Consulenze linguistiche

Un quesito di poco momento?

  • Manuela Manfredini
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2023.27901

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Copyright: © 2023 Accademia della Crusca


Quesito:

Due lettrici chiedono chiarimenti sull’espressione non di poco momento/di non poco momento.

Un quesito di poco momento?

L’espressione di poco momento significa ‘di poca importanza, di scarsa efficacia o rilevanza’.
In latino momentum, che deriva dalla radice del verbo movēre ‘muovere’, indica “movimento, impulso; piccolo peso che determina il movimento e l’inclinazione della bilancia” (Vocabolario Treccani online). Da questo significato principale sono derivati, già in latino, i significati estensivi e figurati di ‘porzione di tempo, istante’ e di ‘influsso, peso, importanza, efficacia, rilievo’ (res magni momenti ‘cosa di grande importanza’, res parvi momenti ‘cosa di poca importanza’).

In italiano, l’espressione di poco momento rende il genitivo di stima latino. Se usata in forma negativa, di non poco momento o anche non di poco momento, indica, per contrasto, che la cosa considerata possiede rilevanza e importanza. Queste espressioni possono accompagnare cose, persone, concetti. Riferite a cose ne determinano proprietà quali il valore, il pregio, la qualità, le dimensioni, l’entità, la gravità; riferite a persone, implicano una valutazione della loro importanza, autorità, autorevolezza, prestigio, fama, risonanza, influenza; riferite a eventi o a concetti ne determinano l’importanza, la rilevanza, il pregio, l’intensità, la decisività.

Dalla consultazione della Biblioteca della Letteratura Italiana Zanichelli (BIZ) e del Grande Dizionario della Lingua Italiana (GDLI), si ricava che una delle prime attestazioni di di poco momento risale alla seconda metà del Quattrocento, in Lorenzo de’ Medici, Proemio al Comento de’ miei sonetti (1484): “le continue preoccupazioni e pubbliche e private […] mi dovevano ritrarre da simili pensieri, secondo alcuni non solamente frivoli e di poco momento, ma ancora perniciosi e di qualche pregiudicio”. Nel Cinquecento l’uso si consolida, specie in prosa, con Baldassarre Castiglione: “Ma tutte queste cose sarian vane e di poco momento” (Il libro del Cortegiano, 1528), Niccolò Machiavelli (Istorie fiorentine, 1532) e Francesco Guicciardini: “erano state occupate alcune terre di poco momento” (Storia d’Italia, 1561); mentre in poesia è meno frequente e si trova in Annibal Caro e in Ariosto: “Poi le fece veder […] ch’eran l’altre transitorie e flusse / speranze umane, e di poco momento [Poi le mostrò che le altre speranze umane erano fugaci, passeggere e di poca importanza]” (Orlando furioso, 1532). Sempre al Cinquecento risalgono le prime attestazioni dell’espressione al negativo, come si legge in Giordano Bruno: “Cose di non poco momento, o Sofia” (Spaccio della bestia trionfante, 1584).

Momento però non si accompagna solo a poco ma entra con vari aggettivi in molte altre collocazioni che esprimono una valutazione: ecco allora di grande/di gran momento, di piccolo/di picciolo momento, di più momento, di molto momento, di assai momento, di tanto momento, di maggiore/di minore momento, ma anche, semplicemente, di momento ‘di rilievo, di importanza’, tutte attestate tra Cinquecento e Ottocento, soprattutto in prosa, come in Niccolò Machiavelli: “È stato qualche volta di grande momento […] seminare voci che pronuncino il capitano de’ nimici essere morto” (Dell’arte della guerra, 1521); Francesco Guicciardini: “gli animi degli amici di più momento” (Storia d’Italia, 1561); Giacomo Leopardi: “ma in cosa di tanto momento io non poteva tacere” (Operette morali, ed. 1845); anche precedute da negazione: Matteo Bandello: “per alcuni affari di non picciolo momento” (Novelle, 1554); Giacomo Leopardi: “parte, se io non mi inganno, non piccola e non di poco momento” (Zibaldone, 18 sett. 1827).

Nel Novecento, il ventaglio di collocazioni si restringe drasticamente alla sola di poco momento (anche con l’avverbio non), che rimane viva in contesti di linguaggio formale e colto, compreso il linguaggio del giornalismo politico e dei discorsi parlamentari, come mostrano le occorrenze, rinvenute tra anni Sessanta e Ottanta, nei discorsi di Aldo Moro, Giorgio Almirante, Giulio Andreotti, Giorgio La Malfa. Della attuale marginalità dell’espressione nell’uso comune dell’italiano è, inoltre, testimone il fatto che il sostantivo momento, nei dizionari monovolume più diffusi (Zingarelli, Devoto-Oli, Sabatini-Coletti), registra l’accezione di ‘gravità, importanza’ o di ‘effetto’ come d’ambito letterario.

Dunque, per venire alla domanda posta dalle lettrici, è certamente corretto dire che qualcosa, qualcuno è di non poco momento o non di poco momento (nel primo caso, il non modifica in senso negativo l’aggettivo, mentre nel secondo modifica l’intero sintagma) per intendere ‘di non poca rilevanza, non di poca importanza’, purché si tenga presente che, oggi, questa espressione appartiene non tanto all’uso comune dell’italiano – fatti salvi i sempre possibili usi ironici o scherzosi – quanto ai discorsi e alle situazioni di tono più formale.

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