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SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

Vamping

Miriam Di Carlo

PUBBLICATO IL 20 dicembre 2021

Gli ultimi due anni, segnati dalla pandemia di Covid-19, sono stati caratterizzati da un cambiamento radicale delle relazioni sociali: il lockdown e il distanziamento sociale hanno imposto una dilatazione degli spazi fisici interpersonali e una maggiore dipendenza dai dispositivi elettronici. Il lavoro e soprattutto la scuola, hanno subìto una rivoluzione del concetto di collettività e comunità (basti pensare alla didattica a distanza e allo smart working o lavoro agile), non basato più sul contatto fisico, ma su quello virtuale, non più sul contributo materiale, ma su quello digitale. Questa rivoluzione sociale, dalle forti ricadute esistenziali, già incipiente prima del 2020 ma accelerata dalla pandemia, ha inevitabilmente generato una serie di problematiche legate alla dipendenza dai nuovi dispositivi elettronici. Problematiche che la lingua sta cercando, con rapidità e proprio per questo spesso con poca creatività, di descrivere e indicare attraverso alcune nuove parole, la maggior parte delle quali prelevate integralmente, senza alcun adattamento, dall’inglese. Tra queste spicca il termine vamping, anglismo che nel 2021 ha visto un forte incremento d’uso e che indica l’abitudine e la patologia, diffuse soprattutto tra gli adolescenti (ma non solo), di rimanere svegli durante gran parte della notte per usare i dispositivi, soprattutto smarphone e tablet. A differenza della maggior parte degli anglismi non adattati entrati nella lingua italiana, il termine vamping ha visto una diffusione maggiore (in percentuale) in italiano piuttosto che nella lingua d’origine, tant’è che non è registrato in nessun dizionario inglese mentre è stato recentemente inserito, come vedremo meglio più avanti, nel Devoto-Oli 2022. Non è in effetti raro il caso di parole o espressioni inglesi che hanno maggiore successo in Italia che nei Paesi anglofoni: ad esempio, smart working rientra in questa fattispecie.

Vamping in inglese

All’origine del sostantivo vamping c’è la parola vampire ‘vampiro’, accorciato in vamp (da cui anche vamp ‘donna dotata di travolgente fascino e sex appeal’, Devoto-Oli 2022, con data al 1931). Essendo -ing un suffisso d’azione (tipico del gerundio) che di solito si associa a verbi (più che a sostantivi), dobbiamo presupporre che la base del derivato sia il verbo (to) vamp ‘vampireggiare’, non registrato però in alcun dizionario inglese con questo significato. Non si può escludere che il suffissato abbia come base il sostantivo vamp, ma nei casi in cui -ing si associa a nomi, i suffissati che ne derivano sono di solito nomi collettivi: clothing (da cloth) ‘capi di abbigliamento’, bedding (da bed) ‘biancheria da letto’. In questo caso, vamping descrive l’azione continuativa di rimanere svegli la notte, di “vampireggiare” e dunque, quasi sicuramente, deriva dal verbo (to) vamp, la cui diffusione è difficile da considerare in inglese vista la sua omonimia con (to) vamp ‘riparare’ e ‘rinnovare’. Il nuovo verbo è registrato per la prima volta nel 2008 nello Urban Dictionary, il dizionario di gergalismi inglesi compilato dagli utenti in rete:

Vampin’ the act of staying up all night; pulling an all nighter “I’m so tired! I got five hours of sleep.” “Shut up, Alex. I was vampin’ it all night!” [traduz. mia: Vampin’ l’azione di rimanere svegli tutta la notte; l’azione di tirare tutta la notte “Sono così stanco! Ho solo cinque ore di sonno.” “Zitto, Alex! Ho vampireggiato tutta la notte”] (definiz. Di Tom Diputs808 del 4/12/2008)  

In questo caso il verbo to vamp, da cui vamping, indica genericamente l’abitudine a rimanere svegli la notte, senza una correlazione con l’uso dei dispositivi elettronici. La nascita del nome d’azione vamping con il significato a cui ci riferiamo (ossia la patologia di rimanere svegli la notte causata da una sorta di dipendenza da Internet) viene fatta risalire, nella maggior parte degli articoli e saggi in lingua inglese e italiana, a un articolo uscito nel 2014 sul “New York Times”:

Researches have long contended that teenagers (along with their stressed-out parents) should get more sleep. According to recent poll conducted by the National Sleep Foundation, more than half of 15-to 17-year-olds sleep about seven hours a night, 90 minutes less than minimum recommendation. With myriad electronics ways to socialize, gossip and explore hobbies, tech-addicted teenagers are getting even fewer hours of sleep. Some young people even have term for it online: vamping, a reference to those other legendary creatures of the night. (Thanks, “Twilight” and “True Blood”). They document their all-nighters by posting selfies on Instagram from bed, with the hashtags #teen and #vamping. Temitayo Fagbenle, a teenage “rookie reporter” for WNYC, filed a radio report in May about how her friends were sleep deprived because of social media. «You want to seem as cool as possible so you will post something at 2 on the morning, to just be like, ‘Oh, I’m part of this cool-kid group,’» one friend said, before Ms. Fagbenle added, «My friends and I see the same thing down our newsfeeds, posts about #breakingnight, also known as #notsleepingatall and #vamping».

[traduz. mia: Le ricerche sostengono da tempo che gli adolescenti (insieme ai loro genitori stressati) dovrebbero dormire di più. Secondo un recente sondaggio condotto dalla National Sleep Foundation, più della metà dei giovani tra i 15 e i 17 anni dorme circa sette ore a notte, 90 minuti in meno rispetto alla raccomandazione minima. Con una miriade di modalità elettroniche per socializzare, fare gossip ed esplorare i propri interessi, gli adolescenti dipendenti dalla tecnologia dormono ancora meno ore. Alcuni giovani hanno un termine per designarlo online: vamping, in riferimento a quelle altre creature leggendarie della notte (Grazie, “Twilight” e “True Blood”). Documentano le loro nottate postando selfie su Instagram dal letto, con gli hashtag #teen e #vamping. Temitayo Fagbenle, una “giornalista in erba” adolescente di WNYC, ha presentato un servizio radiofonico a maggio su come le sue amiche fossero private del sonno a causa dei social media. «Vuoi sembrare il più figo possibile, quindi pubblicherai qualcosa alle 2 del mattino, per dire semplicemente ‘Oh, faccio parte di questo gruppo di ragazzi fantastici’», ha detto un amico, prima che la signorina Fagbenle aggiungesse, «Io e i miei amici vediamo gli stessi contenuti nella stessa sequenza, post su #breackingnight, noto anche come #notsleepingatall e #vamping».] (Laura M. Holson, Social Media’s Vampires: They Text by Night, “The New York Times”, Section ST, 6/7/2014, p. 1)

Laura Holson è molto chiara: la parola vamping esisteva e veniva largamente impiegata dai giovani già prima del 2014. Attraverso alcune ricerche condotte sui profili inglesi di Twitter, possiamo desumere che il termine vamping sia nato in ambito gergale giovanile attorno al 2008 circa, come conseguenza della moda dilagante presso le nuove generazioni della saga Twilight di Stephenie Meyer, i cui protagonisti sono, per l’appunto, dei vampiri. Infatti proprio nel 2008 esce il primo film tratto dalla serie dei romanzi (pubblicati a partire dal 2005) e da questo momento cresce sempre di più, presso i giovani, l’attrazione per il mondo dei vampiri e del paranormale. L’attitudine a rimanere svegli durante tutta la notte, indipendentemente dalla connessione con i dispositivi elettronici, è stata sempre diffusa presso le giovani generazioni, ma l’attrazione per la vita notturna non legata alla socialità (nel senso fisico della parola) e la dipendenza da Internet, accentuata dalla possibilità di consultarlo attraverso un dispositivo tascabile facilmente utilizzabile a letto come uno smartphone, hanno creato una vera a propria patologia, descritta presumibilmente per la prima volta come tale da Laura Holson solo nel 2014. L’articolo del “New York Times” ha prelevato il termine dal gergo giovanile e lo ha immesso in un circuito di ampio uso (come il lessico giornalistico), ha trattato il vamping dal punto di vista patologico e soprattutto ha catalizzato l’attenzione sul fenomeno, diffondendo la parola ad esso associata. Basti pensare che già il giorno successivo all’uscita dell’articolo della Holson veniva pubblicato un pezzo simile sul “Washington Post” e poi a catena una serie di articoli, anche nelle maggiori testate giornalistiche italiane.

Ad oggi però la parola non è registrata in nessun dizionario “ufficiale” della lingua inglese. L’unico repertorio lessicografico che lo riporta nel significato a cui ci riferiamo è Slangit, un dizionario di parole appartenenti allo slang inglese della messaggistica, delle chat, dei social, compilato direttamente dagli utenti del web:

Vamping. Staying up late at night using electronics. Vamping is a term that describes the act of staying up late at night to use electronics. The term originates from vampires, which are active during the night-time. Vamping is often done by teenagers who stay up through the night texting, gaming, or watching videos on their devices. The term often appears with a hashtag (#) preceding the term in a tweet. Example: “Just binge watched OITNB thru the night. #vamping”. [traduz. mia: Vamping. Fare tardi la notte usando dispositivi elettronici. Vamping è un termine che descrive l’atto di stare alzati fino a tarda notte per usare dispositivi elettronici. Il termine deriva dai vampiri, che sono attivi durante la notte. Il vamping è spesso fatto da adolescenti che stanno svegli tutta la notte a mandare messaggi, giocare o guardare video sui loro dispositivi. Il termine appare spesso con un hashtag (#) che precede il termine in un tweet. Esempio: “Ho appena guardato in maniera compulsiva OITNB tutta la notte. #vamping”] (definiz. su Slang.it, 21/6/2018)

Facendo un confronto tra la definizione dello Urban Dictionary e quella di Slangit di ben dieci anni dopo, notiamo che vamping è passato da indicare l’attitudine e rimanere genericamente svegli durante la notte, a designare l’abitudine (e anche la patologia) di rimanere svegli nelle ore notturne a causa della dipendenza dai dispositivi elettronici. Comunque, il fatto che venga registrato in un dizionario dedicato allo slang giovanile, ci attesta che la parola, in inglese, nasce e circola prevalentemente nel gergo dei giovani e non all’interno dei testi specialistici medici.

Vamping in italiano

La parola vamping conta 17.200 risultati nelle pagine in italiano di Google (ricerca del 9/12/2021), un dato che sembrerebbe in crescita se confrontato con le 14.200 occorrenze del 16/11/2021.  

Colpisce notare che il termine è registrato in più repertori lessicografici italiani “ufficiali” che inglesi. Anzitutto è inserito tra le parole nuove del 2014 rilevate dall’Osservatorio della Lingua Italiana del portale Treccani con una citazione del “Messaggero”:

Anziché dormire, i ragazzi col buio chattano, vedono film, scambiano foto e messaggi. Risultato: un drastico calo delle ore di sonno, scarso rendimento e irritabilità. Ma si rischiano anche malattie cardiache e ipertensione. E la notte faccio “vamping” (Il Messaggero 08/10/2014) (Neologismi Ottobre 2014, “Osservatorio della Lingua Italiana”, treccani.it, sez. Magazine, 10/2014)

Inoltre è stato registrato nel Devoto-Oli (nell’edizione del 2022):

Vamping s.m. invar. ETIMO voce ingl. der. di (to) vamp ‘rinnovare, ravvivare’. DATA 2014. L’abitudine di alcuni adolescenti di trascorrere la notte scambiandosi messaggi sui social network.

Anche il Devoto-Oli 2022, così come l’Osservatorio della Lingua Italiana della Treccani, fa risalire l’origine della parola al 2014 (che è l’anno in cui esce l’articolo del “New York Times”). Il dizionario però riconduce erroneamente la voce al verbo (to) vamp ‘rinnovare’, omonimo di (to) vamp ‘vampireggiare’. A differenza di quanto è avvenuto nella lingua inglese, il termine vamping entra in italiano non attraverso il gergo giovanile per indicare una pratica in cui gli adolescenti si riconoscono (e, tramite l’hashtag, si incontrano), ma attraverso l’uso giornalistico per descrivere la patologia con un occhio, potremmo dire, “esterno” e critico. Nel luglio del 2014 esce un articolo sulla “Stampa” che riprende quello da poco uscito sul “New York Times”, descrivendo il fenomeno presso i giovani americani:

Su Twitter digitando l’hashtag #vamping compaiono i tweet di Morgan che chiede “chi è ancora sveglio?”, di Asia “sono la sola o c’è qualcun altro?”, di Reese “non mi addormento fino alle 6 del mattino e sono solo le 4” [...]. La madre di una ragazzina di 13 anni racconta al New York Times le difficoltà di sua figlia di smettere di chattare con le proprie amichette. [...] Il fascino del vamping può essere legato pure alla volontà di distinguersi e di sentirsi parte di un club esclusivo. Insomma, partecipare ad una sorta di cyber-comunità notturna che ha i suoi appuntamenti e luoghi di ritrovo riconoscendosi tramite hashtag. (Carlo Lavalle, L’ultima moda online tra gli adolescenti? Si chiama vamping, stampa.it [consultabile al sito corecom.marche.it], 22/7/2014)

Le prime occorrenze nelle pagine in italiano di Internet compaiono nell’ottobre del 2014:

Gli adolescenti, si sa, sono per adulti fonte di preoccupazione e ansia. Se negli anni ’70 i nostri nonni temevano che i figli fumassero qualche spinello, la nuova frontiera della dipendenza è costituita dal vamping. Per quanto il termine ossa ricordare i vampiri di Twilight o di film affini che tanto vanno di moda, non è una dipendenza dal film dell’orrore, o chissà quale macabra mania, per fortuna. Il vamping è il termine con cui si indica l’abitudine degli adolescenti di passare notti insonni al computer, chattando su Faceboook, divorando serie televisive, fino alle prime luci dell’alba, appunto come vampiri, con ovvi danni alla salute dei ragazzi, che si ritrovano stanchi, affaticati; nei casi più gravi si sono manifestati anche fenomeni di allucinazioni. (Rosa Rita Bellia, La lunga notte dei social: la nuova moda del “vamping” colpisce i giovani, catania.liveuniversity, 17/10/2014)

Conosciuto e ufficializzato, il fenomeno del vamping, dilagante fra gli adolescenti, richiama immediatamente la parola vampiro. (Elisa Elia, Vamping: la notte degli adolescenti è social, femaleworld.it, 19/10/2014)

Si chiama “vamping” ed è la (cattiva) abitudine di usare smartphone e tablet anche di notte. A discapito di cuore, occhi e psiche. [...] Si chiama vamping – dalla caratteristica dei vampiri di aggirarsi di notte – e, sebbene lo si attribuisca sempre ai giovani e agli adolescenti, coinvolge anche uomini e donne adulti finiti nel turbine del controllo ossessivo delle mail, dei messaggi e delle chat. ([s.f.], Attenti al vamping! Il cellulare di notte fa male anche al cuore, gvmpoint.it, 10/2014)

Nel novembre 2014 il termine compare in una serie di articoli di giornale. Oltre alla citazione del “Messaggero” riportata dall’Osservatorio della Lingua Italiana, lo troviamo sulla “Repubblica”:

Un’atività [sic] compulsiva che stimola fenomeni come il “vamping”, cioè svegliarsi di notte per controllare il telefono. Succede a 1 ragazzo su 5. (Cinzia Gubbini, Bambini e adolescenti, guardano al futuro, chiedono di più alla scuola e dicono basta al fast food, repubblica.it, 18/11/2014)

Anche Twitter attesta che la parola circola nella lingua italiana a partire da luglio del 2014, per poi subire un incremento d’uso a ottobre dello stesso anno. Molti sono i commenti che trattano il termine dal punto di vista scientifico e medico, pochi e rari quelli che lo immettono nel lessico comune, come per esempio:

Questa moda del #vamping e del non dormire per stare in rete mi fa prendere atto che se alle 21 crollo vuol dire che sono davvero vecchia (tweet di @ossadivetro del 13/10/2014)

Negli anni successivi crescono in maniera considerevole gli studi che trattano il fenomeno del vamping in psicologia: ormai il fenomeno viene considerato una vera e propria dipendenza patologica da Internet con forti ricadute sull’umore e sulla socialità degli adolescenti nella fase diurna, dovute all’alterazione dei cicli circadiani. Nel 2016 le associazioni Telefono Azzurro e Doxa Kids affrontano il fenomeno attraverso una ricerca approfondita tra i più giovani:

Relazionarsi con gli amici, esprimersi e comunicare, condividere opinioni, foto e video, sono importanti al punto che spesso i ragazzi sacrificano le ore di sonno per rimanere connessi nella penombra della stanza in piena notte: è il fenomeno del vamping. Il 21% si sveglia durante la notte per controllare i messaggi arrivati sul proprio smartphone, un fenomeno particolarmente diffuso tra i 14-15enni (il 26,4%). (Telefono Azzurro – Doxakids, Il tempo del web. Adolescenti e genitori online, azzurro.it, 2/2016)

L’attenzione per il vamping cresce: nel 2017 vengono pubblicati una serie di saggi sul sito “Osservatorio dell’Adolescenza”:

Generazione vampiri: bambini e adolescenti incollati alla tecnologia anche nelle ore notturne. [...] Socializzare sul Web anche nelle ore notturne è diventata ormai un’abitudine, una vera e propria moda tra i ragazzi, che li porta a rimanere svegli tutta la notte per inviare messaggi e tweet, chattare e postare commenti o foto. Il fenomeno si è diffuso con il nome di Vamping, per riprendere le attività dei vampiri che si aggirano solo nelle ore notturne. [...] L’alimentazione e il sonno ne vengono intaccati, così come l’umore, lo studio e il rendimento scolastico, le relazioni sociali. ([s.f.], Generazione vampiri: bambini e adolescenti incollati alla tecnologia anche nelle ore notturne, adolescenza.it, 15/5/2017)

Il problema del VAMPING ossia delle attività notturne dei ragazzi in rete è decisamente ancora troppo sottovalutato considerati i numeri e le conseguenze: stiamo parlando del 62% che rimane sveglio fino a tarda notte per chattare, parlare o giocare con gli amici e il fidanzato, a guardare video o serie in streaming, e un 15% che si sveglia sistematicamente, anche dopo essersi addormentato, per controllare le notifiche. ([s.f.], Nella rete della rete. Chi sono gli adolescenti iperconnessi e a cosa vanno incontro?, adolescenza.it, 21/10/2017)

Nel 2018, oltre a un approfondimento sul programma televisivo “Presa Diretta”, l’ISS (Istituto Superiore di Sanità) comincia ad occuparsi del fenomeno e questo è un evidente segnale che il vamping comincia ad essere preso seriamente in considerazione a causa delle forti ricadute psicologiche presso le nuove (e non solo) generazioni:

Il fenomeno vamping (traduzione dall’inglese “vampireggiare”) invece è associato alla inclinazione a restare connessi sui social network per l’intera notte, è un fenomeno che è nato originariamente nei Paesi anglosassoni e che si sta rapidamente diffondendo anche in Italia. Esattamente come i vampiri, i giovani aspettano le ore notturne per connettersi attraverso Internet ai social network e ai messanger per avviare comunicazioni virtuali con altri utenti della rete. Il vamping di fatto consiste nel partecipare intensamente durante tutta la notte ad una vita di comunità virtuale. Le conseguenze di questo fenomeno sono molteplici e vanno da una irritabilità e nervosismo alla scarsa attenzione nei task da compiere fino ad uno scarso rendimento nel lavoro e pertanto nel caso degli studenti ad una incapacità di svolgere correttamente i compiti in classe o a casa. (Daniele Giansanti, Dipendenza da smartphone: tra problematiche della comunicazione e disturbi psicologici, in Daniele Giansanti, Mauro Grigioni (a cura di), La salute in un palmo di mano: nuovi rischi da abuso di tecnologia, Roma, Istituto Superiore di Sanità, 2018, pp. 32-38, p. 35)

Nel corso del 2018 cresce ulteriormente l’attenzione per il fenomeno e a testimoniarlo è il numero crescente di occorrenze di vamping registrate per questo anno nelle pagine in italiano di Google:

 

In questo anno, infatti, la Società Italiana di Psicopatologia promuove un congresso nazionale in cui affronta il fenomeno e, conseguentemente, l’Associazione Culturale Pediatri comincia a pubblicare una serie di articoli sul proprio sito:

Like addiction, nomofobia (eccessiva paura di rimanere senza cellulare), vamping (moda degli adolescenti di trascorrere numerose ore notturne sui social media) e challenge o “sfide social”, le nuove patologie da iperconnessione che causano stati di tensione emotiva persistente. È l’allarme lanciato in occasione della quarta giornata del 22° Congresso Nazionale della Società Italiana di Psicopatologia, che chiude oggi al Centro Congressi Rome Cavalieri Waldorf Astoria, dedicato al “Progetto Promozione Salute Mentale 20.20. psicopatologia: connessione, culture, confitti”. ([s.f.], Adolescenti iperconnesi. Sopsi: “Fino al 13% a rischio dipendenza patologica”, acp.it, 19/3/2018)

Cedono alla tentazione del Vamping, il bisogno di guardare lo smartphone, magari per chattare durante le ore in cui dovrebbero dormire. Gli adulti non sono così distanti dai giovani, il 49% degli over 35 non sa stare senza cellulare, verifica se sono arrivate notifiche o messaggi almeno 43 volte al giorno. ([s.f.], Cyberdipendenze: detox e regole condivise in famiglia, acp.it, 2/1/2018)

Nel 2019, la parola viene più frequentemente impiegata nei quotidiani nazionali come “la Repubblica”, il “Corriere della Sera”, il “Fatto Quotidiano”, il quale, in un articolo, recensisce il libro che Paolo Del Debbio dedica alle forme di dipendenza patologica dai dispositivi digitali e da Internet:

Se poi gli si chiede in quanti riuscirebbe a stare senza smartphone per una giornata, il 26,96% dice di no. “I ragazzi usano il cellulare di notte soprattutto per parlare con altri coetanei. Questo fenomeno si chiama vamping, e ha anche ripercussioni sul rendimento durante la giornata. Se si dorme poco si è meno attenti, meno reattivi. Chattano di notte, molto spesso, perché durante il giorno sono impegnati in altre attività. Questo ci deve far domandare dove sono i genitori. Gli adulti investono più sul futuro che sul presente dei ragazzi”, osserva Lavenia. (Valeria Pini, Smartphone e tablet peggiorano i rapporti in famiglia, repubblica.it, sez. Salute, 23/11/2019)

[...] Manca la consapevolezza e la conoscenza delle varie patologie». Si va dal vamping, che colpisce chi rimane sul web fino all’alba, alla nomofobia, la sindrome da disconnessione, fino all’Hikkikomori, l’isolamento sociale.  (Michela Offredi, Dipendenze tecnologiche in crescita: prevenire e curare, “Corriere della Sera”, sez. Cronache, 24/5/2019, p. 6)

Per esempio, un’ansia sempre più diffusa e chiamata Fomo (Fear of Missing Out): “La paura di essere tagliati fuori” e la conseguente esigenza di essere sempre connessi, a tutto, riducendo progressivamente le attività che non riguardano il controllo ossessivo di notifiche e messaggi. Oppure, la nomofobia, dove “nomo” è l’abbreviazione di no-mobile, cioè l’angoscia di stare senza smartphone. Ancora: il vamping, termine che descrive il controllo notturno dei messaggi fatto da molti ragazzi, come fossero vampiri “che attendono la notte”. Il sonno infatti non sembra essere immune da chi accusa sintomi da IAD: Del Debbio cita l’ultimo rapporto Agi-Censis, secondo il quale “la gran parte dei malati del web è in rete anche prima di dormire (77,7%) e subito dopo la sveglia (63%). Il 61,7% utilizza cellulare e tablet anche a letto (tra i più giovani si sfiora l’80%) e il 34% a tavola”. (Elisa Cornegliani, Cosa rischiano i nostri figli: il libro di Del Debbio racconta una generazione drogata di connessione, ilfattoquotidiano.it, 19/11/2019)

Sempre nel 2019 vengono editi diversi libri che si dedicano alle dipendenze da web e che quindi presentano la parola vamping:

Si chiama vamping ed è appunto la sindrome che trasforma bambini e ragazzi in piccoli vampiri del web, sempre svegli e pronti a controllare l’ultima notizia o a chattare a orari improbabili. Secondo la già citata ricerca “Il tempo del web. Adolescenti e Doxa Kids, un ragazzo su cinque (per l’esattezza il 21 per cento) è afflitto da vamping. Il fenomeno ha evidenti e gravi ripercussioni non solo sulle capacità di attenzione dei bambini, ma anche sul benessere psicofisico generale. (Christian Stocchi, Il lupo furbo e il cavallino bullo, Milano, Rizzoli, 2019)

Il termine Vamping indica la frequenza della navigazione in rete durante le ore notturne: senza il controllo dei genitori, gli adolescenti restano svegli buona parte della notte per inviare SMS e tweet, chattare su WhatsApp, postare commenti su Facebook o foto su Instagram: gli strumenti a disposizione sono numerosi e sempre più perfezionati. [...] il Vamping si arricchisce spesso di nuovo materiale in cui perdersi o di cui parlare, intrattenendosi in chat erotiche per buona parte della notte. (Gianpiero Camiciotti, Alessandra Modugno, Adolescenti senza limiti. Genitori & scuola nell’era digitale, Milano, Edizioni Ares, 2019)

Ma è solo negli ultimi due anni, segnati dalla pandemia e, dunque, da uno stile di vita più isolato, più digitale, più sedentario e quindi anche meno stancante fisicamente (motivo per cui spesso i ragazzi accusano mancanza di sonno), che la parola vamping ha cominciato a subire una crescita d’impiego a causa della maggiore attenzione prestata alla patologia. Come abbiamo visto, nella lingua italiana il termine non appartiene al gergo giovanile, come avviene in inglese, ma pertiene più strettamente alle scienze mediche e soprattutto a quelle che riguardano la psiche:

Il “vamping” è una dipendenza che colpisce principalmente ragazzi e adolescenti che passano la notte, o parte di essa, incollati allo schermo di un pc o di uno smartphone. Questo eccesso di connessione con la rete, causa l’inversione del ritmo sonno-veglia, fenomeno che la pandemia ha fatto emergere in modo preoccupante, aggravato anche dall’isolamento dei giovani e dalla didattica a distanza durante il lockdown. (Endrius Salvalaggio, Giovani e sonno. Indagine Fondazione Ars Medica: un bambino su tre sveglio di notte, quotidianosanita.it, 18/10/2021)

Nel 2021, studiando gli effetti della didattica a distanza e del distanziamento sociale, sono state condotte molte ricerche per capire il vamping, sia come fenomeno che affligge principalmente i giovani, sia come patologia che sta interessando un numero sempre maggiore di adulti. Ultimamente l’Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Venezia (OMCeO), assieme alla Fondazione Ars Medica, ha tenuto un convegno dal titolo “Svegli la notte. Il vamping nel salto socio-tecnologico post Covid” in cui la professoressa Maria Serena di Conegliano ha presentato i risultati di una ricerca condotta presso gli studenti del liceo in cui insegna. Attraverso la sua sintesi possiamo arrivare a definire più precisamente la semantica della parola in questione: il vamping consiste nel rimanere svegli la maggior parte della notte a causa della mancanza di sonno e/o della mancanza di stanchezza fisica e/o della solitudine (prevalentemente dovute alla pandemia), rimanendo collegati attraverso un dispositivo elettronico, principalmente il proprio smartphone. La maggior parte di coloro che sono affetti da vamping naviga sui social network, vede film o serie tv, chatta (e più raramente parla con qualcuno chiamandolo), usa videogiochi, anche online. Il vamping sta diventano sempre più grave ossia sempre più persone ne sono affette e sempre più ore notturne vengono sottratte al sonno, con conseguenti ricadute sugli stati nervosi e fisici.

Concludendo, possiamo dire che vamping è una parola che nasce nel gergo giovanile inglese e che arriva nella lingua italiana attraverso un articolo di giornale uscito sul “New York Times” nel 2014 che tratta il fenomeno da un punto di vista esterno e critico. In inglese il termine continua a circolare prevalentemente presso i giovani, mentre nella lingua italiana si sta integrando sempre di più nel lessico, forse a causa di una maggiore diffusione della patologia che descrive e della conseguente attenzione prestata dalle scienze mediche e psicologiche. Questo caso particolare ci fa riflettere sulla tendenza che ha l’italiano contemporaneo ad appropriarsi di tutto ciò che “sa” di inglese, senza neanche curarsi dell’effettiva circolazione dell’anglicismo in Inghilterra o in America. La diffusione della parola ci attesta che solo ora, forse, ci stiamo rendendo conto come l’attitudine a “vampireggiare” non sia solo una moda ma stia rivoluzionando la nostra società e gli equilibri su cui è fondata, trasformando le persone in “vampiri notturni” e “zombie diurni”.

Cita come:
Miriam Di Carlo, Vamping, “Italiano digitale”, XIX, 2021/4 (ottobre-dicembre), pp. .

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