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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Auditare, audire, auditore

Gianluca Lauta

PUBBLICATO IL 23 ottobre 2023

Quesito:

Su audit e su alcuni suoi derivati è stata pubblicata sul sito nel 2010 una risposta che qui daremo per nota (Storia e pronuncia del termine audit). Successivamente, sono pervenute nuove domande su auditare, audire, auditato, audito, auditore.

Auditare, audire, auditore

Muoviamo, intanto, da una considerazione di carattere generale: dalle due basi nominali audit e audizione e dalla base verbale udire (insieme con l’arcaico audire) possono derivare molte forme, diverse per significato, ma simili tra loro (talvolta persino omonimiche). Alcune di esse sono arcaiche (come auditore nel senso di uditore), altre sono forme settoriali facilmente semplificabili, poiché non costituiscono il risultato di una vera elaborazione intellettuale. Negli scritti idealmente rivolti a una platea di non addetti ai lavori, tutte le forme settoriali che possono essere semplificate andrebbero semplificate. In particolare, i vocaboli su cui i lettori ci sollecitano sembrano riflettere il gergo degli uffici; non andrebbero perciò reimpiegati troppo disinvoltamente nelle scritture formali e sarebbero soprattutto da evitare nelle scritture normative e regolative indirizzate a un largo pubblico. Usandoli, si abbia almeno l’accortezza di fornirli di una glossa esplicativa. Li vedremo ora più da vicino.

Auditare (rifatto sull’inglese audit ‘verifica, revisione’) è un verbo denominale con una struttura morfologica caratteristica (si pensi solo a quanto avviene con il lessico dell’informatica: chattare su chat, cliccare su clic e così via). Nella risposta del 2010 se ne sconsigliava l’uso, perché la forma non era ancora registrata nei dizionari e non era molto diffusa in rete. A oltre dieci anni di distanza il verbo – insieme con il participio auditato – appare ormai acclimato nei testi di ambito economico-giuridico (e anche in testi settoriali di altro tipo). Auditare e auditato possono essere facilmente sostituiti da perifrasi forse non adatte al parlato sbrigativo degli uffici, ma indubbiamente preferibili nelle scritture più sorvegliate. Proponiamo (ma è un esempio tra altri possibili) sottoporre, o sottoposto, ad audit (cioè a revisione).

Da due lettori vengono segnalate anche le forme audire e audito, per le quali si può ripetere quanto si è appena detto a proposito di auditare e auditato. Aggiungeremo soltanto che, sul piano formale, audire e audito hanno più l’aspetto dei derivati di audizione che non di audit. A ogni modo, le due parole sono note ai dizionari soltanto come alternative arcaiche di udire e udito (di audito sopravvive nell’italiano comune l’antonimo inaudito nel senso di ‘straordinario’, ‘incredibile’, per lo più in senso negativo).

Da ultimo, auditore: il sostantivo costituisce un’alternativa antiquata di uditore e suona affettato in quasi tutti i contesti, a meno che non stia a indicare un incarico preciso, come l’auditore di Rota nella Curia romana. Diversamente, come derivato di audit, la forma auditore può assumere di volta in volta significati vicini a ‘revisore’, ‘supervisore’, ‘valutatore’ (o, con una perifrasi, ‘responsabile dell’audit’). Con questi significati, auditore si deve considerare un prestito di ritorno (è il corrispondente dell’inglese auditor ‘revisore dei conti’). Nel senso di ‘revisore’, la forma auditore sarebbe teoricamente ammissibile, ma chi scrive dovrebbe sempre fare attenzione alla sua somiglianza con uditore, che significa tutt’altro e, di nuovo, può essere motivo di fraintendimenti.

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