Consulenze linguistiche

Chi può essere emerito?

  • Chiara Murru
SOTTOPOSTO A PEER REVIEW

DOI 10.35948/2532-9006/2022.17707

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Copyright: © 2022 Accademia della Crusca


Quesito:

Alcuni lettori chiedono chiarimenti sull’uso dell’aggettivo emerito: è ormai entrato nel linguaggio comune l’impiego dell’aggettivo emerito per designare chi non ricopre più una determinata carica, è corretto? Non va riferito esclusivamente ai professori universitari che, cessato l’insegnamento, ricevono questo titolo dal Senato accademico? Non è improprio l’impiego di tale qualifica per personalità come il Papa (dimesso) o l’ex Re di Spagna? Quali sono i significati e i contesti della parola emerito?

Chi può essere emerito?

L’aggettivo emerito è una voce dotta, dal latino emĕritus, -a, -um, participio passato di emerēre, che ha il significato di ‘finire’ (ex) di ‘servire nell’esercito’ (merēre) (DELI s.v. emerito). Nell’antica Roma, la parola indicava il soldato (emeritus miles) che aveva compiuto il servizio militare e ricevuto il congedo e i relativi premi (s.v. emerito, Vocabolario Treccani online). In italiano antico, nel Due e Trecento, l’aggettivo emerito è scarsamente attestato nella lingua italiana (solo in volgarizzamenti di Valerio Massimo e chiose allo stesso testo, in due occorrenze su tre nella locuzione nominale militi emeriti) ed esclusivamente col significato di ‘che si è distinto per il proprio valore durante il servizio’, detto di un soldato romano (s.v. emerito, TLIO). Nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, l’aggettivo è presente solo nella quinta edizione, coi significati di “titolo che nel linguaggio della milizia romana si dava a quel soldato che aveva compiuto tutto il tempo del servizio militare” e di “titolo che oggi si dà ad un professore di Università o a un socio di un’Accademia, e talora anche a qualche alto magistrato, il quale, avendo compiuto il suo tempo, rimane ascritto tuttavia a quel collegio o a quella magistratura per sola cagione d’onore”. Nel Tommaseo-Bellini, la parola è registrata nelle due accezioni di “licenziato con intera paga per lungo servigio prestato” e “dicesi di socio d'accademia o altro corpo sim., che più non prende parte ai doveri, ma tuttavia le appartiene”.

Emerito ha oggi il significato di ‘che non esercita più un ufficio pur conservandone il titolo’ e, ancora, di ‘illustre, insigne’ (accezione che però, come vedremo, sopravvive esclusivamente con funzione antifrastica). Probabilmente la diffusione di questo significato nella lingua comune è dovuta all’accostamento con l’aggettivo benemerito, che deriva dal latino benemerĭtus (participio passato di bene mereri ‘ben meritare’) e ha il significato di “che, chi si è acquistato merito con opere buone o di pubblica utilità: cittadini benemeriti della nazione; un benemerito della cultura; l’arma benemerita, l’arma dei carabinieri” (s.v. benemerito, Devoto-Oli 2021).

Emerito, invece, è riferito esclusivamente ad alcune cariche e professioni e, in particolare, alla carica di docente: professore emerito, titolo conferito dal ministro (su proposta dell’Ateneo) ai professori universitari di ruolo all’atto del collocamento a riposo. Di questa accezione troviamo numerosi esempi anche nella lingua letteraria (per cui v. GDLI s.v. emerito): lo utilizzano ad esempio Foscolo (“Egli fu d’indi in qua, ed è tuttavia, contemplato tra i professori emeriti, anzi con tutti gli altri, ai quali furono allora abolite le cattedre, gode dell’annua pensione di lire mille”) e Carducci (“Fu nella Facoltà di lettere di Bologna chi lo propose a dottore collegiato emerito: io sostenni la proposta, e l’onorevole Minghetti riuscì eletto a voti unanimi collega nostro d’onore”).

Sono poi detti emeriti anche “gli ecclesiastici usciti di carica con onore” (s.v. emerito, Vocabolario Treccani online), come ad esempio il vescovo emerito.

Se la qualifica di emerito può essere riferita a un nucleo definito di professioni o di cariche, come professore, consigliere e vescovo, un caso particolare – di grande diffusione nell’ultimo decennio – è quello rappresentato dal titolo di papa emerito, assunto da Benedetto XVI al momento della sua rinuncia all'ufficio di pontefice, il 28 febbraio 2013. L’espressione Papa emerito (o Romano Pontefice emerito) è registrata dal Devoto-Oli 2021 come “titolo conferito a un papa in seguito all’eventuale sua rinuncia al pontificato (istituito nel 2013 in occasione della rinuncia al papato da parte di Benedetto XVI)”. La scelta di Benedetto XVI di attribuirsi questo titolo non è stata accolta pacificamente e il dibattito sul tema, in ambito teologico e canonico, si è dimostrato vivace fin dai primi giorni dopo l’annuncio della rinuncia. È ormai univoca l’identificazione di Benedetto XVI con questa carica; è sufficiente impostare una ricerca su Google per vedere sin dai primi risultati che non esiste alcuna incertezza nell’attribuzione della locuzione papa emerito, ma sono ancora numerose le pubblicazioni (su blog, riviste e libri) che si interrogano sulla legittimità del titolo. Il problema sorge dal fatto che, come si è visto, si tratta di un ruolo assolutamente inedito fino al 2013, dato che la figura di “papa emerito” è estranea a tutta la tradizione precedente all’addio al pontificato da parte di Joseph Ratzinger.

Una riflessione simile è nata qualche anno fa dall’attribuzione del titolo di re emerito a Juan Carlos, re di Spagna dal 1975 al 2014, anno della sua abdicazione: benché nella Costituzione spagnola non esista il titolo di “re emerito”, è stata più volte sottolineata – e recentemente ribadita dal Primo Ministro Pedro Sánchez, in seguito a eventi che hanno portato nuovamente il Rey Emérito al centro dell’interesse dei giornali – la legittimità dell’assunzione del titolo “re emerito” da parte di Juan Carlos e di “regina emerita” da parte della regina Sofia.

Per quanto riguarda invece l’accezione di ‘egregio, insigne, ragguardevole’, si tratta, stando al GDLI, di un significato attestato a partire dall’Ottocento; in tutte le occorrenze registrate risulta adoperato in senso ironico: “emerito baro” (Guerrazzi), “briganti emeriti” (Nievo), “ladri emeriti” (Nievo), “fornitore emerito di Libane e di Marie Luise ai ginnasi cittadini” (Gadda).

Questa accezione dell’aggettivo è senz’altro oggi molto diffusa, come risulta evidente facendo una ricerca negli archivi digitali dei principali quotidiani.

Vediamo ad esempio nell’archivio della “Stampa”: digitando nella barra di ricerca “emerito” e ordinando i risultati per rilevanza otteniamo titoli come “Ferraris professore emerito”, “Gabrielli professore emerito”, “Vescovo emerito”, “presidente emerito” e un’occorrenza di “primario ospedaliero emerito”, ma anche vari casi di “emerito truffatore” ed “emerito imbroglione”. Una conferma viene anche dalla consultazione dell’archivio del “Corriere della Sera”, che ci restituisce numerosi risultati come “emerito truffatore” (l’espressione senza dubbio più frequente), “emerito imbroglione”, “emerito gabbamondo”.

Anche la ricerca condotta sull’archivio della “Repubblica” riporta risultati come “docente emerito”, “presidente emerito”, “professore emerito”, “arcivescovo emerito”, “giudice emerito”, ma anche “emerita idiozia”, “emerita sciocchezza”, “emerita pagliacciata”, “zozzoni emeriti”. Gli stessi risultati si ottengono con una ricerca libera su Google libri.

In conclusione, l’aggettivo emerito è oggi diffuso col suo significato di ‘che non esercita più un ufficio pur conservandone il titolo’ per professori, presidenti, vescovi, arcivescovi (e all’occorrenza papi, re e regine), ma anche – e soprattutto, nel lessico comune – in senso ironico in riferimento a qualifiche assai meno lusinghiere: possiamo tutti essere emeriti, ma forse non sempre è auspicabile diventarlo!

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