Consulenze linguistiche

In Italia si sale a Milano e si scende a Napoli

  • Miriam Di Carlo
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2023.27948

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Copyright: © 2023 Accademia della Crusca


Quesito:

Molti lettori ci chiedono se siano corretti i verbi salire e scendere usati per indicare uno spostamento da una città a un’altra.

In Italia si sale a Milano e si scende a Napoli

In questo articolo si cercherà di rispondere a quanti ci chiedono se sia corretto usare i verbi salire e scendere per descrivere uno spostamento che avviene da sud a nord (e viceversa), ossia, ad esempio, se sia corretto dire salire a Milano considerando come punto di partenza un posto situato più a sud della città.

Per rispondere a questa domanda è necessario spiegare brevemente alcuni concetti legati a quella che in linguistica viene chiamata deissi ossia il modo in cui si riflette nella lingua, attraverso strutture linguistiche, la percezione che ha l’uomo del contesto extralinguistico (dal greco δεῖξις ‘dimostrazione’, da δείκνυμι ‘mostrare’, cfr. Levinson 1983, p. 54). Nel nostro caso particolare si parla di deissi spaziale e le strutture linguistiche che descrivono lo spazio, cioè il contesto extralinguistico in cui avviene l’atto comunicativo, sono i verbi salire e scendere. Questi due verbi, come vedremo, rivelano quale sia la proiezione mentale dello spazio reale e concreto in cui si agisce. Vale la pena introdurre inoltre un altro concetto linguistico fondamentale negli studi sulla deissi e cioè quello di origo ossia di ‘origine’ (Bühler 1983). Con origo si intende il centro deittico cioè il punto di riferimento con cui ciascun parlante descrive il contesto extralinguistico. Visto che la comunicazione è di per sé egocentrica, nella maggior parte dei casi l’origo (anche detto zero point, cfr. Lyons 1980) coincide con il parlante. Ma può anche non essere così: infatti se l’origo è diversa rispetto al parlante si parla di oggetto pivot ossia un oggetto che viene usato come punto di riferimento condiviso per descrivere lo spazio circostante. Ad esempio, in “vicino all’armadio c’è un comodino su cui sta il libro”, l’oggetto pivot è l’armadio che viene usato come punto di riferimento condiviso da coloro che partecipano all’atto comunicativo.

Dopo aver precisato questi concetti passiamo a rispondere ai nostri lettori che ci interrogano circa la correttezza d’uso di questi verbi (si tratta dei verbi nel loro uso intransitivo; per gli usi transitivi si legga la risposta di Matilde Paoli). Anzitutto i significati a cui fanno riferimento i quesiti vanno distinti da quelli che assumono questi verbi per descrivere uno spostamento verso (nel caso di salire) o da (nel caso di scendere) una località posta a un’altitudine maggiore rispetto a un’altra. Quest’uso, infatti, è registrato fin dal Tommaseo-Bellini che, citando la Bibbia, riporta a proposito di scendere:

Di chi viene da paese più alto. T. Nel Vang. Scendere a Gerico (da Gerusalemme ch’era in altura). Lo pregava che scendesse e sanasse il suo figliuolo.

E sempre quest’uso, seppur non presente nelle edizioni del Vocabolario degli Accademici della Crusca, è simile a quello che ne fa Dante nella Commedia per indicare lo spostamento verso l’Inferno (collocato sotto la superficie terrestre) e quello verso l’Empireo (il cielo più alto fra tutti quelli che compongono il Paradiso, collocato quindi ad un’altitudine maggiore) o anche per indicare il moto verso o da un colle o una qualsiasi altura. Nel quesito proposto dai nostri lettori, invece, i verbi salire e scendere indicano uno spostamento che non avviene seguendo l’altitudine, ossia la direttrice alto-basso, ma la latitudine cioè quella nord-sud. Inoltre va specificato che quest’ultima accezione è differente anche rispetto a quella che questi verbi assumono quando descrivono lo spostamento di entrata e uscita da un mezzo di trasporto (la barca, la bicicletta ma soprattutto il treno, la metro, il tram) del tipo sono sceso/salito a Milano (ossia ‘sono sceso/salito dal/sul treno alla stazione di Milano centrale’). Invece, come dicevamo, le accezioni che vogliamo trattare si basano su uno spostamento che avviene nel senso della latitudine, quindi da nord a sud o viceversa; esse non sono segnalate esplicitamente né dal GDLI né dal Sabatini-Coletti mentre sono state inserite nel GRADIT (ediz. del 2007 sotto la quarta accezione di salire e scendere) e nel Devoto-Oli 2023 (seconda accezione di salire e settima di scendere):

salire [...] 4. v.intr. (essere) spostarsi in un luogo posto più a Nord: da Lecce sono salito a Milano

scendere [..] 4. v.intr. (essere) estens., spostarsi in un luogo posto più a sud: i normanni scesero in Italia

salire. [...] 2. Spostarsi verso un luogo più settentrionale (+ a, in, anche + da): Esempi salire da Salerno a Torino, salire in Francia.

scendere [...] 7. Recarsi in un posto situato più a sud (+ a, in, anche + da): Esempi scendere in Calabria, da Roma a Palermo. Di eserciti o popolazioni, spostarsi in massa verso sud, calare. Esempi i barbari scesero in Italia.

A livello semantico, ossia del significato, possiamo dunque dire che i verbi salire e scendere usati con le accezioni a cui ci riferiamo, sono ormai entrati nell’uso comune tanto da essere stati registrati dai dizionari contemporanei.

A un livello linguistico differente, ossia tecnicamente pragmatico, i significati dello spostamento lungo la latitudine (nord-sud) rivelano il meccanismo di riproduzione mentale di uno spazio nel cervello umano. Ci spieghiamo meglio: nella comunicazione verbale, l’uomo descrive lo spazio tridimensionale, ossia quello reale, dopo averlo riprodotto virtualmente nella propria mente (spazio odologico, cfr. Mazzoleni 1985). Questa riproduzione è soggetta a scomposizione secondo i piani in cui si divide il corpo umano e si riflette nel linguaggio attraverso alcune strutture linguistiche come ad esempio su-giù, avanti-dietro (le cosiddette preposizioni avverbiali o modificatori avverbiali: Rizzi 1988, p. 508; Vicario 1999, p. 15). I significati che i nostri lettori ci hanno segnalato rivelano che la riproduzione mentale dello spazio reale, soprattutto per le grandi distanze, riflette quella che l’istruzione, attraverso la geografia e soprattutto le riproduzioni cartografiche, ci ha trasmesso; in altre parole nella mente del parlante, quando si parla di uno spostamento tra due città, di solito si riflette la riproduzione cartografica che localizza i due punti. Aggiungiamo inoltre che nel descrivere linguisticamente uno spostamento tra due città, intervengono anche fattori culturali legati al prestigio economico, sociale e linguistico di una località rispetto ad un’altra (infatti per alcuni centri della Tuscia viterbese, ad esempio, Roma si trova su, in alto, mentre cartograficamente è posta a sud, cioè giù). Nel nostro caso i significati di salire e scendere che stiamo trattando nascono soprattutto da una “coscienza” cartografica, basata sulla diversa latitudine, dei punti salienti nello spazio come città, paesi, località. Pensando alla storia delle esplorazioni nel XVI secolo, questa conoscenza cartografica sarà stata più comune presso coloro che avevano accesso alle mappe e alle carte: persone acculturate ma anche navigatori ed esploratori (Cinque 2011). Si sarà consolidata con la diffusione delle raffigurazioni cartografiche dell’orbe e con l’attribuzione del concetto di ‘su’, ‘sopra’ al nord e ‘giù’, ‘sotto’ al sud (si legga la risposta di Claudio Iacobini a proposito di salire su e scendere giù). Non entrando nel merito di questioni geografiche, a livello comunicativo avviene proprio questo: la condivisione di conoscenze diffuse presso la maggior parte della popolazione (la conoscenza cartografica e l’attribuzione del concetto di ‘su, sopra’ al nord e di ‘giù, sotto’ al sud) crea la base necessaria affinché questi significati di salire e scendere risultino trasparenti e condivisibili per la maggior parte dei parlanti.

Passiamo ora al concetto di origo cioè del punto di riferimento dello spazio riprodotto: perché si dice comunemente salire a Milano e non scendere a Milano? Perché si dice più comunemente scendere a Palermo e non salire a Palermo? Dipende tutto dall’origo ossia dal punto in cui avviene la comunicazione. Se ci si trova in un punto situato più a sud di Milano è normale dire salire a Milano e questa situazione è più probabile di quella contraria visto che Milano, nella penisola italiana, è situata a nord. Lo stesso vale per Palermo che si trova a sud: la maggior parte della popolazione italiana vive a nord di Palermo. Negli esempi riproposti dai nostri lettori, il punto di riferimento è il parlante mentre il sistema di riferimento, è l’Italia. Un italiano che abita in Svizzera o in Austria o in Germania non potrebbe dire salgo a Milano, semmai scendo a Milano. Dipende tutto dal sistema di riferimento e dal punto di riferimento che di solito è il parlante. Ma potrebbe anche non esserlo.

Pensiamo a questo esempio: mi trovo in Svizzera per lavoro e sto parlando al telefono con mia madre, che si trova a Bologna, per aiutarla con le indicazioni stradali per raggiungermi in macchina. Pur essendo io il parlante e pur trovandomi io a nord rispetto a Milano, dirò a mia madre che deve salire a Milano e non viceversa. In questo caso l’origo, cioè il punto di riferimento è dislocato sulla persona di mia madre che diventa l’oggetto pivot.

Concludendo, i verbi salire e scendere usati per indicare uno spostamento che avviene lungo la direttrice della latitudine (nord-sud) non sono sbagliati ma anzi rivelano la riproduzione cartografica che avviene nella mente dei parlanti prima che si concretizzi la comunicazione verbale. Questa coscienza geografica condivisa nasce in tempi relativamente recenti e cioè con la diffusione dell’istruzione presso la maggior parte della popolazione; grazie ad essa, una comunicazione che descrive la riproduzione dello spazio mentale, è possibile e soprattutto efficace: perché non usarla?


Nota bibliografica:

  • Bühler 1983: Karl Bühler, Teoria del linguaggio, Roma, Armando, 1983 (edizione originale: Die Darstellungsfunktionder Sprache, Jena, Fischer, 1934).
  • Cinque 2011: Guglielmo Cinque, Le costruzioni verbo-locative in area romanza. Dallo spazio all’aspetto, Berlino, Walter de Gruyter, 2011.
  • Levinson 1983: Stephen C. Levinson, Pragmatics, Cambridge, Cambridge University Press, 1983.
  • Lyons 1980: John Lyons, Manuale di semantica, 1 vol., Roma-Bari, Laterza, 1980 (edizione originale: Semantics, 2 voll., Cambridge, Cambridge University Press, 1977).
  • Mazzoleni 1985: Marco Mazzoleni, Locativi deittici, Deixis am Phantasma, sistemi di orientamento, “Lingua e Stile”, XX/2(1985), pp. 173-200.
  • Rizzi 1988: Luigi Rizzi, Il sintagma preposizionale, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di Lorenzo Renzi, Giampaolo Salvi e Anna Cardinaletti, vol. II, I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione, Bologna, Il Mulino, 1988, pp. 507-534.
  • Vicario 1999: Federico Vicario, I modificatori del verbo. L’avverbio di luogo, Udine, Forum, 1999 [Quaderni della grammatica friulana di riferimento, vol. II].

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