosa di buono [sottotitolo] [...] Il mangificio trionfa, ma non ha l’etnicità levantina dell’altro pezzo glamour della Roma umbertina (quello che gravita attorno a Piazza Vittorio). (Giuseppe De Filippi, Recensire la città, ilfoglio.it, 30/7/2017)

Da bolognese comincia a farmi schifo questo assimilare la città a un enorme mangificio (e per di più squallido come quello). Bologna è moldo [sic] di più di #ficoeatalyworld dateci un taglio! (post su X di @dvaldi1 del 3/6/2018)

#Venezia provvedimento contro il mangificio generalista @atomozero da oggi solo fritto misto e cicchetti (post su X di @Bdaigo del 4/4/2017)

L’attenzione al tema della consumazione massificata di cibo nei centri storici a scapito dell’attenzione per gli aspetti storico-artistici è cresciuta negli ultimi anni, tanto che il termine ha registrato una progressiva diffusione; la sua vitalità è testimoniata anche dall’uso di forme derivate tramite il prefisso anti- con funzione aggettivale (un esempio si è già visto sopra; per il prefisso anti- e la sua capacità categorizzatrice si veda antisoffoco [LINK]) e di forme composte, seppur non lessicalizzate, che vedono mangificio come secondo elemento: 

Nel caso di Firenze si sta facendo di peggio: si sta snaturando quello che era un museo a cielo aperto del Rinascimento trasformandolo in un parco giochi-mangificio per il consumo del turismo usa e getta. Una massa enorme di persone che la città non regge, né l’amministrazione sa gestire. (La bistecca fiorentina patrimonio Unesco e lo spettro del ritorno d’immagine, progettofirenze.it, 24/9/2018)

Invasa da giovani immigrati, venditori illegali di orrende cianfrusaglie con le quali pavimentano il centro storico, molti proprio sotto il suo ufficio, assediata da spacciatori e borseggiatori anche nelle vie più belle della città. Un enorme mangificio, che i residenti, le aziende e gli uffici erano stati costretti ad abbandonare anni fa. [...] Del resto non ha neanche senso chiedere aiuti economici al governo se poi non sia ha in mente quale è il nuovo modello che vogliamo per Firenze, o peggio ancora sarebbe riproporre la solita soluzione anche in tempi di vuoto turistico quando il modello “mangificio” era già insopportabile in passato. (Sandra Bianchini, Lettera aperta al sindaco Nardella, soloriformisti.it, 17/4/2021)

E fattelo il b&b, che aspetti? Evviva le città mangificio, piene di turisti, di b&b, di hotel di lusso, senza residenti, senza cultura, senza centri per la ricerca, senza anima, senza alternative di lavoro se non affittuari, cuochi e camerieri. (post su X di @crislomb del 29/5/2019)

L’associazione che riunisce le grandi catene di supermarket va alla guerra contro le norme anti-mangificio con cui il Comune ha bloccato per 3 anni nuove aperture di ristoranti e esercizi alimentari nel centro Unesco. [...] L’udienza al Tar è fissata per il 31 maggio e cresce l’attesa per la sentenza. Se arrivasse una sospensiva della norma comunale, il divieto di Nardella cadrebbe per almeno 18 mesi. Se invece la decisione venisse rinviata alla Consulta, lo “stop al mangificio” resterebbe vigente. (Norme Unesco, la grande distribuzione ricorre al TAR, novaradio.info, 15/5/2017)

@CeciliaDelRe ‘blinda’ le piazze storiche, la nuova mossa anti-mangificio nelle modifiche al regolamento Unesco #cosedidelre (post su X di @stecriv del 24/3/2017)

Parallela alla diffusione del termine associato a uno spazio che comprende diversi esercizi commerciali, si ha quella di mangificio ‘ristorante/locale deputato alla produzione e consumazione industriale di cibo’: 

«Ad Alghero è pieno di “mangifici”, ma pochi posti fanno davvero cucina». [le parole riportate sono dello chef nuorese Benito Carbonella]. (Gian Mario Sias, «Troppi “mangifici” ma la vera cucina è poca», lanuovasardegna.it, 27/8/2016)

La decisione di bloccare l’invasione di mangifici nei due centro storici [sic] i due comuni l’hanno presa in accordo con le associazioni di categoria, commercianti e artigiani. [...] Ma se è possibile che succeda in due città d’arte della Toscana, in un’altra, come Arezzo, che nulla ha da invidiare a Lucca e Volterra sul piano dell’arte e della tradizione artigiana, nel centro storico non c’è più traccia di botteghe e laboratori artigiani: mentre ad ogni angolo crescono mangifici in maniera indiscriminata. (Romano Salvi, Il centro invaso da mangifici, lortica.it, 21/5/2019)

Dopotutto, un buffet sarebbe davvero all you can eat se dovessi finire tutto ciò che hai preso? Quante volte ci è capitato di vedere queste scene in uno di questi mangifici a prezzo fisso? (Anna Prandoni, Occhi più grandi della bocca, linkiesta.it, 14/10/2021)

Oggi il termine risulta molto diffuso sui giornali, sui social e in rete in tutte e due le accezioni: 

Per verificarlo dovrei fermarmi ma devo invece affrettarmi, non vorrei che le masse avessero già finito di ingozzarsi nei mangifici del centro città e stessero per frapporsi fra me e i quadri di Casorati. (Camillo Langone, Scoprire Casorati nella “Villa dei capolavori”, nel parmense più profondo, quotidianocontribuenti.it, 28/5/2023)

Un altro problema è quello della città-museo con “mangifici” in centro (utilizzando magari frasi inglesi tipo Food), laddove invece le attività artigianali spariscono, e piccole botteghe chiudono per far posto a queste attività usa e getta, spesso legate a mode gastronomiche [...]. (Luigi Penzo, Città storiche: vincono i turisti. I residenti costretti ad andarsene, assisimia.it, 1/10/2023)

Un altro tassello nel mangificio del quadrilatero. E non è l’unico. In via del Corso, al 69 rosso, ha già dato l’addio il negozio di calzature The Flexx e al suo posto sono spuntate le insegne Bauli, la nota azienda di pandori. (Giulio Gori, Firenze, Starbucks in via Cerretani al posto di Dmail: un altro «mangificio» nel quadrilatero, corrierefiorentino.corriere.it, 3/6/2023)

Il “mangificio” in Italia è ovunque, nei dehors, sui tavolini nelle piazze, nei vicoli, nei cortili, nel mangia e cammina. Ovunque lo spazio fisico consenta un minimo di spaccio di specialità vere o presunte da ingurgitare. (Daniele Corsini, C’è necessità di una vera politica turistica, resistenzequotidiane.it, sez. Economia e Finanza verde, 10/7/2023)

Ultimamente mangificio è associato a eventi e manifestazioni, come ad esempio sagre e fiere, che diventano momenti (più che luoghi) in cui si ha una consumazione incontrollata di cibo, soprattutto da parte dei turisti: 

«Definire “Vita Vita” un mangificio a cielo aperto è un insulto a tutta la città, alle decine di migliaia di presenti e a coloro che si sono impegnati per la sua riuscita [...]». («Vita Vita mangificio a cielo aperto? Un insulto alla città». Ciarapica striglia Rosati, cronachemaceratesi.it, 26/8/2023)

Infine segnaliamo l’uso ironico del termine in riferimento al mangia mangia politico (ma anche aziendale). Una prima attestazione della parola riferita alla politica risale al 2003: in questo caso però la base lessicale non è mangia mangia, ma anche in questo caso mangiare perché il “palazzaccio della Repubblica” è il luogo in cui si divorano notizie, polemiche ecc.: 

Nel palazzaccio di Repubblica, nel grande mangificio di notizie, polemiche, sublimi aspirazioni e baggianate, che sta fra il formicaio di Roma Termini e la via di fuga Nomentana verso i colli laziali, ha occupato da vent’anni il suo nido di cuculo un omino di nome Massimo Bucchi, omino gentile con una gran bella testa e fiera, da profeta, in un mondo in cui da profetare c’è rimasta solo la fine della storia. (Giorgio Bocca, Massimo Bucchi virtù nel design, “la Repubblica”, sez. Cultura, 21/7/2003, p. 30)

Il termine mangificio collegato al significato dell’espressione mangia mangia comincia a diffondersi dal 2014, riferendosi non solo alla politica ma anche alle aziende, per lo più parastatali; questa diffusione non si ha attraverso i giornali (come le accezioni precedentemente trattate) ma nei social: 

I soldi della #Tasi finiranno comunque nel mangificio della grande corruzione [...] (post su X di @jargonfile del 5/3/2014)

#Grandi Opere blocchiamo lavori pubblici che sono il mangificio dei politici solo interventi necessari edilizia scolastica (post su X di @Giankoretto del 20/3/2015)

Che almeno fosse una scelta politica di servizi offerti al cittadino invece che un semplice mangificio (post su X di @CarloCochetti del 26/3/2018)

[...] Le Province hanno funzioni essenziali per la gestione dei territori. Cancellate le Regioni piuttosto, mangifici opachi e lontani dai cittadini. (post su X di @ValyTan del 27/4/2019)

Sta tornando in auge il mangificio parastatale... (post su X di @Gakolab del 6/6/2023) 

Concludendo, il suffissato mangificio è una parola (quasi) nuova che rivela un’evoluzione del suffisso -ificio, sia a livello morfologico (la selezione di basi verbali, oltre che nominali), sia a livello semantico (il passaggio da ‘arte di X’ [X= base] a ‘fabbrica di X’ documentata nell’Ottocento, fino alle accezioni spregiative e ironiche con cui viene usato prevalentemente nelle formazioni contemporanee). Il termine, che rivela la creatività e originalità dell’italiano contemporaneo, risulta oggi ben diffuso grazie alla possibilità di dedurre il significato dai singoli componenti che lo formano.

Altri derivati in -ificio

Come accennavamo, le ricerche per mangificio hanno rivelato una certa vitalità di nuovi suffissati in -ificio sia con base nominale sia con base verbale: 

Purtroppo il centro di Roma è tutto un mutandificio ed un mangificio. Sarei contenta se ci fossero meno turisti mordi e fuggi e più residenti. Così è snaturato. (post su X di @laHantucci dell’11/9/2022)

quindi lo strafottio di soldi è verissimo, solo che finisce nelle tasche dei soliti noti, tra cui i proprietari dei barozzi dove gli stessi americani si sfondano, peraltro la città è ormai un enorme bevificio (di alcol fortissimo di conseguente vomitificio) e mangificio (post su X di @albertobrogi del 14/3/2023)

Molti dei derivati in -ificio rinvenuti nei social (in particolare Twitter) si rivelano, nelle ricerche, occasionalismi, tranne i casi di bevificio e dormificio. Il primo termine, che in verità conta ancora troppe poche occorrenze nelle pagine in italiano di Google (una ventina tra singolare e plurale), compare, oltre che in numerosissimi commenti su Twitter, in alcuni articoli di giornali online: 

Lei dice che se muoiono i locali rimane il bevificio di piazza ingovernabile? (Ilaria Ulivelli, Firenze capitale del mondo “Ma la notte siamo Cenerentola È ora di aprire la mente, lanazione.it, 24/11/2022)

Una vergogna di amministrazione a Firenze, che permette il mangificio e il bevificio su scalinata e sagrato e conseguente pipì sulle facciate della Basilica di Santo Spirito, che sono intrise di urina, in particolare sulla facciata laterale e all’abside. (Camilla Speranza, Persone mangiano sulle scalinate della Basilica di Santo Spirito, il comitato: “Una vergogna”, gonews.it, 5/2/2023)

Si riferisce sempre allo spazio pubblico occupato solo per consumare bevande, per lo più alcoliche, senza alcuna attenzione agli aspetti storico-artistici; come leggiamo dal primo esempio si associa spesso a mangificio. Può anche indicare un luogo, caratterizzato dalla capacità di ospitare molte persone, deputato alla consumazione di bevande, come emerge dal seguente esempio, in cui il termine non ha alcuna connotazione spregiativa o ironica: 

Altro che birra artigianale fighetta alla moda, questa e’ [sic] birra autentica e buonissima nelle tre varieta’ [sic] base, lager chiara, scura e weizen. L’ambiente, pure speciale, un mangificio, bevificio caratteristico, con forse due o trecento tavoli distribuiti in diversi ambienti, inclusa sala degli alambicchi, salone dei silos, biergarten per l’estate. (recensione Immancabile a Trento, tripadvisor.it, 15/12/2017)

Questo esempio ci fa pensare che le due accezioni, quella spregiativa relativa ai centri storici e quella di luogo deputato alla consumazione di bevande, coinvolgano due parole nate con lo stesso meccanismo in momenti distinti e che abbiano finito per coincidere nel significante, confermandoci l’ipotesi che il modulo V + -ificio sia ormai entrato tra i meccanismi produttivi dell’italiano. 

Accanto a bevificio, abbiamo dormificio, termine che conta qualche decina di risultati in più rispetto al primo (70 risultati tra singolare e plurale nelle pagine in italiano di Google) e la cui prima attestazione risale al 2010, quando viene usato da un regista di teatro, napoletano, per indicare il dormitorio pubblico di Napoli per persone indigenti:

Palcoscenico dello spettacolo sarà il dormitorio stesso, o il dormificio come ama chiamarlo il regista Iodice. (Napoli, il Festival della canzone napoletana dedicato agli “invisibili”, quotidianodelsud.it, 28/5/2010)

Più recentemente, invece, il termine è stato “ricreato”, prendendo come modello la parola mangificio, secondo il meccanismo di suffissazione finora descritto, per indicare la proliferazione di case e appartamenti affittati a basso costo, a scopi turistici, nei centri storici della città, di solito attraverso apposite applicazioni. La maggior parte delle prime attestazioni, che risalgono al 2017-2018, contiene le parole del presidente della Federalberghi di Firenze, proprio in riferimento alla campagna anti-mangificio promossa da Nardella: 

Lasciamo per una volta da parte l’eterno, grave, irrisolto tema di una città che perde sempre più residenti ed attività, trasformandosi in un enorme “dormificio” turistico. (Roberta De Rossi, Affitti turistici, caos sulla cedolare secca, nuovavenezia.gelocal.it, 1/6/2017) 

“Il numero delle strutture ricettive e dei posti letto continua ad aumentare ben più dei flussi turistici e senza un reale controllo, trasformando il centro storico in un “dormificio”. E’[sic] quanto rimarca il presidente di Federalberghi Firenze Francesco Bechi riprendendo i dati di un’analisi condotta dall’associazione su tutto il panorama nazionale. (Firenze, Federalberghi: centro storico è diventato dormificio, askanews.it, 25/9/2018)

Attualmente il termine continua a essere utilizzato e, rispetto alle attestazioni precedenti, non ne viene più segnalata l’estraneità attraverso l’uso delle virgolette: 

Insomma, oltre ad essere diventato un mangificio, il centro di Firenze è diventato anche un dormificio per turisti, con quei pochi abitanti rimasti costretti a fuggire via sia per i prezzi (anche dei generi di prima necessità) che per quelli [sic] degli appartamenti. (Airbnb, boom di iscrizioni Impennata prima dello stop, lanazione.it, 21/7/2023)

Non mancano esempi in cui viene impiegato per indicare una struttura ricettiva, come un albergo o un ostello (di solito di pessima qualità), finalizzato non tanto all’accoglienza, ma a far dormire quante più persone possibili a basso costo [grassetto mio]: 

L’edificio architettonicamente sarebbe anche interessante, la posizione buona, l’arredo moderno, semplice. La cosa insopportabile è l’atmosfera, il viavai continuo... Il modo in cui il personale si relaziona con la clientela è veramente pessimo e non professionale. Un po’ ricorda un ostello mal gestito, una sorta di autogrill del sonno... Un non-lieu. Da evitare! (recensione Un dormificio, tripadvisor.it, 24/9/2022)

Infine dobbiamo sottolineare la differenza semantica con dormitorio, suffissato che ha come base il verbo dormire con l’aggiunta di -torio (forma dotta di -toio), spesso usato con valore di determinante in associazione a quartiere o città, che indica, secondo il Devoto-Oli online, un ‘agglomerato urbano situato alla periferia di una città industriale, povero di servizi e di spazi verdi, utilizzato dagli abitanti solo per dormire’. La maggior parte delle attestazioni con cui si sta diffondendo dormificio, invece, non si riferisce alla periferia ma propriamente al centro storico di una città, in cui si sono moltiplicati gli alloggi a scopo puramente turistico. 

Confrontando le tre parole mangificio, bevificio, dormificio, ci rendiamo conto che -ificio, oltre a formare nomi con il significato di ‘fabbrica, industria’ (per lo più con valore spregiativo), nei suffissati in questione indica propriamente fenomeni intensivi legati al turismo di massa: possiamo, per questo, metterle in relazione al termine, relativamente recente e precedente a esse, turistificio, segnalato nella sezione Neologismi 2018 del Vocabolario Treccani on line (prima attestazione nel 1993), che significa, per l’appunto, ‘fabbrica di turisti’.

Nota bibliografica

  • Maurizio Dardano, La formazione delle parole nell’italiano di oggi (primi materiali e proposte), Roma, Bulzoni, 1978.
  • Bruno Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze/Milano, Giunti/Bompiani, 2019 [1a ed.: Firenze, Sansoni, 1960]

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