La Crusca rispose | OPEN ACCESS SOTTOPOSTO A PEER REVIEW Mi sposo o sposo?Francesca CialdiniPUBBLICATO IL 14 giugno 2013
Quesito: S. P. da Roma, N. L. da Firenze e R. D. da Palermo ci chiedono se sia corretto l’uso del verbo sposare in frasi come “Mio figlio sposa”. Approfondiamo qui quanto già riportato nella scheda Verbi difficili. Mi sposo o sposo?Il verbo sposare nella costruzione transitiva è seguito dal complemento oggetto e assume i seguenti significati principali, che riportiamo dal Gradit: 1 v.tr., prendere una donna per moglie o un uomo per marito attraverso la celebrazione del matrimonio: s. uno straniero, un'ereditiera Se invece il complemento oggetto non è presente, il verbo può assumere la forma pronominale sposarsi, del tipo Mario si sposa, oppure è possibile il costrutto con la preposizione nel significato di ‘contrarre matrimonio con qualcuno’, come in Paolo si è sposato con una tedesca (cfr. Sabatini-Coletti 2008). Valeria Della Valle e Giuseppe Patota (Della Valle-Patota 2000, pp. 208-209) invitano a fare attenzione nell’uso del verbo che, in quanto verbo transitivo, richiede un’anima gemella che faccia da complemento oggetto. [...] Quando il complemento oggetto manca, bisogna usare la forma sposarsi: Marco si è sposato, Giulia si è sposata Ma, come segnalato dai nostri utenti, è attestata anche la costruzione assoluta del verbo (es.: Valeria sposerà presto), che viene riportata da molti dizionari come GDLI, De Felice-Duro, Gradit, Garzanti 2007, Vocabolario Treccani, Zingarelli 2012 e 2013. Benché in quasi tutti i casi l’uso di sposare venga marcato come regionale, in particolare della varietà toscana, GDLI e De Felice-Duro considerano standard l’uso assoluto del verbo: secondo GDLI il pronome atono sembra non essere obbligatorio ("Intransitivo anche con la particella pronominale"). Allo stesso modo, Luca Serianni fa rientrare sposare/sposarsi nel gruppo di verbi in cui l’uso del clitico è facoltativo: ma la sua presenza può comportare una diversa costruzione e una differente sfumatura di significato [...]. "la contrariava il fatto che Bube parlasse di sposare" (Cassola, La ragazza di Bube, 36), "non vedo come una signorina per bene possa cambiar vita se non sposandosi" (Moravia, Gli indifferenti, 85) (Serianni 1988, XI, 26, p. 389). Il De Felice-Duro attribuisce all’uso assoluto di sposare un significato specifico: il riferimento, infatti, è soprattutto all’atto e alla cerimonia del matrimonio. Così, anche Franco Fochi, in un articolo di "Lingua Nostra" del 1950 (vol. XI, p. 23), giustifica la coesistenza delle due costruzioni sul piano semantico: sposare sembrerebbe riferito per lo più al luogo o al tempo della cerimonia (ha sposato in Duomo; abbiamo sposato un mese fa), sposarsi tenderebbe a significare l’inizio di uno stato (mi sono sposato dieci anni fa). Già il Boccaccio e Santa Caterina da Siena ed altri scrittori dei primi secoli scrivono sposarsi [...]: perciò il dire soltanto, come oggi fan tanti, sposare, in modo così assoluto quasi fosse un verbo intransitivo, ci sembra men logico e meno chiaro. Siccome però in tale forma è ormai dell’uso, e lo troviamo anche in scrittori moderni di primo piano – per esempio in quella novella di Pirandello, intitolata Il viaggio, ove si parla d’un uomo che «aveva fatto sposando, un grave torto al fratello maggiore» – non osiamo insistere, e ci rassegneremo a poco a poco, per amore o per forza, a vedere il verbo sposare usato così (L’Idioma d’Italia, 1948, pp. 85-86). Quest’uso, che probabilmente si sviluppa a partire dalla costruzione transitiva del verbo, è attestato dalla fine del XVI secolo e compare per la prima volta in una commedia teatrale di Pasqualigo (1581): "Il che non so certo, avendo io inteso che sponsano lunedì" (cfr. GDLI), ma non sembra avere molta diffusione. Dalla consultazione della LIZ (Letteratura Italiana Zanichelli), infatti, risulta che sposare senza pronome clitico viene utilizzato in particolare tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima parte del Novecento e, come nota Euclide Milano, è presente soprattutto in Pirandello: "intanto non sposano mai" (Giacosa, Tristi amori), "Che credevi sposando?" (Capuana, Il Marchese di Roccaverdina), "Così fecero e sposarono" (Pirandello, La giara), "Sposando, egli aveva nascosto alla madre che Silvia fosse una letterata" (Pirandello, Suo marito), "Quando un figliuolo o una figliuola sposano, si debbano lasciare a se stessi" (Pirandello, Così è se vi pare).
La connotazione regionale attestata nella lessicografia trova conferma nell’ALI, Atlante Linguistico Italiano (volume VIII, carta 795): l’uso di sposa per si sposa e di sposano per si sposano è della Toscana meridionale, ma sono presenti alcune occorrenze anche in area occidentale. Infatti, il Vocabolario Pisano di Malagoli (1972) s.v. sposare: "usato senza particella pronominale: Quando sposi? Quando ti sposi? - Sposo giovedì. Mi sposo giovedì". Anche dall’ALT, Atlante Lessicale Toscano, emerge la diffusione di sposare in uso assoluto nella parte meridionale della Toscana: ad Alberese (provincia di Grosseto, punto ALT 206) un informatore anziano fornisce in nota alla dom. 348 ‘scapolo’ la sequenza È restato da sposare, glossando la frase come veneta (ad Alberese, infatti, nella prima parte del Novecento si stabilì una colonia veneta). Per la Maremma il dato è confermato dal Vocabolario Maremmano di Barberini (1994), s.v. sposare: "[...] unirsi in matrimonio: Sposo domani, mi sposo domani".
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