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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Etichetta ambientale, ecologica ed ecoetichetta

Miriam Di Carlo

PUBBLICATO IL 17 ottobre 2023

L’ambito dell’ecologia, del riciclo o, comunque, del rispetto verso l’ambiente sta diventando terreno fertile per l’introduzione di parole nuove nel lessico italiano: prestiti e formazioni autoctone arricchiscono continuamente il nostro vocabolario. In questo articolo cercheremo di far chiarezza tra diversi lessemi, alcuni dei quali recentissimi, come etichetta ambientale (quell’etichetta che reca le informazioni utili per una corretta raccolta differenziata degli imballaggi) ed etichettatura ambientale, altri meno, come etichetta ecologica, etichetta energetica, ecoetichetta ed ecolabel.

Dobbiamo fare una premessa di carattere terminologico: chiameremo etichetta e etichettatura ambientale, etichetta ecologica ed etichetta energetica genericamente “locuzioni”, in quanto unità lessicali al cui interno non si può inserire materiale (etichetta ambientale esaustiva e non *etichetta esaustiva ambientale) e pressoché fisse, quindi non classificabili come “collocazioni”, che, per definizione, seppur riconoscibili, non sono fisse. Queste unità lessicali potrebbero essere interpretate o come composti N[ome]+A[ggettivo] (cioè formati da almeno due forme libere, non legate), larghi (cioè non univerbati), endocentrici (in cui un componente del composto è iperonimo del composto stesso: in questo caso etichetta); oppure come polirematiche o unità lessicali superiori, caratterizzate da un’opacità semantica maggiore rispetto ai composti. Proprio per la difficoltà di inquadrare le forme composte in una categoria morfologica, parleremo genericamente di “locuzioni”.

Invece, ecolabel e il suo traducente ecoetichetta sono formati dal prefissoide di origine greca eco- (inizialmente usato nel senso di ‘casa, abitazione, ambiente’ e poi in quello di ‘relativo all’ecologia’) e da label ‘etichetta’ o, appunto, etichetta.

Con la parola etichettatura si intende il nome d’azione, derivato per suffissazione con -tura, dal verbo etichettare, a sua volta derivato dal sostantivo etichetta: indica quindi l’azione di etichettare qualcosa e, propriamente, l’‘applicazione di etichette su prodotti e manufatti industriali confezionati’ (Devoto-Oli 2023).

Premettiamo che, a livello semantico, spesso, nello stesso ambito normativo, è difficile cogliere la differenza di significato tra i diversi lessemi, i quali a volte sono usati come sinonimi, a volte hanno significati diversi. Per chiarire i significati dei lessemi dobbiamo ricostruirne il percorso nel tempo.

Nel 1992 l’Unione Europea introduce l’Ecolabel (in principio si trattava di un nome proprio): è un’etichetta non obbligatoria raffigurante una margherita stilizzata, i cui petali sono le stelle che rappresentano gli stati membri, e il cui “pistillo” è la E di Europa. Questo simbolo viene apposto a quei prodotti che hanno un ridotto impatto ambientale in ogni fase del ciclo di vita: dall’estrazione delle materie prime, alla produzione, fino all’imballaggio, alla distribuzione, all’utilizzo e allo smaltimento. In quanto simbolo, non fornisce indicazioni dettagliate al consumatore, ma sintetizza una serie di informazioni che garantiscono il ridotto impatto ambientale del prodotto. Come dicevamo, Ecolabel in principio era un nome proprio (ossia indicava il marchio appena descritto dell’Unione europea), poi progressivamente è divenuto nome comune (da scriversi dunque con la minuscola) essendo passato a indicare qualsiasi tipo di etichetta che garantisca il ridotto impatto ambientale di un prodotto, di una materia prima (soprattutto in campo edilizio), di un servizio (anche in campo turistico come, ad esempio, la cosiddetta Bandiera blu) e di emissioni combustibili.

La parola è un prestito non adattato dall’inglese e della sua formazione abbiamo già parlato (cfr. supra). Può essere scritta nella forma analitica eco label, in quella con trattino eco-label, più frequentemente nella grafia univerbata ecolabel.

Il genere grammaticale prevalente è il maschile, sebbene non manchino occorrenze del femminile: “ecolabel europeo” ha 13.700 r. ed “ecolabel europea” 2.030 r. nelle pagine in italiano di Google, dove ecolabel conta ben 292.000 risultati (ricerca del 29/6/2023; cfr. postilla finale). La parola (nella grafia col trattino) è registrata nel Supplemento 2004 al GDLI (che, oltre alla descrizione del logo approvato dall’Unione europea, aggiunge: “Anche, licenza concessa a produttori od operatori a fregiare i propri prodotti o servizi di tale marchio di qualità”), nel GRADIT (che rinvia a ecoetichetta), nello Zingarelli 2024 (che, come il GDLI, ne fornisce la descrizione dettagliata), nel Devoto-Oli 2023 (che propone solo il traducente ecoetichetta); mentre il Vocabolario Treccani non lemmatizza il termine, che pure è presente nell’Enciclopedia Treccani on line nella definizione di ecoetichetta (assieme ad etichetta ecologica). La prima attestazione che siamo riusciti a reperire nei testi in lingua italiana risale al 1992 (la stessa data fornita dal GRADIT e dallo Zingarelli 2024), in questo caso particolare, in grafia separata e con l’iniziale minuscola:

È l’eco label [titoletto]. I nostri produttori, infatti, non potendo ottenere l’etichetta ecologica italiana, saranno gravemente penalizzati rispettivamente [sic] alle altre industrie della Comunità europea che stanno già entrando sul mercato con i prodotti «verdi». (Anna Bartolini, Arriva l’etichetta ecologica. E nella Cee spunta il fiore, “Corriere della Sera”, sez. Economia/Soldi, 22/2/1992, p. 26)

Abbiamo evidenziato anche etichetta ecologica, di cui parleremo più avanti. Di poco posteriore a ecolabel è il suo calco traduzione ecoetichetta (16.200 r., tra esempi al singolare e al plurale, nelle pagine in italiano di Google), registrato anch’esso nel Supplemento 2004 al GDLI (“Etichetta, apposta da specifici organi di controllo, che segnala i prodotti che risultano compatibili con l’ambiente durante tutto il loro ciclo di produzione; ecolabel”), nel GRADIT (che lo data al 1994), nel Vocabolario Treccani online, nel Devoto-Oli 2023 e nello Zingarelli 2024 (con data 1993). Tramite Google libri possiamo retrodatare ecoetichetta al 1992, quando compare in una rivista (della quale non riusciamo a visionare l’intero contesto): 

[...] ai lavori di messa a punto in sede Cee di una ecoetichetta per i prodotti di consumo. (Unità di ricerca, “Modo”, 138-141, 1992, p. 26)

Risale al 1993 la prima attestazione sui quotidiani: 

Carta igienica fatta «senza abbattere neanche un albero», detersivi che oltre a lavare più bianco mantengono azzurre le acque dei fiumi, cosmetici a base di prodotti naturali: forse tutto questo sarà realtà con la recente approvazione, da parte del Parlamento italiano, della legge di finanziamento dell’Ecolabel, il marchio di qualità ecologica per i prodotti industriali. Il provvedimento, in ottemperanza al regolamento Cee, consentirà alle aziende che lo vorranno e lo meriteranno di «ecoetichettare» i loro prodotti sfruttando un marchio comunitario [...]. L’ecoetichetta è uno strumento già utilizzato in molti Paesi: in Germania esiste dal 1977 (l’Angelo Blu), ma anche in Francia, Gran Bretagna, Danimarca e Stati Uniti esistono iniziative analoghe. (Davide Pavan, Consuma pure, è naturale, “La Stampa”, sez. Tutto Scienze, 29/12/1993, p. 4)

Quest’ultimo brano riporta, oltre a ecoetichetta e a Ecolabel, anche il verbo ecoetichettare, derivato da cui l’autore prende le distanze attraverso le virgolette (e di cui, a oggi, non si hanno considerevoli occorrenze neppure sul web). C’è da notare che ecoetichetta, sebbene abbia più registrazioni lessicografiche rispetto a ecolabel, ha meno risultati nelle pagine in italiano di Google (17.710 r. tra singolare e plurale) ed è usato prevalentemente nella stampa. Passando ai testi normativi italiani, ecoetichetta non ha nessuna attestazione, mentre ecolabel è usato a partire dal 1993 in decreti e leggi di attuazione del regolamento dell’Unione europea del 1992 (cfr. il Decreto-legge 6 luglio 1993, n. 216, “Gazzetta Ufficiale” n. 157 del 7/7/1993, p. 5 e la successiva Legge 9 agosto n. 294, “Gazzetta Ufficiale” n. 188 del 12/8/1993, p. 5).

Passiamo ora a etichetta energetica (che conta su Google tra singolare a plurale 618.300 r.). Risale sempre al 1992 la normativa europea che impone l’etichettatura energetica per elettrodomestici e lampadine: si tratta dell’indicazione del consumo energetico secondo diverse categorie di efficienza. Una prima isolata attestazione di etichetta energetica risale al 1981 (Cesare Pogliano, Etichetta “energetica” sugli elettrodomestici?, “Corriere della sera”, 10/2/1981, p. 21), ma soltanto dal 1992 abbiamo esempi in cui la locuzione sembrerebbe aver raggiunto una certa fissità e il referente risulta ben definito:

In tema di elettrodomestici, tutti i responsabili hanno confermato la classe A dei loro apparecchi (da A a A++) ed hanno inoltre affermato la loro intenzione, per gli acquisti del futuro, di prestare attenzione all’etichetta energetica. (Elena Dai Prà, Mario Boneschi, Orfana repubblica, Milano, Franco Angeli, 1992, p. 158)

In Italia, dal 1998, si ha l’obbligo di apporre su lavatrici, elettrodomestici del freddo, condizionatori d’aria, forni, lavastoviglie, televisori e anche lampadine, un’etichetta ben visibile (quindi abbastanza appariscente) con l’indicazione della classe di consumo, indicata dalle lettere alfabetiche dalla A (quella con minor consumo energetico e quindi con minor impatto ambientale, caratterizzata dal colore verde) alla G (con maggior impatto ambientale, ormai quasi del tutto fuori produzione, rappresentata dal colore rosso). Dallo stesso 1998 la locuzione comincia a comparire sui quotidiani. Dal 2010 l’Unione europea ha imposto l’etichettatura energetica per altre categorie di apparecchi elettronici (lettori dvd, cd, ecc.), ma anche finestre isolanti, porte esterne e simili, introducendo altre classi di consumo con minore impatto ambientale, caratterizzate dall’aggiunta fino a tre + accanto alla lettera A (oggi sono state riviste tutte le classi energetiche e i segni + sono stati eliminati definitivamente). Precisiamo, infine, che all’interno della stessa etichetta energetica, accanto alle classi energetiche, può essere inserito l’ecolabel raffigurante la margherita stilizzata (diciamo anche, per completezza, che tutte queste tipologie di etichetta sono regolamentate da norme ISO, International Organization for Standardization).

Veniamo ora a etichetta ecologica: la locuzione è registrata soltanto nella sezione Neologismi 2008 del Vocabolario Treccani on line con lo stesso significato di ecolabel ed ecoetichetta, ma ha assunto nel tempo diverse accezioni. Le prime attestazioni, risalenti alla seconda metà del Novecento, sono state rilevate all’interno di testi specialistici di architettura e urbanistica, quali traducenti dell’inglese environmental label, per indicare la certificazione dei materiali con ridotto impatto ambientale, compresi quelli che sono stati già riciclati. Proprio per questo pregresso, quando l’Unione europea vara le normative sulla certificazione del basso impatto ambientale di materiali e prodotti, l’indicazione relativa all’ecolabel (o ecoetichetta) viene recepita subito nel campo dell’architettura e dell’edilizia, spesso con il nome di etichetta ecologica:

“[...] In Germania sono stati costruiti edifici ad altissimo contenuto tecnologico in cui ogni flusso energetico è sapientemente controllato. Però questi edifici spesso son fatti di materiali di qualità ecologica discutibile. E nello stesso momento altri bioarchitetti perfezionano materiali eccellenti senza inserirli in un progetto di risparmio energetico”. Chi vuole comprare casa come può orizzontarsi? È ipotizzabile un marchio di qualità? “Il marchio non può essere riferito alla cosa più importante: alla qualità complessiva di un progetto. Ma può essere applicato ai singoli materiali utilizzati. L’Europa ci sta arrivando con la direttiva sull’ecolabel, l’etichetta ecologica, che riguarda un’ampia serie di prodotti”. (Antonio Cianciullo, ‘Noi, architetti ecologisti’, “la Repubblica”, sez. Società, 20/3/1995, p. 26)

Infatti, dagli anni Novanta la locuzione (spesso accompagnata dall’aggettivo europea) assume il significato di ecolabel (o ecoetichetta), riferendosi a quella particolare etichetta promossa dalla normativa europea (cfr. supra la prima attestazione di ecolabel nel “Corriere della Sera”):

Museo Scienza / Etichetta ecologica. Al Museo della Scienza, via San Vittore 21, alle 9.30, convegno di Associazione Cotoniera e Legambiente su «L’etichetta ecologica europea: un alleato per l’ambiente nel mercato del libero scambio?». (Incontri, “Corriere della Sera”, sez. Milano di Sera, 11/11/1994, p. 51)

“È probabilmente questo uno dei motivi che ha impedito la diffusione dell’etichetta ecologica europea in Italia, nonostante la normativa nazionale si sia ormai allineata con il regolamento comunitario sull’ecolabel”, dichiara Marco Frey che presso le IEFE – Università Bocconi coordina attività di ricerca sulla certificazione ambientale con il supporto dell’Unione Europea. (Carlo Alberto Pratesi, [titolo mancante], “la Repubblica”, sez. Affari e Finanza, 19/1/1998, p. 21 [versione consultabile nell’archivio on line])

Sempre dalla seconda metà degli anni Novanta la locuzione etichetta ecologica è usata come sinonimo di etichetta energetica:

Anche gli elettrodomestici avranno l’etichetta. Ecologica. [da notare il punto fermo che separa i due elementi, n.d.r.] Frigo e lavatrice sono fra i primi apparecchi che presto dovranno essere venduti con una scheda d’accompagnamento. [...] L’etichetta conterrà indicazioni precise sulle caratteristiche di ogni modello. (Lavatrice e frigo con etichetta ecologica, “Corriere della Sera”, sez. Consumi & Diritti, 18/11/1995, p. 19)

La locuzione viene usata anche per le indicazioni di basso impatto ambientale per i motori, che possono essere descritti attraverso classi energetiche. Anche in questo caso, la si può trovare assieme a etichetta energetica:

Eppure non si scappa: la strada è segnata: a breve tutte le automobili e i camion in vendita dovranno esporre una sorta di “etichetta energetica”, ovvero una scheda adesiva che ne riassume le caratteristiche in termini di consumi energetici ed emissioni di gas serra, simile a quella che già conosciamo e che compare su frigoriferi e condizionatori. (Vincenzo Borgomeo, L’auto come l’elettrodomestico. Arriva l’etichetta ecologica, repubblica.it, 1/6/2011)

A partire dal Duemila circa, etichetta ecologica può indicare anche altre tipologie di etichette con informazioni ambientali per i servizi turistici (ma non solo) come la cosiddetta Bandiera blu, adottata per le località balneari che rispettano alcuni parametri ecologici:

Per frenare questi eccessi, nota l’Agenzia europea per l’ambiente, «dal 1990 c’è stato un significativo aumento dell’uso dell’ecolabel in campo turistico, anche se l’uso delle etichette ecologiche resta un fenomeno marginale». (Antonio Cianciullo, Slalom tra vele e bandiere per l’ecoturista a caccia di oasi, “la Repubblica”, sez. Cronaca, 25/5/2003, p. 12)

La bandiera blu dal 1981 a oggi è diventata un’etichetta ecologica di prestigio e per ottenerla le località devono ottemperare dei servizi offerti e delle misure di sicurezza previste [sic]. (Ma il mare è sempre più blu, “la Repubblica”, sez. Genova, 15/7/2004, p. 7)

Non manca la sezione dedicata alle strutture ricettive e turistiche, con l’elenco aggiornato degli alberghi che si fregiano dell’etichetta ecologica di Legambiente Turismo. (Monica Rubino, Guida Blu. Pollica regina 2011, repubblica.it, 9/6/2011)

Una particolare tipologia è quella adottata per i prodotti ittici, normata nel 2012 (in cui si parla di “un programma di etichettatura ecologica destinato a certificare e promuovere etichette per i prodotti provenienti da una corretta gestione della pesca marittima e focalizzato su temi correlati all’utilizzo sostenibile delle risorse della pesca”, Decreto Legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, “Gazzetta Ufficiale” n. 26 del 1/2/2012, p. 7): 

L’Europa è pronta al confronto sull’introduzione di un’etichetta ecologica per i prodotti della pesca. [...] Il commissario appare però aperto ad altre soluzioni come la creazione di un sistema unico comunitario di etichettatura ecologica, e non esclude neppure lo status quo per lasciare che i sistemi di etichettatura esistenti si sviluppino liberamente. (Bollino blu per la pesca, “la Repubblica”, sez. Affari e Finanza, 4/7/2005, p. 37)

All’interno della normativa italiana si parla di etichettatura ecologica anche per la protezione del mare e delle acque interne nelle note alla cosiddetta Legge «Salvamare» ossia la Legge 17 maggio 2022, n. 60 (Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell’economia circolare, “Gazzetta Ufficiale” n. 134 del 10/6/2022, p. 13). Infine, troviamo etichetta ecologica anche in contesti in cui l’aggettivo ecologica significa ‘che può essere riciclata’:

Dalla collaborazione tra enti di ricerca e stabilimenti di produzione è infatti stato messo a punto un materiale che rende le etichette, onnipresenti su qualunque prodotto commerciale, anche per mandato dell’Ue, riciclabili e riutilizzabili, perché facilmente staccabili e fatte di una materiale eco-friendly. [...] Lo sviluppo di etichette ecologiche, distaccabili e riciclabili rispecchia a pieno la politica europea in materia di rifiuti, che tratta l’aspetto del riutilizzo attraverso un processo di prevenzione, prima ancora del riciclo. (Roberta Paoletti, Chiudere il cerchio del riciclo è una questione di etichetta. Ecologica, repubblica.it, 28/12/2020).

Riassumendo, etichetta ecologica (anche detta marchio ecologico) assume il significato di indicazione generica sull’impatto ambientale di un materiale (come abbiamo visto per l’edilizia) e di un servizio (come nel campo del turismo), di un elettrodomestico o di un motore (come sinonimo di etichetta energetica), ma soprattutto, in tempi recenti, di un prodotto, divenendo a tutti gli effetti sinonimo di ecolabel e ecoetichetta:

Nel dettaglio dovranno sparire le stoviglie di plastica monouso, si dovranno usare tovaglie e tovaglioli lavabili, sostituire le bottigliette di plastica con distributori di acqua e limitare, se non eliminare, l’utilizzo di confezioni monouso per merendine, biscotti e succhi di frutta. Niente buste, borse o sacchetti di plastica, bensì di tela; gadget sì, ma solo se dotati di etichetta ecologica che ne spieghi l’impatto ambientale. (Mariachiara Giacosa,“Basta plastica”. Lo sport nel mirino della Regione, “la Repubblica”, sez. Cronaca, 5/10/2019, p. 2)

Dopo questo chiarimento possiamo finalmente parlare di etichetta ambientale, locuzione non registrata in nessun dizionario italiano, che, dopo un primo periodo di incertezza semantica, ha finito per individuare un’etichetta che fornisce indicazioni sulle corrette modalità di riciclaggio degli imballaggi di un prodotto. Le sue attestazioni sul web sono in continua crescita: basti pensare che ai 50.700 risultati nelle pagine in italiano di Google del 12/5/2023 ne corrispondono 71.300 alla data del 26/6/2023; “etichettatura ambientale”, poi, conta ben 1.030.000 risultati. La prima attestazione che abbiamo rilevato, risale al 1984, quando ancora il suo significato è sovrapponibile a quello di ecolabel:

Nel 1979 è stata creata la “etichetta ambientale” apposta sui prodotti particolarmente accettabili dal punto di vista ambientale. Fra gli altri: contenitori spray senza clorofluoro carbonio, aspiratori, falciatrici, autobus [...]. (“Annuario europeo dell’ambiente”, 1984, p. 301)

Al 1990 risale la prima attestazione sui quotidiani, ma il suo significato sembrerebbe ancora alludere a quello di ecolabel, al centro del dibattito europeo proprio in quegli anni:

Tasse e incentivi ecologici. Normative europee e deregulation, tecnologie pulite e innovazione dei processi produttivi, etichette ambientali e inedite collaborazioni fra Comunità Europea e gli Stati Uniti sono alcuni degli argomenti al centro dei due giorni del dibattito organizzato dalla Fondazione Rotary per l’ambiente. [...] Di «etichette ambientali» parla invece Luigi Vertemati, parlamentare europeo, convinto che solo la certificazione dei prodotti, dei processi produttivi e delle materie prime, opportunamente incentivata anche sul piano economico, possa scatenare un’utile ed ecologica concorrenza fra le aziende. (Suona ancora l’allarme-smog. Consulto sull’aria avvelenata, “Corriere della Sera”, sez. Cronaca di Milano, 24/3/1990, p. 36)

Negli anni Duemila, si affianca ancora a etichetta ecologica ed energetica per indicare quell’etichetta recante informazioni sui consumi energetici per elettrodomestici e motori:

Come una lavatrice, una lavastoviglie o un qualsiasi elettrodomestico così anche le auto in California dal primo gennaio devono esporre sul parabrezza la classe delle emissioni inquinanti di cui fanno parte. L’etichetta ambientale. Una classificazione a dire il vero un po’ più complicata della semplice “AA” a cui noi siamo abituati per condizionatori & Co., ma di grande precisione perché per l’auto in California il legislatore vuole che si denunci non le “prestazioni ambientali” relativamente alle sostanze inquinanti emesse, ma anche l’impatto della vettura sul riscaldamento globale. (Vincenzo Borgomeo, Usa, le prestazioni ambientali esposte sul parabrezza dell’auto, repubblica.it, sez. Motori, 8/1/2009)

Spesso, ancora oggi, può assumere il significato di ecolabel (o etichetta ecologica) nel campo edilizio e non solo:

«C’è la possibilità che qualcuno avvii al recupero materie vecchie oggi fuori norma. Poi, non sempre chi produce in maniera pulita ottiene la giusta visibilità. Sarebbe il caso che sui prodotti consumati in Europa, l’Ue decida di imporre l’obbligo di indicazione della valutazione del ciclo di vita, la cosiddetta “etichetta ambientale” così che tutti possano verificare l’impatto sull’ambiente della loro realizzazione». (Marco Tedeschi, Aquafil, quando l’economia circolare è vincente, lastampa.it, 8/2/2017)

«Questo progetto, che rappresenta un notevole successo nella collaborazione tra pubblico e privato per noi è particolarmente importante perché riguarda un tipo di tubazioni che utilizzano un materiale termoplastico che ha appena ottenuto, per la prima volta in Europa, l’etichetta ambientale certificata Epd (Environmental product declaration per il sistema di tubazioni per acquedotto)», spiega l’ad della società Alessandro Mezzalira. (Marco Sabella, I tubi Fitt Bluforce per la sostenibilità dell’acqua del Piave, “Corriere della Sera”, 5/11/2020, p. 45)

In sostanza, prima di vendere una maglietta come ‘tessuto riciclato’ o una crema solare come ‘a basso impatto per il mare’, le aziende dovranno rispettare una serie di criteri che prevedono la verifica indipendente della dichiarazione green resa in etichetta. [...] Inoltre, complica ancora di più le cose la proliferazione di diversi tipi di etichette ambientali nel mercato unico, che si basano su approcci diversi o sono soggette a differenti livello di scrutinio: una valutazione di 232 etichette ambientali nell’Ue evidenzia che in quasi la metà dei casi, il processo di verifica era debole o non era stato realizzato del tutto. (Marco Cimminella, Lotta al greenwashing, nuove regole dell’Ue per contrastare le etichette green ingannevoli, repubblica.it, 27/3/2023)

Nel 2022 troviamo alcune sporadiche attestazioni in cui indica la certificazione di basso impatto ambientale per i combustibili, come etichetta ecologica (ed ecolabel, che compare nella seconda citazione):

Però non guasterebbe un sistema di etichette ambientali per classificare i diversi voli e per consentire ai passeggeri di scegliere le opzioni possibili, anche tenendo conto delle emissioni degli aerei. (Vincenzo Foti, Aerei, stop alle emissioni gratis dal 2026 e carburanti sostenibili al 100 per cento, repubblica.it, 24/1/2022)

Le misure sono state prese in 149 comuni, per delimitare l’accesso ai centri urbani. Il nuovo segnale ha una forma circolare e mostra un veicolo che espelle fumo dal suo tubo di scarico e informa “del divieto di ingresso agli autoveicoli, ad eccezione di quei veicoli che hanno l’etichetta ambientale indicata dall’ente locale nella parte inferiore del segnale”. Infatti, sotto, c’è il riquadro che indica le tre accezioni consentite dalla regola: i veicoli con emissioni 0, quelli che hanno la ‘eco label’ e quelli con il bollino ‘C’. naturalmente il divieto non c’è per il badge “0” (veicoli elettrici a batteria, BEV), gli elettrici ad autonomia estesa (REEV) e ibridi plug-in con un’autonomia minima di 40 km o veicoli a celle a combustibile. (Paolo Rossi, In Spagna spunta il segnale di divieto per le auto inquinanti, repubblica.it,15/2/2022)

Veniamo ora, finalmente, al significato prevalente, cioè quello di ‘etichetta recante informazioni al consumatore per poter riciclare correttamente gli imballaggi’. Non si tratta di un marchio (come l’ecolabel o l’ecoetichetta o l’etichetta ecologica), né di informazioni sulle prestazioni di un elettrodomestico in relazione all’ambiente (come l’etichetta energetica), ma di una guida che aiuta il consumatore a svolgere correttamente la raccolta differenziata: coinvolge, dunque, la fase di smaltimento e non di produzione di un prodotto. La legge che regola l’etichettatura ambientale è del 2020 (che recepisce la normativa Ue del 2018 e che sostituisce il vecchio decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152):

I rifiuti anche di imballaggi, aventi analoghe proprietà di biodegradabilità e compostabilità rispetto ai rifiuti organici[,] sono raccolti e riciclati assieme a questi ultimi, laddove:
1. siano certificati conformi, da organismi accreditati, allo standard europeo EN 13432 per gli imballaggi recuperabili mediante compostaggio e biodegradazione, o allo standard europeo EN14995 per gli altri manufatti diversi dagli imballaggi;
2. siano opportunamente etichettati e riportino, oltre alla menzione della conformità ai predetti standard europei, elementi identificativi del produttore e del certificatore nonché idonee istruzioni per i consumatori di conferimento di tali rifiuti nel circuito di raccolta differenziata e riciclo di rifiuti organici;
3. entro il 31 dicembre 2023 siano tracciati in maniera tale da poter essere distinti e separati dalle plastiche convenzionali nei comuni impianti di selezione dei rifiuti e negli impianti di riciclo organico. (Articolo 1, comma 8 del Decreto legislativo 3 settembre 2020, n. 116, pubblicato nella “Gazzetta Ufficiale” n. 226 del 11/9/2020, p. 39)

All’interno del decreto non viene mai impiegata la locuzione etichetta ambientale, che risulta invece essere stata associata proprio in quell’anno a ‘indicazione per la differenziata’. Nel sito del CONAI (“Consorzio Nazionale Imballaggi”), ad esempio, troviamo già nel novembre del 2020 le locuzioni etichettatura e etichetta ambientale:

Le recenti novità normative hanno reso obbligatoria l’etichettatura ambientale di tutti gli imballaggi immessi al consumo in Italia. (Etichetta ambientale del packaging – istruzioni per l’uso, conai.org, 17/11/2020)

La prima attestazione sui quotidiani risale sempre al 2020, ma è nel corso del 2021 e del 2022 che la locuzione vede largo impiego (a volte anche con entrambe le iniziali maiuscole):

L’imballaggio è una leva potente dell’economia circolare. «Il packaging – sottolinea Luca Ruini, presidente Conai – fornisce informazioni chiave su dove gettare e come gettare un determinato prodotto. Sono anni che lavoriamo con le aziende per costruire etichette ambientali sempre più trasparenti e chiare». Anche per questo Conai sta realizzando delle linee guida per le imprese raccogliendo le best practice in grado di dare l’esempio. (Diana Cavalcoli, Buone pratiche per imballaggi circolari, “Corriere della Sera”, sez. Economia, 13/11/2020, p. 37)

A breve dovrebbe entrare in vigore una normativa che obbliga i produttori ad applicare sugli imballaggi un’etichetta ambientale che faciliti lo smaltimento, il recupero e il riciclaggio della confezione. (Camilla Mendini, (Im)perfetto sostenibile, Milano, Rizzoli, 2021 [versione digitalizzata])

A questo scopo, di recente sono state redatte normative sul tema del riciclo, che riguardano l’introduzione dell’Etichetta Ambientale. [...] Grazie all’Etichetta Ambientale, la situazione adesso è già in netto miglioramento: dall’1 gennaio 2022 tutti gli imballaggi dovranno riportare indicazione riguardo al loro corretto smaltimento. Ogni materiale ha un codice che permette di classificarlo secondo gli standard europei. Esistono anche delle direttive in merito al posizionamento dell’Etichetta Ambientale, che può essere apposta su tre diversi punti della confezione (La sostenibilità ambientale passa anche dall’imballaggio, repubblica.it, 9/3/2022)

Nel 2022, prima a marzo e poi a settembre con il decreto attuativo, il Ministro per la Transizione Ecologica ha varato le Linee guida sull’etichettatura degli imballaggi (decreto n. 360 del 28 settembre 2022, mase.gov.it, 27/9/2022), in cui viene usata frequentemente la locuzione etichettatura ambientale, che indica l’azione di apporre etichette che rechino informazioni sullo smaltimento corretto degli imballaggi di un prodotto. Oggi le occorrenze di etichetta ambientale (e del nome d’azione etichettatura) riportano quasi esclusivamente l’accezione che stiamo trattando (nel 2011 è nato anche il marchionimo Etichetta Ambientale, che però è una ecoetichetta). Ultimamente si sta diffondendo anche la locuzione etichetta ambientale digitale (da considerare che etichetta digitale è lemmatizzata come collocazione nel Dizionario delle Collocazioni, a cura di Paola Tiberi, Bologna, Zanichelli, 2012):

L’etichetta ambientale diventa digitale. E ti dice tutto. Anche su come smaltire gli imballaggi. [sottotitolo] Due direttive Ue hanno reso obbligatorio l’etichettatura ambientale dei rifiuti di imballaggio. [...] In Italia soltanto a settembre scorso sono stati varati dal ministero dell’Ambiente i decreti attuativi, con l’integrazione delle linee guida sull’etichettatura ambientale degli imballaggi a cura del consorzio Conai. L’innovazione, tutta italiana, sta nella possibilità dell’utilizzo di un’etichetta ambientale digitale (Ead). È quella sviluppata da Junker, i #GreenHeroes della app che aiuta a riciclare correttamente semplicemente leggendo il codice a barre dei prodotti con un cellulare. La Ead è un’operazione di grandissima portata che semplifica il lavoro dei produttori, e avvicina gli utenti alle informazioni, molto più dettagliate, spesso rispetto a quelle che compaiono su una scatola o su una confezione. (Alessandro Gassmann, Riciclare è facile, basta un tap, “Il Venerdì” di Repubblica, repubblica.it, 21/4/2023)

Come abbiamo letto, la locuzione etichetta ambientale digitale sta diventando sempre più diffusa, ma continua ad avere un numero contenuto di risultati nelle pagine in italiano di Google (1.720 r.); a volte, però, si tratta di un nome proprio (soprattutto quando ha la sigla Ead, promossa per prima dalla startup Junker):

Si chiama EAD, acronimo [sic] di Etichetta Ambientale Digitale, ed è la prima soluzione studiata per dare un’estensione digitale alle informazioni di smaltimento e di sostenibilità stampate sugli imballaggi. (L’etichetta ambientale diventa digital, italiaimballaggio.it, 12/1/2022)

L’obbligo di una etichetta ambientale digitale [titoletto]. Sono diversi i vantaggi derivanti dalla nuova etichetta ambientale digitale [...]. (Matteo Paolini, Più consapevoli con la nuova etichetta ambientale: ecco come funziona, quifinanza.it, 9/5/2022)

Eco-logicamente è la soluzione per rendere disponibili al cliente finale le informazioni dell’etichetta ambientale obbligatoria dei prodotti in modo facile e sicuro, direttamente sul suo smartphone. (Eco-logicamente: aiuta il consumatore con l’etichetta ambientale digitale degli imballaggi, nel sito “gs1it.org”, sez. “Servizi per te”)

Il referente della locuzione va chiarito: in questo caso il prodotto reca sulla confezione un codice meccanografico a barre o un QR code, che, se inquadrato attraverso uno smartphone, fornisce le informazioni corrette per lo smaltimento degli imballaggi, guidando più precisamente il consumatore. L’etichetta perde, dunque, la materialità che finora l’aveva caratterizzata.

[tutte le ricerche nei dizionari, nei quotidiani e nelle pagine in italiano di Google sono aggiornate al 30/6/2023]

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