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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Non lasciamoci confondere dai fumi delle fumisterie

Raffaella Setti

PUBBLICATO IL 22 giugno 2022

Di fronte alle domande che ci sono arrivate sul termine fumisteria, anche noi inizialmente siamo rimasti affascinati dalla “fumosità” e rarità della parola e abbiamo prima di tutto verificato se fosse un neologismo. Dopo qualche ricerca, però, è risultato chiaro che non si tratta di una parola nuova, ma che anzi è una parola con una bella storia, non antichissima, ma curiosa; che ha attraversato le Alpi per arrivare in Italia dalla Francia ed è tornata in auge recentemente con il recupero, nelle abitudini diffuse, di sistemi di riscaldamento tradizionali come stufe e caminetti (di nuova generazione, alimentati con combustibili sostenibili, ecc.). Infatti proprio di questo si tratta: la fumisteria è in primo luogo ‘l’officina in cui si fabbricano caldaie, stufe, caloriferi’ una definizione che però troviamo registrata solo dal GDLI con prima attestazione del 1949 nel romanzo autobiografico Giuseppe in Italia del bolognese Giuseppe Raimondi, che ricorda i suoi incontri con Giorgio Morandi nel retro del negozio di stufe di suo padre: “Il  mondo  è  con  me,  nel  retro dell’antica  fumisteria;  ma  vorrei  essere  fuori  e  spendermi in rischi generosi”. Tutti gli altri dizionari sincronici trattano questa parola solo nel significato metaforico di ‘atteggiamento poco serio; mistificazione; discorso privo di contenuto, ma pretenzioso e altisonante; attitudine e gusto a fare scherzi, burle’ (Gradit, che però anticipa la data al 1915).

La parola è entrata in italiano dal francese sulla base di fumiste (già derivato da fumée + suffisso -iste): nel Trésor de la Langue Française informatisé (TLFi, Atilf.fr) fumiste è definito come ‘Ouvrier spécialisé dans la construction et l’entretien des cheminées, ainsi que dans l’installation et l’entretien des appareils de chauffage’ (traduzione mia: “operaio specializzato nella costruzione e la manutenzione di camini, oltre che nell’installazione e la manutenzione di impianti di riscaldamento”), quindi, potremmo dire, lo ‘specialista dei fumi’; attraverso l’aggiunta del suffisso -erie (suffisso corrispondente all’italiano -eria, di cui uno dei significati è ‘luogo in cui si fabbricano o vendono gli oggetti indicati dalla base del derivato’, del tipo salumeria, macelleria, utensileria) si arriva a fumisterie. Il corrispondente italiano fumisteria si affianca a derivati come copisteria, ebanisteria, erboristeria, in cui il suffisso -eria si aggiunge a una base già derivata con il suffisso -ista che indica perlopiù nomi di mestiere: dunque i luoghi denominati da questi derivati sono quelli in cui ‘opera l’esperto di qualcosa’ (di fumi, di copie, di ebano, di erbe…).

Continuando a indagare sulla forma francese, il sostantivo fumisterie, sempre nel TLFi, presenta due accezioni: la più antica (1845) di ‘métier, commerce de fumiste’, per indicare quindi il mestiere del fumista e il commercio di impianti di riscaldamento che rilasciano fumi (e notiamo che qui si introduce già una categoria merceologica); la seconda, di poco posteriore (1852), di ‘Ce qui ne peut pas être pris au sérieux’ (‘ciò che non può essere preso sul serio’, ‘mistificatorio’).

Per il primo significato di fumisteria, oggetto della nostra analisi, il quadro offerto dai dizionari storici subisce modifiche significative alla luce delle possibilità di ricerca offerte dalle banche dati digitali, in particolare con la consultazione di Google libri. Per il francese la più lontana attestazione di fumisterie che sono riuscita a rintracciare risale al 1821 ed è negli Annales françaises des arts, des sciences et des lettres, faisant suite aux Annales des bâtiments (tomo VIII, p. 91): “il entreprend également tous les travaux relatifs à la fumisterie, tels que construction des grands poèles sur place, fourneaux de cuisine pour charbon de bois et de terre, poèles de faïence, etc.” (traduzione mia: “si occupa inoltre di tutti i lavori relativi alla fumisteria, come la costruzione di grandi stufe in loco, cucine a carbone, stufe in terracotta”). Successive a questa, ma significative per il contesto in cui il termine compare, abbiamo l’Encyclopédie moderne, ou Dictionnaire abrégé des hommes et des choses (Bruxelles, Th. Lejeune, 1828, tomo VII, p. 168) che registra fumisterie tra le “messe in opera” all’interno di un corso teorico di costruzione, e il Dictionnaire de l’industrie manufacturière, commerciale et agricole (Paris, Baillière, 1834, vol. 3, p. 580), dove il termine è inserito tra le professioni che concorrono nell’esecuzione delle costruzioni (“Poëlerie, Fumisterie”, “Plomberie, Fumisterie”).Per l’italiano la più antica attestazione reperita risale al 1896 ed è contenuta in un saggio storico dedicato a Malesco, località della Val d’Ossola:

La fumisteria la quale fino alla metà dell’attuale secolo, era in Francia quasi tutta nelle mani dei nostri Ossolani, è ora per contro anch’essa pressoché da loro abbandonata, e quei pochi che ancora la esercitano, non si differenziano più dagli altri industriali, perché alla medesima applicarono il moderno progresso e gli insegnamenti della fisica. Del resto la fumisteria non fu sempre esercitata soltanto da gente secondaria, a cui mancassero i mezzi di darsi a professioni più elevate; poiché anche un personaggio della più alta nobiltà milanese, cioè il Duca Antonio Litta, non isdegnò di unire il suo nome ed il titolo del nobile suo casato a quella industria, con sede inoltre in Milano nello stesso suo palazzo. (Giacomo Pollini, Notizie storiche, statuti antichi, documenti e antichità romane di Malesco comune della valle Vigezzo nell’Ossola, Torino, Carlo Clausen,1896, p. 87)

Rimandando per un momento la questione della datazione, che, come vedremo, è molto probabile che sia ancora precedente, questa testimonianza storica è ricca di molte informazioni utili a ricostruire il percorso della parola e dei suoi usi. Intanto si ha una localizzazione ben precisa di questo genere di attività, e quindi della sua denominazione, in Francia, dove pare fossero impiegati molti italiani provenienti dalla Val d’Ossola, che hanno contribuito all’ingresso della parola in italiano; inoltre si fa riferimento al progressivo abbandono della fumisteria, almeno in forma tradizionale, e si accenna al progresso delle conoscenze e delle tecnologie che hanno portato anche questo settore alla trasformazione industriale che ha visto come imprenditori personaggi dell’alta nobiltà lombarda. Tra questi, nel testo, troviamo citato il duca Antonio Litta, che viene indicato da Pollini come titolare della Società omonima in una nota al testo:

La Società Duca Antonio Litta per l’esercizio di un sistema speciale di caloriferi, venne fondata già prima del 1849, e fu premiata con medaglie d’oro a diverse esposizioni, come risulta da un opuscolo stampato a Torino nel 1875 dalla Tipografia Favale, e da numerosi annunzi nei giornali di Torino e Milano. (Giacomo Pollini, Notizie storiche cit.)

Dunque già a metà dell’Ottocento, tra Milano e Torino in pieno sviluppo industriale, il termine fumisteria sembra affermarsi come categoria merceologica, sia in ambito produttivo, con la nascita di società che producono impianti di riscaldamento all’avanguardia, sia in ambito commerciale, con esercizi in cui i prodotti vengono esposti e venduti e in cui si fornisce assistenza per il montaggio e la manutenzione. Fumisteria e lattoneria si ritrovano citate anche a proposito di Bartolomeo Camona (fondatore delle Officine di Sesto San Giovanni), che nel 1887 impiantò la sua prima officina a Milano, divenuta in pochi anni tra i principali produttori di utensili in latta, ferro e ghisa (Tesi di laurea magistrale in Architettura di Leopoldo Tinazzi, intitolata Sesto San Giovanni. Rondò e Piazza Oldrini: una strategia di inserti architettonici reinventa l'individualità dei luoghi, in una nuova praticabilità degli interni urbani, a.a. 2010/2011, p. 7).  

Certamente la parola, benché dalla forma trasparente (con il riferimento ai fumi prodotti da impianti di riscaldamento), resta di circolazione limitata tra gli addetti, anche se nella prima metà del Novecento aprono a Milano negozi di questi articoli che diventeranno storici: in particolare nel 1934 apre la Fumisteria Vigorelli, ancora attiva e molto prestigiosa nel suo campo. Da questa breve e necessariamente sintetica storia delle fumisterie come ‘aziende produttrici di sistemi di riscaldamento o esercizi commerciali’, abbiamo la conferma della provenienza francese del termine, dell’epoca, intorno alla metà dell’Ottocento, e dell’area, alta Lombardia e poi nelle città industriali Milano e Torino, della sua prima diffusione in italiano. Resta comunque un tecnicismo e, come tale, non sarà accolto dai dizionari, se non molto tardi e solo, come anticipato, dal GDLI con attestazione letteraria.

Diversa fortuna invece ha avuto l’altra accezione di fumisteria come ‘il gusto di fare scherzi, burle, di sbalordire il pubblico; il fatto di presentare come ricchi di contenuto e di significato discorsi o scritti che in realtà ne sono poveri, o come cose serie progetti, idee, iniziative che hanno invece scarsa serietà; in senso concreto, gli scritti stessi o discorsi o progetti che, presentati come cose serie o importanti, si risolvono in fumo: tutte fumisterie!’ (Vocabolario Treccani), registrata nei principali vocabolari contemporanei e associata a fumismo inteso come ‘comportamento di chi vende fumo’ (Garzanti online: s.v. Fumismo, non com. ‘fumisteria’; Hoepli online: s.v. Fumismo, raro ‘fumisteria’; Gradit: s.v. Fumismo, B[asso]U[so] ‘fumisteria’). La forma francese originaria aveva come significato primario quello concreto di ‘mestiere e commercio del fumista’, da cui quello metaforico di ‘chi burla e vende fumo’, il primo di pertinenza del settore pratico delle costruzioni e dell’impiantistica, il secondo proprio del lessico intellettuale borghese. In italiano, come abbiamo visto, fumisteria nell’accezione concreta entra in ambiti specifici e, come tecnicismo, ma passa pressoché inosservato alla lessicografia storica e sincronica: nella seconda accezione viene registrato a partire dalla prima edizione dello Zingarelli (1917), forse in seguito alla sua entrata (cfr. Erasmo Leso, Aspetti della lingua del fascismo. Prime linee di una ricerca, Roma, Bulzoni, 1973), tra il novembre 1914 e il maggio 1915, tra i neologismi usati da Benito Mussolini: "Anche questa è “fumisteria” gesuitica. Cogliamo l'ultima contraddizione. Dice il manifesto che le conseguenze morali, politiche ed economiche di questo flagello in tutti i paesi, saranno nuovo e più forte incentivo alla lotta…".

Proprio questa sostanziale assenza dai vocabolari dell’accezione tecnica del termine (diversamente da quanto avvenuto per fumista) ha fatto pensare a una nuova parola, o quantomeno a un nuovo significato concreto, rispetto a quelli metaforici, entrato nell’uso negli ultimi anni, in cui si è assistito a un deciso recupero di sistemi di riscaldamento dalle forme tradizionali (stufe, cucine economiche, caminetti), ma innovativi e all’avanguardia per quel che riguarda i sistemi di smaltimento dei fumi. Certamente una svolta c’è stata tra il 1993 e il 1994 con l’approvazione del decreto attuativo 412/93 del Piano energetico nazionale, che ha stabilito l’obbligo della manutenzione annuale degli impianti termici; sulla "Repubblica" del 25/05/1994 si legge della proposta dell’allora Presidente dell’Associazione spazzacamini fumisti (Anfus) Giovanni Maria Paoletti: “tenendo conto che le canne fumarie sono una parte integrante di questi ultimi [impianti termici] e che solo lo spazzacamino è qualificato per tali manutenzioni, si rende necessaria la creazione di una scuola nazionale di fumisteria per formare un numero di artigiani qualificati tale da soddisfare la richiesta del mercato”. E ad oggi è attiva a Pescara la Scuola nazionale di formazione e aggiornamento Fuspa (per fumisti e spazzacamini) che forma diverse centinaia di esperti ogni anno. Ma anche per chi è al di fuori dell’ambiente, è evidente che si sono moltiplicati i centri e i professionisti della fumisteria: i grandi magazzini di materiale da costruzione hanno reparti specifici di fumisteria in cui si trovano tubi, raccordi, canne fumarie, stufe a legna e a pellet, griglie di aerazione e molti altri accessori di fumisteria. In rete, per quanto sia difficile effettuare una ricerca che selezioni soltanto questo significato di fumisteria, il lancio con Google (pagine in italiano, al 4/5/2022) della stringa “accessori di fumisteria”, restituisce 1.750 risultati; quello di “impianti di fumisteria” 2.150. Restano certamente numeri contenuti, che confermano il limitato raggio di impiego della parola, ma si tratta in ogni caso di un termine che ha una sua storia, una sua tradizione e che attualmente ha visto un rilancio dovuto probabilmente all’ampliamento della clientela non specializzata con la diffusione del fai da te anche in lavori di ristrutturazione e impiantistica (favorito da tutorial e istruzioni di ogni tipo reperibili facilmente in rete).

Detto questo resta aperto un interrogativo, suggerito dal fatto che in molti dizionari italiani attuali (Treccani, GRADIT, Hoepli, Sabatini-Coletti) è presente fumista nell’accezione di ‘Chi impianta, ripara o vende caloriferi, stufe e camini’: come mai sotto la voce fumisteria, che comunque compare nell’altra accezione, non è stata aggiunta la seconda accezione derivata direttamente da fumista ‘addetto ai fumi’? Se, da un lato, ha certamente pesato la tradizione lessicografica per cui la maggior parte delle voci dei dizionari tende a essere trasferita identica alle edizioni successive, e in questo senso ha certamente segnato la strada la prima edizione dello Zingarelli (1917) che contempla solo l’accezione “letteraria” di fumisteria; d’altro canto mi sento di avanzare qualche altra motivazione: come molti altri termini, fumisteria è rimasto limitato a usi specialistici, conosciuto e usato dagli addetti a determinate mansioni, e diffuso principalmente nel nord Italia; il generale processo di tecnicizzazione dell’italiano contemporaneo, unito all’innovazione degli impianti di riscaldamento e, direi, alla “moda” di cimentarsi in lavori di casa anche di una certa complessità, ha messo in mostra, in rete e negli scaffali dei magazzini specializzati, questi materiali che tendono a essere classificati/indicizzati recuperando l’“etichetta” di fumisteria per indicare l’insieme degli accessori necessari alla canalizzazione e allo smaltimento dei fumi di impianti di riscaldamento. Se non siamo certamente di fronte a una nuova parola, possiamo però caldeggiare (è proprio il caso di dirlo) l’integrazione nelle voci dei vocabolari sincronici di questa accezione di fumisteria, più antica e più recente al tempo stesso.

Cita come:
Raffaella Setti, Non lasciamoci confondere dai fumi delle fumisterie, “Italiano digitale”, XXI, 2022/2 (aprile-giugno), pp. .

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